Come nasce un pneumatico

Come nasce un pneumatico

Redazione - @InMoto_it

01.11.2012 ( Aggiornata il 01.11.2012 10:21 )

Lo sviluppo di un pneumatico ha tanti segreti. Ecco come nasce un Pirelli, tra due continenti e quattro équipe diverse di specialisti che si confrontano di continuo   VI siete mai chiesti quanto lavoro c’è dietro le gomme che equipaggiano le vostre moto? Senza dubbio molto più di quanto immaginate. Perché un pneumatico, ancor prima di essere progettato, va pensato e, alla fine, collaudato. Un lavoro lungo e complesso, che sconfina nell’arte. Già, perché, nonostante anni e anni di sviluppo, nelle gomme non ci sono molte certezze, dal punto di vista della progettazione. I punti interrogativi sono numerosi (ecco perché spesso si parla di feeling, un concetto astratto, che ancora non può essere calcolato) e spesso la differenza non viene fatta dagli ingegneri ma dai collaudatori, artisti dotati di una sensibilità fuori dal comune, che lavorano nell’ombra ma rappresentano il vero valore aggiunto di una Casa costruttrice. Un efficiente reparto di sperimentazione, che negli ultimi anni ha sfornato tanti prodotti validi, è uno dei “plus” della Pirelli. Il segreto di questo successo lo abbiamo chiesto a Salvo Pennisi, il direttore dell’attività di sperimentazione di Pirelli moto. - Dove inizia la progettazione di un pneumatico? «Negli uffici del marketing e del R&D (ovvero il reparto di progettazione, n.d.r.), dove vengono continuamente analizzate le evoluzioni del mercato, le richieste degli utenti e anche i prodotti della concorrenza. Inoltre, ci sono delle persone che si occupano di raccogliere le impressioni della stampa. I giornalisti, infatti, sono gli unici che hanno la possibilità di testare, in molteplici condizioni e su varie moto, tutti i prodotti disponibili sul mercato. Quindi loro, cioè voi, sapete sempre qual è il prodotto di riferimento e perché». - Ogni mercato dovrebbe avere esigenze diverse. Come vengono gestite? «Esistono dei mercati premium, che hanno la precedenza. Di norma, i prodotti di questi mercati sono definiti global, quindi vengono distribuiti in tutto il mondo. Va anche detto che in alcuni Paesi del Sud America e dell’Asia, dove vengono immatricolate moltissime moto economiche, leggere e di piccola cilindrata, vendiamo pneumatici particolari, che nascono e crescono per soddisfare le esigenze di quelle zone». - Come è strutturato il reparto di sperimentazione della Pirelli? «Il quartier generale è in Sicilia, a Giarre, in provincia di Catania. Da lì si gestisce la presenza sulla pista test di Vizzola Ticino e su tutti gli altri siti di prova. Inoltre abbiamo una struttura di sperimentazione in Brasile, a Sumaré che risponde tecnicamente al centro di Giarre. Ovviamente tutte le nostre attività sono coordinate dal quartier generale di Milano, dove si trova anche la direzione R&D, che prende in mano i progetti dopo che il marketing ha deciso quali devono essere le caratteristiche finali dei nuovi prodotti. Quando il progetto si concretizza, ci vengono consegnati i prototipi e inizia il nostro lavoro di sperimentazione. Avere delle strutture in Italia e in Brasile, ci consente di fare spesso numerose prove anche con le stesse gomme nella stessa settimana con climi molto diversi. Ad esempio, a volte abbiamo testato delle mescole sia a Vizzola Ticino, con temperature prossime allo zero, e in Brasile, dove il loro inverno corrisponde alla nostra estate, con temperature sensibilmente più elevate. Così è più facile comprendere se una scelta è azzeccata, in quale condizione e perché». - Quali sono i vostri partner? «Siamo fornitori esclusivi di Ducati alla quale forniamo il 100% della gamma ed è anche per questo motivo che a loro possiamo fare delle proposte. Non è un fatto scontato, perché se devi sviluppare un pneumatico da mettere in commercio per tutte le moto, sei tu a decidere cosa fare. Quando lavori insieme a un costruttore, devi realizzare la gomma che ti viene chiesta. Anche con Ducati funziona così, però loro ci lasciano margine di manovra ed è grazie a questo margine, a questo rapporto particolare, che, ad esempio, è nata la gomma posteriore della Diavel, i pneumatici Scorpion Trail della Multistrada e il nuovissimo Angel GT della versione Gran Turismo presentata a Bilbao. Abbiamo un rapporto di collaborazione e fornitura molto stretto anche con BMW (anche con il marchio Metzeler, n.d.r.), MV Agusta e con il Gruppo Piaggio. Ultimamente Kawasaki ci ha affidato lo sviluppo delle coperture della Versys 1000 e con Honda (sulla RC30 debuttò il primo Pirelli radiale, n.d.r.) e Yamaha lavoriamo da tanti anni. Con Suzuki, invece, abbiamo un rapporto di collaborazione meno stretto». – Nello sviluppo di un pneumatico da moto ci sono molte incognite e poche certezze, perché non esistono programmi in grado di calcolare tutto con esattezza. Come si possono raggiungere gli obiettivi con queste premesse? «Infatti è difficilissimo. A volte ci viene chiesto di incrementare il grip del 5%, oppure la durata del 10%. Per farlo, ovviamente, non servono solo ingegneri e programmi, ma soprattutto un lungo e meticoloso lavoro di collaudo per bilanciare tutto alla perfezione Non c’è altra soluzione». - Quindi il collaudatore è importante almeno quanto l’ingegnere? «Io penso che il collaudatore, in un’azienda che costruisce pneumatici, ha un ruolo fondamentale. Innanzitutto va detto che pochi sono in grado di svolgere questa professione, perché bisogna avere una sensibilità e una cultura specifica fuori dal comune. Infatti, per realizzare una buona gomma non basta risolvere un’equazione. A volte, aumentando il grip si peggiorano le prestazioni. Sembra assurdo ma è così. Perché in moto il feeling conta più della prestazione. Oltre certi livelli, la“sincerità” vale più dell’aderenza. Per questi motivi, realizzare una gomma bilanciata è difficile. Ed è per questo che il collaudatore assomiglia a un artista. Il collaudatore lavora sulle sfumature. Quelle sfumature che non si possono calcolare». - Però anche la tecnologia di una gomma può fare la differenza. «Certamente. Faccio degli esempi. Oggi la tendenza è costruire pneumatici a spalla alta. Per farlo servono macchinari particolari, caratterizzati da una maggiore precisione. Se non li hai, non potrai mai costruire una buona gomma. Inoltre, le mescole sono costituite da microcomponenti che vengono miscelati. Banalmente, parlando di pneumatici “wet oriented”, a seconda delle macchine che possiedi per effettuare la miscelazione potrai usare elementi chimici di maggiore o minore dimensione molecolare. Questi ultimi, miscelandosi e disperdendosi in maniera più uniforme nel composto, ti consentono di realizzare una mescola con maggiore quantità di silice, senza controindicazioni». - Quali sarebbero queste controindicazioni? «La silice assicura un maggiore grip, soprattutto sul bagnato. Un pneumatico con maggiore quantità di silice, però, potrebbe non funzionare bene quando le temperature di esercizio salgono troppo. Questo accade quando, per esempio, non è possibile effettuare una buona miscelazione della mescola. Quindi, anche la tecnologia costruttiva incide sulla qualità di un prodotto». - Dedicate molto tempo ai test su fondo bagnato? «Dipende dal pneumatico. Una gomma racing da asciutto, ovviamente, non è pensata per avere un eccellente rendimento sul bagnato. Diciamo che le gomme più difficili da sviluppare sono quelle delle sport touring e quelle delle crossover. Con questi pneumatici percorriamo moltissimi chilometri sul bagnato e trovare un buon bilanciamento è complicatissimo. Per esempio, molti pensano che le gomme con ampi incavi funzionino meglio, in caso di pioggia. Non è vero. Almeno, non in tutti i casi. Dipende dalla mescola che scegli e dalla struttura di sostegno che hai. Infatti, se gli incavi sono troppo ampi e la mescola è morbida o la struttura flette oltre il dovuto, in frenata e in accelerazione questi incavi tenderanno a chiudersi, riducendo la capacità di drenaggio dell’acqua della gomma». - L’intervento dell’ABS e del traction control possono influenzare il rendimento di una gomma? «Certamente, perché con l’ABS e il traction control, in frenata e in accelerazione, i pneumatici non sono sottoposti a uno stress lineare, in quanto questi sistemi tagliano più volte e velocemente la forza frenante e la potenza erogata. Quindi, a volte, anche le caratteristiche del pneumatico vanno cambiate». 12269oir – Di fatto, la sede principale del reparto sperimentazione di Pirelli moto è la struttura di Giarre. Come è organizzato il vostro lavoro? «Esistono diverse aree, definite piattaforme: sport e supersport; sport touring e scooter; enduro e grandi enduro; primo equipaggiamento. Ogni piattaforma ha un suo responsabile che è un super specialista del segmento. Conoscere perfettamente il prodotto che si sta sviluppando è importante ma è anche un rischio, perché ci si abitua ai difetti, che si trasformano in caratteristiche. Per questo motivo, a un certo punto dello sviluppo si organizzano dei test, che di norma durano due giorni e durante i quali i membri delle varie aree provano i pneumatici sviluppati dai colleghi in una vera e propria presentazione del prodotto. A volte, dopo questi test, si effettuano delle modifiche al prodotto, che lo migliorano». - Non tutti faranno sempre lo stesso lavoro... «Esatto. Alcune équipe si occupano dello sviluppo in area comportamento, altre della resa chilometrica. Sono due lavori molto differenti, entrambi difficili, per motivi diversi. Chi si occupa dello sviluppo deve possedere una elevatissima sensibilità, perché, ad esempio, deve capire e soprattutto spiegare, perché un profilo è migliore di un altro. Chi si occupa della resa chilometrica, in media, percorre 500 chilometri al giorno su strada, distanza che cala abbastanza quando si affrontano dei tratti off road. Pioggia, freddo, caldo torrido, chi effettua i test di resa chilometrica non si deve fermare davanti a nessuna insidia. Ed alla lunga non è facile». - Quando guidi i pneumatici di un determinato costruttore, alcune caratteristiche ti fanno capire quale stai usando. Ogni gomma ha un proprio carattere. Come è possibile? «È uno dei segreti del collaudatore. È assolutamente vero. Ogni pneumatico ha un carattere, che viene deciso a tavolino. Quello che si definisce carattere è l’anima della gomma. Quando si usa una Pirelli, te ne devi accorgere. Devi sapere che stai guidando una Pirelli. In pratica, è come se noi dovessimo plasmare i nostri prodotti, dando loro un’anima. Una gomma supersport e una sport touring, pur avendo prestazioni diverse, devono trasmettere lo stesso feeling. Devono essere delle Pirelli. Per arrivare a comprendere e lavorare su queste sfumature, occorrono anni e anni di esperienza. Pochi sono in grado di svolgere bene un lavoro del genere».

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