Confederate Hellcat X132

Confederate Hellcat X132

Redazione - @InMoto_it

01.06.2012 ( Aggiornata il 01.06.2012 15:37 )

Motore S&S di ultima generazione, colore a scelta e produzione su ordinazione. Non costa neanche tanto entrare in possesso di una moto della Casa da cui si servono Tom Cruise e “altri”     50.000 dollari non è un prezzo normale per una qualunque motocicletta, ma quando la moto in questione è una Confederate diventa quasi un affare. Unico costruttore del sud degli Stati Uniti, Confederate è da tempo un must per i ricchi appassionati: fra i suoi clienti la Casa di Birmingham, in Alabama, annovera celebrità come Tom Cruise, Brad Pitt, Nicholas Cage e addirittura Bruce Springsteen. Una volta servivano almeno 72.000 $ per entrare nell’esclusivo club dei possessori di una Confederate, e tuttora dovete spenderne 100.000 per assicurarvi una P131 Fighter; ora, per una precisa scelta di Matt Chambers, il listino prezzi si è aperto verso il basso, con i 49.500 $ della Hellcat X132. Be’, tutto è relativo… Chiamata con il nome di battaglia del Grumman F6F della seconda guerra mondiale, accreditato di 5271 aerei nemici abbattuti (record assoluto per aerei lanciati da portaerei), la Hellcat è da sempre il cavallo di battaglia di Confederate Motor Company, a listino fin dal 1994 e venduta in più di 500 esemplari prima del fallimento del 2001. Rinata nel 2003, Confederate produsse una Hellcat di seconda generazione molto diversa ad opera di J.D. Nesbitt, che Chambers stesso ha preso dal nulla per farne il capo del reparto design. Oltre all’estrema Wraith, il modello per cui è più noto, Nesbitt creò la Hellcat X124, imbottendola di fibra di carbonio e consolidando la fama di “Bimota statunitense” grazie all’incredibile idea di far svolgere al forcellone la funzione di scarico. Ne vennero prodotti circa 75 esemplari prima che il modello uscisse di produzione tre anni fa; momento in cui Chambers e l’attuale designer Ed Jacobs iniziarono a progettare la Hellcat di terza generazione, la X132, grazie a un nuovo accordo con S&S che ha garantito a Confederate l’uso del nuovissimo propulsore X-Wedge. Nella versione dedicata a Confederate, il bicilindrico a V di 56° vanta anche un carter in alluminio ricavato dal pieno, che ospita il perno forcellone più grosso della storia. La crisi ha colpito duro, ma Confederate è riuscita ad uscirne limitando i danni mentre diverse concorrenti sono falliti. I numeri sono calati drasticamente fino ai 35 esemplari venduti nel 2010, ma già nel 2011 sono state 68 le moto vendute, e ci sono già 62 ordini solo per questa nuova X132, che dovrebbe contribuire ad un totale di 168 moto previste per il 2012. Non sono certo numeri da Honda, ma significano comunque oltre otto milioni di dollari di fatturato; merito, parole di Chambers, dell’accordo con S&S che ha consentito a Confederate di ridurre sostanzialmente i propri prezzi senza sottostare a compromessi in termini qualitativi e di unicità del prodotto. La Hellcat è solo l’inizio della resurrezione, che vedrà ora il motore X-Wedge diffondersi per tutta la gamma Confederate. Nel frattempo, si può ordinare la X132 in qualunque colore si desideri (ogni moto è prodotta su ordinazione), anche la livrea che vedete nel test, un omaggio alla Chevrolet Corvette Stingray di 50 anni fa. Ma siate sinceri: la vorreste davvero così, per quanto bella possa essere in blu argentato con sella in cuoio brunito? Rinuncereste alla tradizionale livrea nera della Confederate…? 12096hvq LA TECNICA Il motore che spinge la Hellcat X132 è la prima unità completamente realizzata in proprio dalla statunitense S&S, famosa da mezzo secolo in tutto il panorama custom. Noto anche come X-Wedge, è il primo propulsore S&S con attacchi telaio diversi da quelli Harley-Davidson, dunque un oggetto completamente diverso dai precedenti che consente la definizione di ciclistiche molto più varie, e di rispettare le normative anti-inquinamento anche in California. Caratterizzato da misure perfettamente quadre, il propulsore ha una cilindrata di 2.163 cm3 e pesa 78 kg, iniezione compresa: un singolo corpo farfallato S&S montato sul lato destro del motore e gestito dalla centralina Delphi con funzione closed-loop. Le camere di combustione a cuneo (wedge in inglese, da cui il nome del motore) hanno una superficie alettata superiore del 50%; al loro interno lavorano pistoni Mahle forgiati, vincolati a bielle dello stesso materiale fissate a loro volta su un unico perno di 56 mm dell’albero motore monolitico supportato da bronzine. L’angolo fra i cilindri è stato leggermente aperto rispetto ai precedenti propulsori S&S; ogni cilindro (per inciso sono completamente intercambiabili) è provvisto del proprio iniettore montato direttamente sulla testa per una combustione più efficiente. I tre assi a camme sono controllati da un comando a cinghia dentata completamente a vista grazie ad un coperchio in perspex sul lato destro del motore; le valvole, naturalmente due per cilindro, misurano rispettivamente 51 mm all’aspirazione e 40,6 allo scarico. Proprio grazie al comando della distribuzione appositamente studiato, l’X-Wedge è più silenzioso di 5 dB rispetto al vecchio S&S “stile sportster” Se la potenza di 135 CV non fa particolare impressione, i 206 Nm di coppia a soli 2.000 giri conferiscono alla Hellcat X132 il record di categoria (di meglio in assoluto fa solo la tre cilindri Triumph Rocket III, la Yamaha V-Max è largamente staccata, la Ducati Diavel eroga quasi metà della coppia…) che tocca gestire al cambio a cinque rapporti rialzato come sui propulsori Yamaha della serie R. La trasmissione primaria fa affidamento su una cinghia dentata da 45 mm, separata dalla finale – sorprendentemente a catena, per una moto del genere – da una frizione Bandit con comando idraulico. Il peso complessivo del motore, completo di alimentazione e trasmissione, è di 110 kg, quasi metà della massa totale della Hellcat, che ferma l’ago della bilancia a 230 kg con tutti i liquidi ma senza benzina. Il telaio è un robusto monotrave in acciaio concepito dal progettista Ed Jacobs, che fa affidamento sul motore come parte stressata e che contiene 4,25 litri d’olio per la lubrificazione a carter secco. Il forcellone, un bibraccio in estruso d’alluminio, si impernia direttamente sui carter motore e comanda un monoammortizzatore completamente regolabile montato in cantilever. All’avantreno troviamo una massiccia forcella Marzocchi di 50 mm Ø, anch’essa completamente regolabile, montata in maniera da offrire un angolo di sterzo (relativamente sportivo per il genere di moto) di 27,5°; la lunghezza di motore e trasmissione, però, comportano comunque un interasse “tranquillo” di 1.588 mm. I cerchi in fibra di carbonio sono della sudafricana BST e ospitano gomme Pirelli Diablo Rosso nelle misure classiche da maxisportiva (120/70 e 190/55, entrambi di 17”), come per ufficializzare il passaggio della Hellcat da cruiser a café racer. Stesso discorso per il doppio disco anteriore Beringer di 320 mm Ø, morso da pompa e pinze a quattro pistoncini radiali; al posteriore troviamo un disco di 240 mm Ø con pinza monoblocco a due pistoncini di marca Brembo. Avendo guidato tutte le precedenti Hellcat, oltre a diverse altre Confederate recenti, ero abbastanza impreparato per ciò che avrei trovato sedendomi sulla sorprendentemente comoda sella ultra-minimalista della X132, che garantisce una posizione di guida più da naked sportiva che non da cruiser. Perché a differenza delle sue precedenti versioni, la X132 non è una cruiser, ma una reinterpretazione moderna delle Café Racer britanniche degli anni ’60, pur se spinta da un bicilindrico che più statunitense non si può e vestita con abiti d’avanguardia. Il manubrio basso e largo impone una posizione distesa sopra il serbatoio, e le pedane alte e arretrate evitano interferenze indesiderate con il filtro dell’aria che sporge sul lato destro. Una posizione sportiva e faticosa da tenere per più di un paio d’ore, e fossi in Confederate prevederei subito come optional una coppia di risers per i manubri… L’avviamento può non rivelarsi immediato, ma quando l’X-Wedge prende vita si viene ripagati dal tuonare dello scarico sotto il motore, cupo ma non eccessivamente rumoroso e privo di quelle vibrazioni tipiche degli altri bicilindrici americani. Pur in assenza di contralberi, e nonostante il montaggio rigido, il motore è incredibilmente fluido e privo di vibrazioni per gli standard statunitensi. Tira bene fin dai 900 giri del minimo, grazie alla spaventosa coppia disponibile su tutto l’arco d’erogazione: il picco massimo è a 2.000 giri, ma il propulsore allunga fino ai 5.800 di intervento del limitatore, pur se si tratta di un regime completamente inutile da raggiungere. Il motore della Hellcat è a suo agio fra i 1.500 e i 3.500 giri, e vale la pena di cambiare attorno ai 4.000, fidandosi dell’indicazione della scarna strumentazione (contagiri, che contiene spia del folle, tachimetro digitale e livello carburante, nient’altro!) e facendosi trasportare dall’onda di coppia che vi porta in un attimo ai 160 km/h che costituiscono la velocità di crociera ideale nel rapporto più alto. La frizione Bandit è sorprendentemente morbida, e si lascia scappare solo qualche strappo sotto i 1.800 giri, che vanno considerati il regime sopra cui mantenersi. Non è un problema, vista la coppia disponibile e che ai soli 5.100 giri della potenza massima si traduce in 135 CV. Il cambio è duretto ma preciso; non è un grosso problema, visto che se ne fa davvero poco uso. Quello che non ci si aspetta, invece, è la maneggevolezza: la vecchia X124 non andava oltre i 30° di inclinazione senza strisciare le pedane. Qui il problema non esiste: si sfrutta appieno il grip della Pirelli posteriore in dimensioni da Superbike, e la pedana sinistra tocca terra appena prima di raggiungere il limite del grip dell’anteriore. La X132 non è una cruiser, ma una moto che si finisce per guidare come una café racer essenziale, magra e leggera: tenendo alta la velocità a centro curva grazie all’eccellente Pirelli anteriore e alle sospensioni più che all’altezza, dopo aver sfruttato il reattivo ed efficace impianto frenante Beringer, che non fanno rimpiangere in nulla… prestazioni “italiane”. In uscita di curva, basta aprire il gas e sentire la Pirelli posteriore che morde l’asfalto per gustarsi in pieno un’accelerazione impressionante da qualunque regime. La geometria di sterzo è decisamente rilassata ma molto precisa: la Hellcat passa dove la si vuole piazzare, anche se una volta iscritta in traiettoria non gradisce i cambi di programma. La café racer bicilindrica si considera un’invenzione degli anni ’60 dello svizzero Fritz Egli, e tuttora la Egli-Vincent resta un punto di riferimento per chiunque voglia creare una moto del genere. Confederate, che ha avuto a che fare con potenze e coppie decisamente diverse, ha dovuto utilizzare approcci tecnici molto diversi, ma ottenendo una moto che si può facilmente considerare un tributo a quella Egli, come mi ha fatto ricordare l’attraversamento del paese di Vincent, Alabama, ottenendo però il primo esemplare di una nuova stirpe: la Café Cruiser. Spero solo che i nuovi modelli Confederate siano ugualmente innovativi ed efficaci. E magari anche economici, in senso americano, s’intende. 12096hvo

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