20 cinquanta degli anni ’70 - 1. Italjet da fuoristrada

20 cinquanta degli anni ’70 - 1. Italjet da fuoristrada

Redazione - @InMoto_it

01.09.2012 ( Aggiornata il 01.09.2012 12:03 )

Già conosciuta per i suoi Mustang sportivi, l’azienda bolognese tra gli anni ’60 e ’70 si cimentò anche nei fuoristrada, senza però raggiungere la fama dei modelli a manubrio basso   Il primo 50 fuoristrada marchiato Italjet si chiama Trail e risale al 1967. Montava ruote di 19” con pneumatici di 2,50 (tassellato al posteriore, scolpito all’anteriore) e un serbatoio squadrato a doppio tappo. Il motore (Minarelli P4) era a termica tonda, con lo scarico basso e il terminale inclinato, e l’aspirazione del carburatore era collegata a un vano sottosella in skai che fungeva da scatola filtro. Con la seconda serie, in listino già l’anno successivo, il nome cambia in Trial e il serbatoio diventa più grande e squadrato, passando da una capienza di 5,5 a 8,5 litri e usufruendo di un solo tappo sulla destra. Si tratta di un modello completamente nuovo rispetto al precedente, non solo per l’estetica, ma soprattutto perché usufruisce di un nuovo telaio e di un motore P4S a termica quadrata. Livrea gialla su telaio nero, sella trapuntata, scarico alto con griglia di protezione ed entrambi i pneumatici tassellati erano tra i suoi tratti distintivi. In catalogo, a fianco di questo modello, l’anno successivo (1969) arriva il fuoristrada Piranha. Elegante e ben rifinito, viene proposto dapprima con una livrea arancione, sostituita quasi subito da una versione rivisitata con inserti bianchi sul serbatoio e una sella più ampia. Per questo modello l’Italjet – che si è sempre distinta dalla concorrenza per il disegno del telaio a doppia culla rialzata – propone un nuovo telaio, diverso da tutti gli altri, con la culla superiore che passa dietro al gruppo termico, in una conformazione triangolata con il motore a sbalzo fissato anche attraverso la testa. Singolare anche la forma ovoidale del serbatoio che monta sul dorso il borsello portattrezzi. La forcella è idraulica e le ruote sono di 17” la posteriore e di 19” l’anteriore, entrambe con pneumatici tassellati. Nonostante l’originalità che ha sempre contraddistinto i mezzi di Tartarini, il Piranha non avrà molto successo nella battaglia contro la miriade di fuoristrada che nascono in quel periodo. In seguito (1973) arriverà una nuova versione, con un’estetica rinnovata, marmitta a sogliola e un ritorno alla gomma anteriore scolpita, ma non avrà una sorte migliore della prima serie, così come il coetaneo Scimitar motorizzato F. Morini. Nel 1970, intanto, era apparsa anche la terza versione della saga Trail/Trial, con il disegno del serbatoio che ritorna simile alla prima serie. Le similitudini con la seconda serie, invece, riguardano le ruote e il disegno del telaio, che però mostra sezione dei tubi più robusta (si passa da 22 a 27 mm). Motorizzata P4S, l’ultima serie dei Trial disponeva di sospensioni idrauliche, manubrio da cross e una sella dal profilo inferiore che si abbassava raccordandosi alla linea del serbatoio. Oltre a questi modelli abilitati all’uso stradale, nel ’66 è stata presentata una versione Trial Cross da gara, seguita nel ’71 da una versione denominata Cross Casa. 

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