Harley-Davidson Sportster Seventy-Two

Harley-Davidson Sportster Seventy-Two

Redazione - @InMoto_it

01.08.2012 ( Aggiornata il 01.08.2012 16:33 )

Per il 2012 Harley-Davidson propone un’accattivante versione Sportster nella sua motorizzazione più alta, attingendo a piene mani dal filone chopper degli anni Settanta   È vero, come molti hanno scritto, che la Sportster Seventy-Two prende il nome dalla Whittier Boulevard, meglio conosciuta come Route 72, una strada di East Los Angeles dove all’epoca del “Potere alla Fantasia” i chopper erano di casa molto più che altrove. A tutti gli effetti, però, il nome potrebbe tranquillamente essere un tributo a un’epoca coloratissima e foriera di idee trasgressive come lo sono stati i primi anni Settanta. La Seventy-Two, infatti, incarna totalmente e in maniera quasi nostalgica quello che era il trend dell’epoca: moto scarne e allungate, ricoperte di Metal-Flake e strati industriali di vernice trasparente, con cromature in ogni dove e manubri nettamente più alti dello standard. L’effetto Metal-Flake che più di ogni altra cosa caratterizza questo modello può a tutti gli effetti essere considerato (al pari della moquette) un’icona degli anni ’70, oltre che sulle moto personalizzate lo si poteva trovare nelle tappezzerie in vinile dei tipici Diner, sulle carrozzerie dei Dune Buggy, sui caschi jet più trendy, ecc. La livrea della Seventy-Two è proposta in “hard candy big red flake” e viene realizzata con un trattamento alquanto laborioso. Dapprima viene applicato uno strato di vernice base di colore nero, poi seguito da uno strato a base poliuretanica che incorpora scaglie metalliche con dimensioni ben sette volte maggiori a quelle usate normalmente per questo trattamento. Ogni scaglia è rivestita da una sottile pellicola di alluminio ed è verniciata con una speciale tinteggiatura rossa. A questo seguono quattro strati abbondanti di vernice trasparente, con relativa levigatura tra una mano e l’altra, cosi da ottenere, infine, una superficie estremamente liscia e contraddistinta da un “effetto vetro”. A completare il quadro ci sono i loghi, la grafica del serbatoio e le pin strip sui parafanghi. Tutte cose che sui chopper vengono eseguite a mano, ma che non sono previste su una moto prodotta in serie. Come opzione si è ripiegato su delle decalcomanie realizzate ad hoc che danno quasi lo stesso effetto visivo e sono affogate negli abbondanti strati di trasparente. Da segnalare che oltre alla colorazione di questo servizio la moto è disponibile anche in “big blue pearl” e in “denim black”. DA FERMO A sottolineare il richiamo all’epoca d’oro dei chopper c’è una miriade di ricercati particolari. In primis l’intramontabile serbatoio Peanut da 7,9 litri. Piccolo e inconfondibile nelle sue forme, oltre a rappresentare la gran parte della saga Sportster è stato adottato su una moltitudine di chopper, diventando a tutti gli effetti un’icona del segmento. Altra particolarità irrinunciabile sono le ruote a raggi, qui montate nei diametri che sono stati per un lungo periodo tra i più applicati nel settore, ossia 16” al posteriore e 21” all’anteriore. Da sempre assieme a questa configurazione sono prediletti dei pneumatici sottili davanti e massicci dietro (senza necessariamente scadere nelle misure esagerate che è possibile montare oggi), così una scelta intelligente ed elegante ha previsto rispettivamente misure di MH90-21” e 150/80B16”, in entrambi i casi con una fascia bianca di grande effetto vintage sui fianchi. Le cromature sono tante già di serie, ma c’è una linea di accessori che ne prevede di ulteriori (e che comprende questa finitura anche per il serbatoio dell’olio e il forcellone). Un’altra configurazione piacevole e a suo modo “storica” è quella di adottare due scarichi singoli senza tubi di compensazione e con i terminali corti che si dispiegano leggermente sormontati e paralleli alla strada, proprio come sui modelli antecedenti agli anni ’80. I parafanghi sono cortissimi, con quello posteriore contraddistinto da un’unghia in plastica nera che incorpora la luce della targa e il supporto della stessa. Anche su questo modello la luce posteriore e lo stop sono stati sapientemente dislocati all’interno degli indicatori di direzione posteriori, concedendo al retrotreno una pulizia e un’eleganza solitamente propria delle migliori special. 12166kii   IN SELLA Già bella da vedere da ferma, la Seventy-Two appare subito ben rifinita e curata. Appagati da questo primo contatto visivo, appena si sale a bordo ci si rende conto che oltre ai dettagli anche la guida è stata impostata come su un chopper. Non c’è la tipica forcella allungata, ma nonostante questo la posizione di guida è comunque simile. Il manubrio ha la conformazione di un Ape-Hanger in versione ridotta, con l’impugnatura larga e ben più alta della media. Al centro, ancorato alla testa dei riser alti 2”, c’è un supporto cromato che ospita in modo perfettamente leggibile il tachimetro analogico e le spie di servizio. I blocchetti dei comandi sono quelli tradizionali H-D e gli indicatori di direzione anteriori sono appesi al manubrio. Le pedane poggiapiedi sono disposte in posizione avanzata, con il pedale del cambio e del freno posteriore ben raggiungibili. Non sono previste pedane per il passeggero (se non come optional) e anche la sella è rigorosamente monoposto. La forcella teleidraulica è di conformazione tradizionale e gli ammortizzatori idraulici sono regolabili nel precarico molla. Entrambe le ruote sono frenate da un singolo disco, e il blocchetto d’accensione è dislocato sul lato destro, davanti al serbatoio. Appena avviato il motore si è in compagnia del classico e possente suono che caratterizza i bicilindrici di Milwaukee. Ci si siede, si innesta la marcia e si sorride rendendosi conto di essere a bordo di una moto concepita soprattutto per girovagare senza meta nelle giornate di sole, con occhiali scuri e casco jet, sicuri che qualcuno ci sta guardando. Chiaramente il bicilindrico di 1.200 cm³ può fare molto di più, ha grinta e buone prestazioni, ma l’aura di relax che avvolge il conducente appena si comincia a rilasciare la leva della frizione cancella tutto il resto, invitando a godersi la moto e il paesaggio in modo consono. La seduta bassa, unitamente al peso relativamente contenuto, alla guida alta e alla ruota anteriore di 21” consentono un’immediata confidenza con il mezzo e una piacevole posizione di guida, che si apprezza soprattutto a bassa velocità. Aumentando l’andatura le cose cambiano, la moto risulta perfettamente godibile fino a 110-120 km/h, e può spingersi anche molto oltre, ma sopra la suddetta velocità l’impatto con l’aria dato dalla posizione di guida particolarmente eretta diventa stancante e l’impressione è quella di galleggiare sulla strada. Le sospensioni posteriori sono un po’ dure in configurazione standard, ma a questo si rimedia subito grazie alle varie possibilità di regolazione del precarico. Sono molti a pensare che una moto deve prima di tutto emozionare. Chi sceglie questo modello lo fa soprattutto per la sua bellezza, sapendo già che le compatte forme del serbatoio non concedono più di un centinaio di chilometri di autonomia e che una posizione di guida così comoda e maneggevole non può essere adatta alle alte velocità. D’altronde il designer Frank Savage ha già detto tutto dichiarando: «Nel creare la Seventy-Two ci siamo ispirati all’atmosfera particolare che caratterizzava i primi anni dell’epoca dei chopper, quando i tipi giusti guidavano una Sting-Ray e quelli tosti posteggiavano i loro chopper in fila indiana a bordo strada». Non sembrano esserci dubbi che l’obbiettivo sia stato perfettamente raggiunto.

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