Laverda 750 SFC

Laverda 750 SFC
Imponente, arancione e maschia nella guida, assolutamente unica nel suo genere. È più facile innamorarsi del fascino di una moto particolare come questa che di una “sciacquetta” qualsiasi

Redazione - @InMoto_it

01.02.2012 ( Aggiornata il 01.02.2012 10:25 )

Cos’è il genio? “Fantasia, intuizione, colpo d’occhio e rapidità di esecuzione”: citazione dal celebre film di Mario Monicelli “Amici miei”. Massimo Laverda, prematuramente scomparso qualche anno fa, mente e braccio della Moto Laverda negli anni che abbracciano il periodo più importante della storia motociclistica italiana, usò giusto queste doti per lanciare una versione del modello allora di punta della Casa veneta, la 750 SF, che oggi come oggi è diventata un vero e proprio mito: la Laverda 750 SFC. Le corse delle maximoto, che fin dalla fine degli anni ’60 iniziavano a proliferare in giro per l’Europa, non lasciarono indifferente la Laverda. Già la Casa di Breganze aveva a listino una moto di prestazioni assolute, di certo competitiva con qualsivoglia modello della concorrenza, ma occorreva qualcosa di più, qualcosa di meglio… Con fantasia si “inventò” una versione cattiva per davvero; con intuizione si scelsero le componenti tecniche giuste e ben assemblate; a colpo d’occhio la nuova nata era anche bellissima e la rapidità con cui si fece tutto questo, con cui arrivarono le migliorie e gli aggiornamenti tecnici, fu davvero esemplare.Così, partendo dalla ormai famosa gara della 24 Ore di Oss (Olanda), nel 1969, dove ben figurarono i piloti Brettoni e Laverda, entrambi con uno pseudonimo, la prima metà degli anni Settanta fu densa di gare che videro la SFC protagonista, con piloti che negli anni a venire ebbero palcoscenici mondiali. Nel 1969 ancora non si parlava di SFC, infatti la gara olandese fu disputata con una 750S preparata per l’occasione, ma da quella esperienza in poi, la decisione di rendere disponibile a piloti privati una Laverda praticamente pronto corsa, diede il la alla nascita nel 1971 della prima serie della Super Freni Competizione. In realtà la prima serie della SFC era parecchio vicina alla versione SF, tanto da risultarne una, per quanto efficace, seria e validissima, elaborazione. Questo aspetto ha, oltretutto, portato ad una relativa facilità di falsificazione del modello partendo da una SF; voci ufficiose parlano di un numero di richieste di iscrizione al registro storico ben superiore al numero di motociclette prodotte nel periodo 1971-1976, che è di 549 esemplari. Ben altro sviluppo si ebbe a partire dalla seconda serie che, assieme alla terza, abbiamo qui oggi a disposizione per gentile concessione di Orazio ed Andrea Gabba. Ricordiamo comunque che la prima serie della SFC differiva dalla SF in svariati particolari: la ovvia differenza di carrozzeria e cosmesi, ritocchi alla distribuzione e alle valvole, interventi all’albero motore, carburatori Amal, poi dismessi, una maggior cura costruttiva e diversi scarichi peraltro scarsamente utilizzati dai proprietari. Ad essi spesso si preferisce, anzi si adora, il suono emesso dallo speciale 2-in-1 fornito assieme alla moto in aggiunta a corone con diverse dentature e getti dei carburatori modificati per consentire una più ampia gamma di messe a punto della motocicletta in funzione dei percorsi. In queste pagine abbiamo una “seconda serie” comprata nuova all’epoca dal proprietario, oltre ad una elettronica terza serie acquistata nell’alessandrino una quindicina di anni or sono, entrambe in condizioni di assoluta originalità, conservazione e stato. Per sintetizzare gli aggiornamenti della seconda serie diremo che questa vedeva un nuovo telaio con il posteriore abbassato, la dotazione del triplo disco Brembo che giusto in quegli anni, 1974, stava iniziando a diffondere il proprio marchio sulle motociclette, serbatoio carburante e fianchetti differenti, carburatori Dell’Orto, già presenti in qualche esemplare di fine prima serie, oltre a numerose altre piccole modifiche. La terza serie vide l’adozione dell’accensione elettronica e di un radiatore dell’olio, oltre a piccole modifiche alla parte alta del motore; alla fine della carriera si videro le ruote in lega. 11347cmi Oggi cosa possiamo dire della SFC? Di certo che è un pezzo di medio-alta caratura se parliamo di collezionismo: la rarità, la scarsa disponibilità a separarsene da parte dei proprietari, il fascino di una vera superbike anni ’70, il gusto della guida, soprattutto nella seconda e terza serie, l’affidabilità quasi proverbiale, fatti salvi i disastri dovuti a cattiva manutenzione e cura e una lieve usura ai bilancieri legata però alla scarsa qualità dei lubrificanti dell’epoca e all’incuria, ne fanno davvero una moto della quale è molto facile innamorarsi. Nell’uso, la prima cosa che salta all’attenzione è la posizione di guida, molto caricata sui piccoli semimanubri, che uniti alla minuscola sella monoposto danno ben poco margine di manovra al pilota, soprattutto se di taglia XL. In realtà, non appena ci si muove c’è lo spazio che serve e la nostra attenzione viene attirata dall’ormai desueto cambio a destra con prima in alto, difficile da digerire per chi ha meno di 45 anni. Il motore è sempre pronto all’avviamento, seguendo le regole base per una moto di quegli anni. Le vibrazioni rendono la SFC viva, pulsante, desiderosa di muoversi e correre, e una volta partiti si ha a che fare con un motore che non lesina mai i cavalli di cui dispone e la spinta che concede è sempre maggiore dell’impressione che si ha ascoltando il rumore. In sostanza, non sembra, ma è un motore che fa strada. Quando arrivano le curve, la rocciosità della moto, dopo che la frenata è stata commisurata all’impianto Brembo di allora e non alle pinze monoblocco odierne, diventa solamente un peso da spostare. Di quanto? Decidiamo noi, senza troppi patemi e difficoltà, badando ad “ascoltare” a modo i consigli della SFC, molto sincera e comunicativa, con le sue sospensioni Ceriani, allora eccellenti e buone ancor oggi... Ho avuto il piacere di vedere il proprietario muoversi con disinvoltura sulle colline dell’Appennino parmense, lasciando leggermente basiti possessori di moto ben più attrezzate e moderne che non si capacitano di come una moto di 37 anni fa possa avere quelle doti. E non parliamo, ovviamente, di prestazioni pure, di velocità supersoniche e accelerazioni mozzafiato. La sorpresa resta tale fino a che non capita la fortuna di usarne una. Averla sarebbe troppo… e poi, sarebbe una rarissima vera SFC o la C sarebbe solo “usurpata”? 11347cmc

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