Victory Hammer S

Victory Hammer S

Redazione - @InMoto_it

01.07.2012 ( Aggiornata il 01.07.2012 17:13 )

Look esclusivo da special di serie e misure extralarge, a partire dalla gomma posteriore: è questa la ricetta per la “muscle bike” in salsa cruiser secondo Victory, che ripropone, con diverse colorazioni, uno dei suoi cavalli di battaglia, rivisto in alcuni particolari Ci sono cose che si fanno d’istinto; decisioni che devi “sentire nella pancia”. Ecco, di fronte a questa moto l’impulso di possederne una diventa irrefrenabile. Sappiamo bene che non nasce per viaggiare, né per correre in pista e neppure per andarci in ufficio districandosi nel traffico, quindi se state cercando una moto in qualche modo “utile”, potete cambiare canale… ehm… articolo… ma se ricercate la pura emozione, che non scaturisce necessariamente dalle prestazioni ma dal piacere di esibire una moto esclusiva con la certezza di “fare colpo”, allora la Hammer S è la moto che fa per voi. Preparatevi però a spiegare a molti che cosa è e da dove viene; anticipiamo noi alcune risposte: Victory nasce da una costola del colosso Polaris, quindi viene dagli Stati Uniti e realizza autonomamente il propulsore e la ciclistica. Oltre alla Hammer S, usata per la nostra prova, disponibile al prezzo di 16.990 €, è disponibile anche una versione di attacco, denominata “8 Balls”, caratterizzata dalla colorazione total black, che interessa pure i foderi forcella e che si differenzia per la presenza di una strumentazione più essenziale, un solo disco freno anteriore e cerchi a 5 razze in luogo da quelli di 10, che “viene via” a € 14.990. DA FERMO La prima occhiata probabilmente viene attratta dalla gibbosità del lungo e largo serbatoio, che sovrasta il propulsore e funge anche da cassa filtro. È il principale elemento teso a creare quel senso di muscolarità e potenza ricercato dai designer, ma non è il solo. In questo infatti concorrono anche le bandelle laterali e soprattutto la sella che si inserisce quasi senza soluzione di continuità sul parafango, particolarmente esteso al fine di abbracciare il gommone dalla stratosferica misura di 250 mm. Ma il copriruota si distingue pure per la piccola appendice, che copre la sella del passeggero che è asportabile e, impiegando un accessorio che si trova nel catalogo, si trasforma in una unghia parabrezza in tinta con la moto. Molto gradevole anche il fanale posteriore a led dalla forma a goccia, praticamente a filo del parafango, mentre il fanale anteriore ha una forma un po’ più scontata. Sotto queste forme muscolose, resta ben visibile il poderoso V-Twin che, a livello estetico, si caratterizza per la cromatura che ne mette in risalto l’alettatura di raffreddamento, richiamata dai fregi rotondi che si trovano sul blocco motore e dalle due coperture dalla forma triangolare: oltre a occultare i componenti dell’alimentazione da una parte e del blocco di accensione contenuto da una di esse, dall’altra, contribuiscono a rendere ancora più pulito e razionale il lay-out della moto, “chiudendo il vuoto” lasciato dalla V di 50° del motore. Da stigmatizzare giusto gli indicatori di direzione, un tantino sottotono, e alcuni bulloni a vista, dall’aspetto economico. A ben guardare, in linea con le ultime tendenze, le cromature sono ridotte al minimo; allo stesso modo, lo scarico un tempo luccicante, ora sfoggia uno strato opaco che ben si armonizza con la colorazione dell’esemplare in prova. Hammer2 IN MARCIA La Hammer S fa parte della gamma cruiser di Victory, e ha un imprinting che la rende molto gradevole da usare su strada. Una volta in sella, che risulta comoda e molto bassa, il che aiuta non poco nelle manovre da fermi, ci si accorge che la ruota anteriore è là davanti, lontana lontana. Per fortuna l’enorme manubrio ci viene in soccorso, e permette di avere comunque un buon controllo. Le pedane sono molto avanzate, ma la posizione, che si assume, molto yankee, risulta al tempo stesso gradevole e non troppo stancante, anche in considerazione dell’uso che si fa di questa moto, ovvero spostamenti a breve e medio raggio. Il comfort è assicurato anche dal lavoro svolto dalle sospensioni, mai secche neppure sui fondi più sconnessi, con la posteriore che, grazie al leveraggio progressivo, non restituisce al pilota le asperità del manto stradale con benefici soprattutto per la schiena. Esse hanno pure il pregio di essere sostenute quando serve: ovvero in percorrenza di curva e soprattutto quando si decide di dar voce al poderoso propulsore di 106 pollici cubi (oltre 1.700 cm3). Questo, nonostante la mole del mezzo, consente partenze brucianti ai semafori, possibili grazie all’appoggio offerto dalla sella più che dalla possibilità di ancorarsi alle pedane. Non è affatto difficile far fumare e stridere la gomma posteriore, perché si riesce a scaricare tutta la potenza senza il timore che la ruota anteriore, visto l’interasse, accenni minimamente a sollevarsi. Ecco, l’interasse, parliamone: è proprio questo parametro a influenzare significativamente la guida. Se da un lato la rende precisa e sicura sul dritto, dall’altro crea qualche imbarazzo, soprattutto nelle svolte lente dove la moto va indirizzata con convinzione, aiutandosi pure con i movimenti del corpo, perché, come detto, la ruota anteriore è lontana, e l’inclinazione della forcella la fa percepire ancor più distante. Nelle curve vere e proprie, è invece l’enorme pneumatico a caratterizzare la discesa in piega che non è esattamente fulminea, ma almeno le pedane non strisciano prima che inizi il divertimento. È il prezzo che si deve pagare per “apparire” muscolosi: si guadagna molto in immagine ma a volte si perde di efficacia. Ben più gradevole il motore, che si fa apprezzare per la ridotta rumorosità e le poche vibrazioni, quelle “buone”, a meno che non si decida di superare i 4.000 giri quando origina maggiori pulsazioni a dimostrare che non ama girare in alto. Ma nell’uso normale, salvo le sparate per far colpo sugli amici, non si sente l’esigenza di forzarlo oltre la sua natura. Meglio goderselo tra i 2.000 e i 3.000 giri, quando esprime il meglio di sé in termini di coppia che si traduce in piacevolezza di guida, con progressioni gustose, fin dai regimi bassissimi, rese possibili dalla esuberante cilindrata. Migliorato il cambio che rispetto a precedenti interpretazioni è ora meno secco nell’inserimento e più preciso; inoltre si avvantaggia del sistema che assiste nella ricerca della folle, che, soprattutto in città, dove gli “stop & go” sono veramente frequenti, è comodissimo. Ottimo invece il lavoro svolto dalla trasmissione finale a cinghia, silenziosa e tale da non far rimpiangere la catena, anzi, con il pregio di non mettere a rischio il cerchio posteriore con schizzi di grasso. Particolare non da poco su moto, per proprietari che vogliono esibire sempre mezzi perfettamente lucidi. Infine, perché prima o poi capita di doverli usare, i freni: oramai ci eravamo talmente abituati all’ABS, presente di serie su tutta la gamma Touring di Victory, che avevamo dimenticato della tendenza al bloccaggio del posteriore, che invece si manifesta sugli impianti che ne sono sprovvisti. Maggiormente modulabile l’anteriore, che risulta anche molto potente, in ragione dell’elevato livello qualitativo dell’impianto di cui è dotata la moto, fornito da Brembo. hammer3

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