KTM 1190 Adventure

KTM 1190 Adventure

Redazione - @InMoto_it

01.03.2013 ( Aggiornata il 01.03.2013 15:34 )

Dall’entusiasmo nascono moto affascinanti e quella appena nata, dietro al solito carattere aggressivo, nasconde un lato più pacato e affabile. Merito, come sempre, dell’elettronica     Il detto “chi osa vince” ben rispecchia l’atteggiamento della Casa arancione in questi ultimi anni. Alla faccia della crisi, KTM sta investendo e portando a casa grandi risultati, il tutto grazie alla capacità del managing di guardare avanti, accettando sfide che qualche tempo fa parevano impossibili per un produttore di moto fuoristrada, e forte anche delle energie del gruppo indiano Bajaj che è socio di maggioranza di KTM. Numero di modelli e volume di produzione sono molto aumentati e gli investimenti nello sviluppo degli ultimi anni hanno toccato i 100 milioni di Euro. Quello della 1190 Adventure è il progetto più grande mai intrapreso da KTM, partito tre anni addietro coinvolgendo praticamente tutto lo staff aziendale. Questo può dare una misura di quanto la Casa austriaca creda e scommetta su questo modello, e parlando con lo staff, la sensazione trasmessa da tutti gli uomini in arancione è proprio quella di grande entusiasmo e convinzione in questa moto e nel futuro. Nel “succo” delle moto arancioni qualcosa sta comunque cambiando e se da una parte il gusto racing resta molto marcato, dall’altro si assapora bene l’intenzione di portare lo spirito KTM verso una fascia più ampia di pubblico. Aspetto più pacato, grande utilizzo dell’elettronica, che su questo modello fa veramente la differenza, e prestazioni sempre ai massimi livelli caratterizzano questa moto, che oltre ad essere uno strumento di grande divertimento, vuole essere anche una perfetta moto da turismo adatta non solo ai più esperti. Anche il prezzo è un punto forte, visto che per la versione standard, completa di tutta l’elettronica, servono € 14.870, mentre è disponibile, solo su ordinazione e in numero limitato, una più economica versione priva di EDS e TPMS (sospensioni a controllo elettronico e controllo pressione pneumatici) a € 13.990. La più specialistica R, che sarà presentata più avanti, costerà invece € 14.970. Il DNA totalmente racing di KTM non poteva che assicurare alla nuova Adventure il primato in termini di peso/potenza, visto che vengono dichiarati 230 kg con il pieno carburante (23 litri) e una potenza di 150 CV con 125 Nm di coppia. Il bicilindrico si basa sul propulsore della RC8 R, che equipaggia la superbike della Casa austriaca, ma è stato rivisto nella maggior parte dei componenti per adattarne il carattere alle esigenze di una crossover. Per migliorare trattabilità e consumi si sono adottate 2 candele per cilindro, controllate una per una in modo autonomo dalla centralina, ma è soprattutto il comando del gas di tipo ride-by-wire ad addolcire parecchio il propulsore. Una nuova frizione con sistema antisaltellamento e i rapporti del cambio totalmente cambiati, con le prime due marce debitamente accorciate, lavorano insieme alla trasmissione finale a catena X-Ring. Questa soluzione è stata fortemente voluta dai tecnici austriaci per assecondare il lato sportivo della Adventure e per evitare danneggiamenti nella guida al limite. Con 62 kg di peso, questo motore è un vero peso piuma sulla bilancia e vanta anche dimensioni molto ridotte. Oltretutto consuma anche il 20% in meno rispetto alla vecchia Adventure, con intervalli di manutenzione portati a 15.000 km Un classico telaio a traliccio in tubi (9,8 kg di peso) fa da scheletro alla ciclistica, la quale vede il marchio WP sul monoammortizzatore e forcella. Quest’ultima è una USD da 48 mm Ø e come quella di una fuoristrada specialistica monta i paraoli SKF ad alta scorrevolezza. Entrambi ultraregolabili (manualmente o elettronicamente nella versione con l’EDS) mono e forcella hanno una taratura pensata per l’ottimale utilizzo su strada e assicurano entrambi 190 mm di escursione. Altro elemento originale è il vistoso forcellone in alluminio con un’originale struttura a reticolo totalmente a vista. Parlando di ruote, sulla Adventure troviamo delle tubeless a raggi, totalmente sviluppate dalla Casa, con misura di 19” all’anteriore e 17” al posteriore, che ospitano penumatici Continental Trail Attack2 (omologate fino a 250 km/h) dalle inedite misure di 120/70-ZR19” e 170/60 ZR17”. Alla voce freni troviamo il monopolio di Brembo, con un doppio disco anteriore da 320 mm Ø e pinze radiali a 4 pistoncini e pompa radiale, mentre la robusta unità posteriore adotta un singolo disco di 268 mm Ø morso da una pinza a 4 pistoncini, con buone doti di resistenza anche a pieno carico. DA FERMO Nell’aspetto l’Adventure cambia tanto, e se da un lato perde quella grinta unica di moto della Dakar, dall’altro acquisisce forme più standard e capaci di appagare i gusti di un pubblico di ogni estrazione. Ciò che resta invariata è la grande qualità dei componenti, che lasciano ben poco spazio alle critiche. La parte frontale è ora più arrotondata e larga, il cupolino regolabile in altezza e inclinazione tramite un funzionale sistema ma che richiede due mani l’operazione. Il gruppo ottico anteriore mantiene parte del design di quello precedente grazie alla forma allungata verso l’alto, ma presenta la grande novità della luce diurna a led e dell’anabbagliante ad incandescenza, che si attiva automaticamente all’imbrunire e in galleria. I led vengono anche utilizzati per indicatori di direzione e gruppo ottico posteriore, con un’ottima resa visiva e funzionale. Attacco del manubrio regolabile longitudinalmente (10 mm) e sella con 2 posizioni in altezza (15 mm) garantiscono buone possibilità di adattamento per ogni pilota, mentre al manubrio si può contare su una pratica regolazione delle leve e su blocchetti elettrici pensati in maniera molto funzionale. La vista laterale è ora molto più filante e il lato destro è caratterizzata dal riuscito terminale basso in acciaio, molto bello anche nella versione Akrapovich, mentre sul codone, anch’esso più snello, spicca il largo portapacchi in materiale plastico che incorpora le maniglie passeggero. Tra i tanti accessori ci sono due tipi di borse rigide, di diversa capienza, che finalmente sono fissate ad attacchi totalmente integrati nel codone e dal minimo impatto visivo. ktm3   LA GUIDA Dieci anni sul mercato, 40.000 modelli venduti e l’immagine vittoriosa alla Dakar, sono il biglietto da visita di quella che è stata per antonomasia la bicilindrica più adatta ai viaggi avventura. Se in passato era relegata in una nicchia tutta sua, fatta di fuoristrada, ora si mette in diretta contesa con le altre, ponendosi come una cliente davvero ostica per tutto il segmento delle cross-over. Il peso contenuto e la potenza ai vertici del segmento della nuova Adventure la dicono lunga su come questa viaggiatrice a 360° possa primeggiare a livello prestazionale, ma quello che ci ha maggiormente stupiti è come allo stesso tempo possa risultare docile e semplicissima da gestire quando le si chiedono andature turistiche e l’uso in città. Vero è che la nuova Adventure risulta leggermente più orientata alla strada rispetto al passato e chi ha accese velleità off-road dovrà preferire il modello R, che mantiene la ruota anteriore di 21” e offre un assetto più adatto alla terra. Per questa prima assoluta KTM ci ha portati a Tenerife, isola dal clima e dalle strade perfette per gustare appieno le doti della Adventure. Purtroppo il test prevedeva solo asfalto, per cui non siamo riusciti a saggiare le doti fuoristradistiche di questa nuova moto arancione. In compenso l’asfalto dell’isola è quanto di meglio si possa desiderare in temini di grip… Molto più accogliente Molto snella e decisamente più bassa della precedente, trasmette un ottimo feeling non appena la si solleva dalla stampella laterale. Il peso non elevato e la sella, comoda e non troppo alta da terra, permettono di manovrarla facilmente restando seduti, trasmettendo da subito quel senso di confidenza che accompagnerà per tutto il test. La triangolazione manubrio-sella-pedane è quella tipica di un’enduro, a cui si aggiungono un serbatoio e un telaio piuttosto stretti, che lasciano le gambe in posizione molto comoda. Il manubrio, che vanta piega, larghezza e altezza ottimali, risulta più distante rispetto alla media, lasciando le braccia piuttosto distese, ma in posizione confortevole. I comandi sono al loro posto, mentre con un’operazione piuttosto semplice, che va fatta a moto ferma, ci troviamo subito ad abbassare il cupolino in modo che non incroci la visuale della strada. Trattabilità sopraffina Il propulsore si avvia in un attimo e bastano due colpi di gas in folle per toglierci ogni dubbio sul suo deciso carattere. Grazie alla nuova frizione, che monta molle meno tenaci, la leva a comando idraulico risulta davvero morbida da azionare, oltre ad offrire un’ottima modulabilità. Percorriamo il primo tratto di strada a bassa andatura e come prima cosa apprezziamo la grande trattabilità di questo bicilindrico, che nonostante la notevole cubatura, gira a bassi regimi con grande regolarità, senza praticamente presentare strappi e rispondendo alle piccole variazioni del gas con grande dolcezza. Questo è sicuramente il primo grande merito del lavoro svolto dal ride-by-wire, uno dei migliori fin qui provati. Anche la ciclistica mette subito in mostra un ottimo equilibrio e una grande agilità. Nonostante la sensazione sia quella di avere la ruota anteriore un po’ lontana, la confidenza con l’avantreno è pressoché immediata. Il manubrio risponde preciso e leggero ad ogni comando e ogni eventuale dubbio sull’agilità della ruota da 19” su asfalto è immediatamente fugata. Il riding mode inserito è lo “sport”, quindi quello più prestazionale dei quattro, ma nonostante questo il gas resta facile da modulare, come se fossimo su una media cilindrata. Aprendo con più decisione, invece, la risposta resta molto pacata fino ai 4.000 giri, per intenderci è minore di quella di GS e Multistrada, poi prende corpo con una progressione esaltante e tra i 6.000 e 9.000 giri diventa davvero veemente, con la ruota anteriore che si solleva facilmente da terra fino alla terza marcia. Tra i 9.000 e 10.000 giri la spinta si stempera leggermente, fino all’ingresso un po’ brusco del limitatore. I miracoli dell’elettronica cominciano a stupirci, perché nonostante il propulsore spinga tantissimo, la sensazione di avere tutto sotto controllo non abbandona mai. Il controllo di trazione MTC lavora infatti anche nelle accelerazioni esercitando una sorta di anti impennamento ed evitando qualunque eccessivo picco di potenza. Curioso come, anche aprendo tutto in seconda marcia e su un rettilineo, si possa notare il led del sistema accendersi anche senza alcuna sensazione di perdita di aderenza. In questo caso è il sistema che si attiva per evitare il sollevamento dell’anteriore. Aprendo decisi in curva, invece, l’intervento è più avvertibile, visto che leggendo anche l’angolo di piega, l’MTC risulta molto “prudente” a moto inclinata e parzializza l’apertura delle farfalle. Ma il bello è che tutto avviene in maniera molto dolce e per niente invasiva. L’unica critica che possiamo fare all’MTC è il settaggio “controllato” nella mappa Sport, dove disabilitando il sistema si ottiene una risposta nettamente più corposa e appagante all’uscita di ogni curva. Impostando il riding mode Rain o Offroad si toglie un terzo di potenza al propulsore e tutto diventa ancora più dolce, anche se la mancanza dei cavalli si nota soprattutto dai medi regimi in su. L’insieme cambio-frizione-trasmissione si dimostra pienamente all’altezza della situazione e fa apprezzare il preciso funzionamento del cambio, che ha innesti precisi e corsa della leva leggermente lunga, mentre l’antisaltellamento della frizione è estremamente funzionale quando si guida decisi, visto che evita il pensiero di come rilasciare la leva in scalata. Confidenza in curva Qualunque detrattore della ruota di 19” su strada dovrebbe provare a guidare questa Adventure per rendersi conto che non c’è per forza bisogno di una 17” per pennellare ogni tipo di curva. Se sul dritto, lento o veloce che sia, la conduzione è estremamente pulita grazie a una ottima stabilità, affrontando le prime curve ci si trova addirittura troppo presto alla corda, con la moto che tende a curvare quasi da sola. Sono bastate una decina di curve per prendere assoluta confidenza e capire che l’anteriore scorre preciso in piega, rispettando perfettamente la traiettoria impostata in ingresso e senza assolutamente allargare in uscita, anche aprendo con decisione. Oltre all’agilità, la grande forza di questa moto è il peso ridotto, che permette ingressi in curva più incisivi della quasi totalità della concorrenza. In staccata, oltre alla ottima modulabilità e potenza dei freni, che solo dopo una lunga discesa senza risparmio hanno mostrato un leggero allungamento della corsa  della leva anteriore, abbiamo apprezzato moltissimo l’ABS, tanto che è la prima volta in assoluto (BMW S 1000 RR a parte) che non abbiamo sentito l’esigenza di disattivarlo guidando decisi su strada. Il sistema risponde molto velocemente e in modo poco percettibile, tanto da non causare alcun sintomo di arrivare lunghi in frenata. Curioso come dopo più di 100 km di curve con ABS e DTC inseriti, escludendo entrambi i sistemi abbiamo provato un’iniziale sensazione d’insicurezza, che ha richiesto qualche chilometro per sparire! La nostra moto era dotata anche della regolazione sospensioni EDS, che pur non essendo un sistema semiattivo, torna comunque utilissimo per cambiare in un attimo i settaggi e affrontare un fondo dissestato piuttosto che un asfalto molto liscio. Per non perdersi in mezzo alle tante regolazioni, durante la guida risultano utilissimi i quattro riding mode, che con un semplice click cambiano tutta l’elettronica. ktm2

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