Visita alla Polini factory

Visita alla Polini factory

Redazione - @InMoto_it

01.08.2013 ( Aggiornata il 01.08.2013 09:41 )

In val Seriana il colore azzurro della Polini ha sapore di gare e passione per i motori, di quelle vere e alla portata di tutti. Abbiamo visitato la fabbrica e provato alcune delle novità     La Polini s.p.a. è nata quasi per scherzo negli anni ’70 grazie a tre fratelli: Carlo, Franco e Piero Polini, il cui padre riparava biciclette dal dopoguerra. Il tutto inizia quando Piero comincia a partecipare a gare di enduro, finendo per portarsi a casa tre titoli italiani, e i fratelli lo aiutano modificando i componenti del  motore Sachs che equipaggia il suo Ancillotti per migliorarne sempre più le prestazioni. Negli anni le marche di motori che passano sotto alle mani dei Polini sono sempre di più e con essi matura la grande esperienza dei tre appassionati fratelli. La filosofia con cui Polini è nata e progredita resta ancora quella che guida l’attuale azienda: produrre a livello industriale personalizzazioni ed elaborazioni nate inizialmente per migliorare le prestazioni sui campi gara, mettendole a disposizione del grande pubblico. Col tempo la produzione si è concentrata verso un pubblico giovane e conseguentemente verso il mercato di scooter e minimoto. Passando per le elaborazioni della Vespa e del mitico Ciao si arriva ai giorni nostri con una fascia di età della clientela che per il 70% è inferiore ai 18 anni. La rete vendita Polini è presente in oltre 60 Paesi con 3.600 punti vendita e a parte l’Italia, che assorbe il 40%  della produzione, vede in Germania, Francia e Spagna i migliori mercati. È interessante notare come anche i mercati di Algeria e Polinesia siano fiorenti, segno che anche là si elaborano le piccole cilindrate come da noi. Nei mercati asiatici come Tailandia e Malesia, invece, Polini si scontra con i prezzi stracciati dei produttori locali, che risultano essere un grosso scoglio. Saimon Polini ci spiega come il mercato italiano risulti più complesso da seguire a causa del grande numero di modelli di scooter in circolazione, i quali richiedono un corrispondente numero di articoli prodotti in piccole quantità, ognuno dei quali ha bisogno di un concreto investimento iniziale. Nei mercati asiatici, invece, tutto risulta meno oneroso, perché esistono pochi modelli venduti in notevoli quantità e si possono fare grandi numeri con minori investimenti. La forza di Polini nel mondo è data da una gestione ricambi e assistenza capillare e di ottima qualità, grazie alla quale il marchio è riconosciuto e stimato ovunque. A conferma di questo basta navigare su qualche pagina del sito aziendale (www.polini.it) per notare un accurato orientamento agli utenti finali, anche stranieri, grazie a facili ricerche prodotto ed esplicite documentazioni tecniche e di montaggio per ogni articolo. pol1 A consolidare le redini aziendali della famiglia Polini, si sono recentemente aggiunti allo staff i figli dei tre fratelli fondatori: Denis e Iuri al reparto tecnico, Saimon al commerciale e Talin alla comunicazione e marketing, che lavorano a fianco dei genitori nella nuova sede aziendale di Alzano Lombardo in provincia di Bergamo, una moderna fabbrica disposta su due livelli per un totale di 13.800 m2 coperti. È appunto Saimon Polini a farci da cicerone in questa passeggiata all’interno dell’azienda ed è sua precisa scelta cominciare dal punto d’inizio del processo, cioè dall’ufficio tecnico. Questo è il punto nevralgico da cui nasce ogni progetto e da cui vengono estrapolati quote e dati che piloteranno le macchine utensili a controllo numerico. Ci viene spiegata l’importanza di poter passare dall’idea al primo prototipo di ogni componente nel minor tempo possibile, in modo da accorciare al massimo i tempi di realizzazione del prodotto definitivo. Per arrivare a questo l’ufficio tecnico è dotato di una misuratrice tridimensionale Mitutoyo, in grado di generare un modello cad partendo dal pezzo originale, per poi generare il prototipo tramite lavorazione dal pieno. A volte, per fare ancora più in fretta, si apportano le modifiche direttamente sull’originale per utilizzarlo nei test. Per ricavare i pezzi dal pieno viene utilizzata una macchina ad elettro erosione, capace di modellare perfettamente interi blocchi di materiale tramite maschere in rame e scariche elettriche. Quattro sale prova I test, per l’appunto, vengono effettuati in quattro sale prova, la prima delle quali ci ha più incuriositi perché dotata di un banco misurazione resistenza per i telai, che è stato totalmente progettato e realizzato in azienda. Il telaio, bloccato sul cannotto di sterzo, viene dotato di sospensioni bloccate, cioè prive di corsa, e di ruote dotate di pneumatici molto rigidi, poi si attiva un rullo dotato di varie gobbe metalliche, che girando insieme alla ruota posteriore stressa ciclicamente il telaio, lavorando anche 24 ore su 24. Una serie di sensori posti sui punti nevralgici ne arrestano il funzionamento non appena registrano qualche cedimento. I due piani del magazzino coprono un’area molto vasta e anche se la quasi totalità delle lavorazoni sono eseguite da terzisti, al loro interno il lavoro di spedizione, ricevimento e catalogazione di pezzi e ricambi è davvero corposo. Per precisa scelta aziendale, tutti i venerdì pomeriggio il magazzino viene inventariato a rotazione in alcuni settori, in modo da avere una sempre corretta situazione delle giacenze. La macchina che incide al laser il logo della casa sui ricambi non è solo bella da vedere mentre in qualche secondo esegue perfette incisioni sul metallo, ma ci dicono risulti un importante strumento per arginare la contraffazione, problema piuttosto sentito specialmente negli ultimi anni. La bilanciatura dei variatori è un altro lavoro di grande importanza, che Polini ha scelto di eseguire internamente per assicurarsi il voluto grado di precisione, dedicandovi un reparto all’interno del magazzino. La grande novità di quest’anno è la produzione in proprio di carburatori, con la quale Polini si mette in diretta concorrenza con Dell’Orto. Dopo anni di produzione dei carburatori Evolution, ottenuti modificando a dovere dei Dell’Orto, Polini ha pensato di crearli direttamente dotandoli da subito di tutti gli accorgimenti di un carburatore racing. Realizzati interamente in alluminio nei diametri dal 15 al 24, sono dotati di vaschetta più capiente, corpo molto corto e con un effetto Venturi accentuato dalla particolare forma concentrica del condotto. Tutte le misure vedono identico corpo esterno con sola differente alesatura del condotto. pol2 In occasione della nostra visita abbiamo avuto anche il piacere di guidare i due più prestanti maxiscooter sportivi del momento, uno Yamaha TMax e un BMW C600 Sport, accessoriati con alcuni pezzi made in Polini senza estremizzarli troppo, ma pensandoli per un divertente utilizzo stradale. Partiamo dal TMax che, essendo ormai una vecchia e stimata conoscenza di casa Polini, risulta quello con maggiore offerta di accessori rispetto al più giovane C600 tedesco. La prima e imprescindibile modifica da attuare per migliorare le prestazioni di uno scooter è mettere mano al sistema di pulegge della trasmissione, ovvero il variatore. Sul TMax troviamo infatti il variatore Evolution, che è quello più spinto dei due offerti a listino, e garantisce una più lunga escursione di cambiata rispetto all’originale. Opportunamente tarato con la doppia serie di rullini con cui viene fornito e se abbinato alla cinghia in Kevlar, dalla misura più stretta rispetto all’originale, l’Evolution è in grado di rendere al meglio e garantire intervalli di sostituzione uguali a quelli delle parti originali. Per chi poi cercasse il massimo di trazione in accelerazione è anche disponibile la versione con superfici di scorrimento ceramicate, che garantiscono maggior grip per la cinghia causandone però maggior usura. Per migliorare ulteriormente la continuità della cambiata, la molla di contrasto dell’Evolution, oltre ad essere più dura, è dotata di sistema antitorsione tramite flange e cuscinetto in plastica. Anche la frizione a dischi del TMax  è stata modificata con la Speed Clutch, che comprende molle più dure (3 differenti durezze: originale, media, hard) e dischi ad alta resistenza, per gestire al meglio il regime dell’innesto. Nessuna variazione è stata apportata sulla termica e sullo scarico, così come su impianto freni e sospensioni. Invece, a conferma del ruolo fondamentale dell’elettronica, il TMax è stato dotato di 2 centraline Polini: una ECU di gestione iniettori e una CDI per l’anticipo. La ECU, dotata di porta USB, è totalmente programmabile sostituendo la mappa con una di quelle preimpostate scaricabili dal sito, oppure creandone una in totale autonomia. La CDI contiene invece 3 mappe identificate da un colore e selezionabili sulla centralina: verde=originale, gialla=variatore con scarico originale, rossa=variatore con scarico modificato. Passando al tedesco C600S, più giovane e al momento meno diffuso, si è pensato a qualcosa di più sobrio, limitandosi alla sostituzione del variatore con un Hi Speed, dotato di rullini modificati e molla di contrasto originale, scelta decisamente in linea con il carattere dello scooter tedesco. Tutto il resto è rimasto originale. Un test con i due scooter kittati tra le curve e i bei paesaggi della val Seriana è stato fonte di vero divertimento. Di TMax elaborati ne abbiamo già visti parecchi in passato e dobbiamo dire che il 530, già di serie più brioso dei modelli precedenti, guadagna decisamente in scatto e accelerazione anche senza toccare la termica o lo scarico. La frizione richiede di salire sopra i 1.600 giri per cominciare a muovere la trasmissione e sebbene questo sia un regime non molto alto (alcuni scooter tirati attaccano a 3.000 giri) quello che fa la differenza è la rapportatura molto corta allo spunto, che fa salire in un attimo il contagiri fin poco sopra i 7.500 facendo letteralmente urlare il TMax. Ad ogni apertura decisa del gas le accelerazioni sono brucianti, tanto che parecchie volte abbiamo avuto l’impressione di riuscire a impennare di sola potenza, mentre in realtà perché la ruota anteriore si sollevi serve una pur minima gobba sull’asfalto. A dire il vero inizialmente il viaggiare sempre con il motore “urlante” e prontissimo nella risposta ci ha fatto subito pensare ai consumi, che inevitabilmente registrano un aumento. Apprezzabile invece la possibilità di mantenere il regime intorno ai 5.000 giri nella marcia cittadina semplicemente parzializzando il gas, cosa che non succede con tutti i variatori elaborati. Non osiamo pensare cosa potrebbe essere questo TMax con anche scarico e centralina debitamente mappata! Più diretto Almeno all’apparenza il C600S risulta leggermente più sobrio e l’impressione non viene smentita nella primissima parte delle accelerazioni da fermo, dove continua ad esserci una spinta debole fintanto che la frizione non ha preso del tutto. Ecco, da quel momento in poi, invece, il propulsore diventa più corposo e con il nuovo variatore risponde in modo più diretto, perdendo quel piccolo ritardo tipico del modello di serie. Il regime di cambiata sale solo di qualche centinaio di giri rispetto all’originale restando a livelli ancora tranquilli, ma nelle fasi di on-off il rendimento è decisamente migliore. Nel confronto diretto con lo scooter giapponese l’agilità è a tutto vantaggio di quest’ultimo, e anche in accelerazione il TMax parte come un proiettile, per venire solo in parte recuperato dal C600S in allungo. pol3

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