20 cinquanta degli anni ’70 – Garelli KL 50 E 5V

20 cinquanta degli anni ’70 – Garelli KL 50 E 5V

Redazione - @InMoto_it

01.05.2013 ( Aggiornata il 01.05.2013 10:07 )

Dopo l’elegante e robusto KL 50 4V del 1972, l’anno successivo la Garelli immette sul mercato un modello esteticamente simile, ma in realtà profondamente modificato: il KL 50 E 5V     Già nel nome è presente tutta l’innovazione che la versione 1973 porta in dote rispetto al suo predecessore. L’estetica, come per la versione dell’anno precedente, si rifà alla KL 100, ma mentre nel KL 50 4V del 1972 veniva montato il motore a 4 rapporti utilizzato per lo Junior Tiger Cross, il nuovo KL utilizzava un propulsore del tutto nuovo con due importanti novità. In primis la E nella sigla stava ad indicare l’accensione elettronica anziché a puntine platinate, una vera chicca per l’epoca. Poi 5V, che ovviamente stava a significare un cambio a 5 rapporti, ma l’innovazione del motore non finiva qui: con questo modello, infatti, finalmente anche la Garelli si uniformava al nuovo standard, che prevedeva il comando a pedale del cambio a sinistra, con la prima verso il basso. Il telaio color argento era lo stesso della versione di 100 cm³, quindi offriva sicurezza e resistenza, e pure il mozzo anteriore in alluminio di 140 mm Ø aveva la stessa provenienza. Rispetto alla versione 4V con le sovrastrutture blu, in questo caso la livrea era in rosso metallizzato, ma sempre con una piacevole banda nera sul serbatoio. Cambia anche la marmitta che diventa “a sogliola” come vogliono i dettami più moderni del periodo. Il motore, seppure modificato, si presenta sempre con i piacevoli carte squadrati e alettati. epoca2 Novità anche nella termica che ora si presenta con una corposa alettatura radiale. Il cilindro continua ad essere in alluminio, con canna cromata, ma in questo caso c’è anche una terza luce di travaso e il pistone ha la fascia elastica superiore ad L. Il filtro d’aspirazione in spugna è racchiuso in un’ampia cassetta filtro e il carburatore montato di serie era un’inusuale Dell’Orto 18/12. Va da sé che spesso il foro di 12 mm veniva allargato a 18 mm, rendendo di fatto il carburatore un 18/18, ma un motore così curato reggeva tranquillamente un carburatore di 20 mm e con questa unica modifica già era tutt’altra musica. A supportare il robusto telaio c’era una valida forcella idraulica Ceriani, mentre al posteriore al forcellone di sezione ovale era ancorata una coppia di ammortizzatori idraulici regolabili della Sebac. Al pari dell’anteriore anche il mozzo posteriore era in alluminio, e la corona era montata su parastrappi. Il diametro dei cerchi, entrambi in acciaio, era di 17” al posteriore e di 19” all’anteriore, entrambi equipaggiati con pneumatici tassellati, rispettivamente di 3.00” e di 2.50”. Sella e serbatoio erano ben proporzionati ed eleganti e tutti gli altri dettagli, dal piccolo fanale tondo, ai parafanghi rialzati, all’ampio manubrio nero con traversino, si inserivano bene nel contesto generale. Un mezzo bello e robusto quindi, in grado di esercitare fascino sui giovani e di raccogliere i favori dei genitori paganti grazie alla serietà del marchio. Come controparte c’era solo il fatto che la tanto decantata accensione elettronica dava qualche problema, specie se il motore era equipaggiato con un carburatore più grosso o era “ritoccato” e raggiungeva un numero di giri più elevato. Il modello rimase in produzione diversi anni, e seppure con una costante evoluzione rimase fedele a se stesso.

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