Che cosa succede- 1a puntata - metto in moto

Che cosa succede- 1a puntata - metto in moto

Redazione - @InMoto_it

01.04.2012 ( Aggiornata il 01.04.2012 13:40 )

L’avviamento è una fase cruciale della vita del motore, che dalla condizione di totale riposo viene improvvisamente richiamato a dare il massimo. Vediamo in dettaglio che cosa succede, a livello di meccanica Premere il pulsante della messa in moto è un’operazione di una semplicità incredibile. Basta poi ruotare leggermente la manopola del gas e il motore frulla che è un piacere, rispondendo prontamente. Fino a non molti anni fa però le cose non erano così facili. Addirittura una volta l’avviamento a pedale poteva anche rivelarsi piuttosto laborioso, in presenza di cospicue cilindrate unitarie. Poi sono arrivate le accensioni elettroniche e gli alzavalvola, seguiti dai decompressori automatici; infine nella maggior parte dei motori i sistemi di iniezione hanno sostituito i carburatori. Come risultato, la situazione è migliorata enormemente. Però va detto che a trasformare davvero le cose sono stati i motorini di avviamento, adottati inizialmente sulle moto di grossa cilindrata e in seguito anche su quelli più piccoli e addirittura, in tempi recenti, su diverse realizzazioni estremamente specialistiche come i modelli destinati al fuoristrada agonistico. In ogni caso, perché il motore si possa avviare è necessario che, almeno per qualche attimo, l’albero a gomiti venga portato a una velocità di rotazione dell’ordine di 60-100 giri/min. Come ovvio, le cose vanno assai meglio se il motore è già caldo e se la temperatura ambiente non è molto bassa. A freddo il motorino di avviamento si trova a dover vincere una resistenza iniziale piuttosto considerevole in quanto le varie parti mobili (fondamentalmente si tratta del gruppo pistone-segmenti all’interno della canna del cilindro) sono pressoché “incollate” tra loro. Anche una volta avvenuto il “distacco” l’olio, molto viscoso alle basse temperature, non agevola certo il movimento. Insomma, il motorino ha un compito decisamente gravoso da svolgere. Quando fa freddo, anche la batteria ha il suo daffare. Le reazioni chimiche al suo interno, alle quali è legata l’erogazione di corrente, avvengono infatti più lentamente e questo proprio mentre è massima la richiesta di energia (da parte del motorino); la batteria si può trovare quindi in condizioni di seria difficoltà, in inverno. Le accensioni elettroniche moderne assicurano scintille molto vigorose e i sistemi di iniezione permettono, anche all’atto dell’avviamento, una nebulizzazione del carburante decisamente migliore di quella che forniscono i carburatori. Nonostante questo, perché il motore si avvii senza difficoltà e quindi funzioni regolarmente a freddo, occorre impiegare una dosatura della miscela molto più ricca di quella che si utilizza alla temperatura di regime. Il pistone inizia a muoversi all’interno della canna, aspirando la miscela aria-benzina e quindi comprimendola. La scintilla che scocca tra gli elettrodi della candela provvede poi ad accenderla e a fare pertanto avvenire la combustione. Le difficoltà che si possono incontrare nascono dal fatto che all’avviamento la temperatura di fine compressione è bassa, che la turbolenza impartita alla miscela è estremamente ridotta e che anche la distribuzione del carburante in seno alla massa gassosa tende a non essere omogenea. Inoltre, la vaporizzazione del carburante stesso risulta molto più problematica e si possono anche verificare dei fenomeni di ricondensazione sulle pareti metalliche ancora fredde (in massima parte ciò avviene all’interno del condotto di aspirazione, tra il corpo farfallato e la valvola). Per fare arrivare alla zona tra gli elettrodi della candela una miscela che abbia elevate possibilità di accendersi si impiegano pertanto miscele a titolo molto ricco. Quando l’albero inizia a girare le pareti metalliche sono ancora fredde. Questo significa che tra i gas e le pareti stesse esiste una grande differenza di temperatura, che si traduce in un forte assorbimento di calore; il rendimento del motore risulta basso in quanto è maggiore la quantità di energia assorbita dalla testa e dal cilindro ed è minore la quota che viene trasformata in energia meccanica. È anche problematico ottenere una combustione completa o quasi e le perdite per attrito risultano molto elevate. Questa situazione migliora mano a mano che la temperatura del motore aumenta. Inoltre proprio nei primissimi attimi di funzionamento la modesta velocità di rotazione non consente di ottenere un buon lavaggio e quindi all’interno del cilindro rimane una considerevole quantità di gas combusti mentre, se la fasatura di distribuzione è abbastanza spinta, si ha una notevole fuoriuscita di miscela fresca  allo scarico. La marmitta catalitica non ha ancora raggiunto una temperatura tale da consentirne l’entrata in funzione (ovvero, per esprimerci in termini tecnici, non è ancora arrivata al “light off”) e quindi le emissioni di idrocarburi sono particolarmente elevate, anche se al motore viene fornita una quantità di carburante modesta, nell’unità di tempo. A FREDDO i giochi tra i vari organi meccanici sono diversi da quelli che si hanno a caldo. Questo è dovuto al fatto che i materiali si dilatano, al crescere della temperatura. In fase di progetto si studiano gli accoppiamenti tra le varie parti in modo da avere il gioco ottimale una volta raggiunta la temperatura di funzionamento normale. Si tiene però anche conto delle dilatazioni e quindi si determinano i giochi che si devono adottare al montaggio, e quindi alla temperatura ambiente. Alcuni componenti a caldo non solo variano le loro dimensioni, ma cambiano anche la loro geometria. Ciò è dovuto al fatto che una volta a regime, la temperatura che essi raggiungono non è uniforme ma varia, diminuendo mano a mano che ci si allontana dalla zona che viene direttamente lambita dai gas in combustione o di scarico. Inoltre, ha una forte influenza anche la distribuzione del materiale. Il caso dei pistoni è classico, sotto questo aspetto. Pure le valvole hanno una estremità calda e una fredda e in certi casi per questa ragione sono dotate di uno stelo che non è perfettamente cilindrico ma ha un diametro leggermente minore dalla parte che va a unirsi al fungo. Gli organi meccanici per i quali l’avviamento è forse più “traumatico” sono le bronzine. Prima che si riempia il meato (ovvero lo spazio tra il perno dell’albero e la bronzina) non è possibile che si instauri la lubrificazione idrodinamica, con completa separazione delle superfici metalliche da parte di un velo d’olio di congruo spessore. All’inizio si può contare solo su quel po’ di lubrificante rimasto attaccato alle superfici, insufficiente per sopportare il carico e per evitare il contatto tra le microscopiche asperità. Il perno gira in queste condizioni critiche (lubrificazione limite o, nel migliore dei casi, mista) fino a quando non arriva l’olio erogato dalla pompa. Il tempo necessario può essere brevissimo o no, a seconda delle caratteristiche del circuito, della portata della pompa, della sua posizione (meglio se è immersa nella coppa) e della viscosità dell’olio. Siccome quest’ultima dipende dalla temperatura, a freddo la situazione risulta più critica. L’olio, più viscoso, scorre meno agevolmente. Di conseguenza quello erogato dalla pompa non solo impiega più tempo per raggiungere i vari punti del circuito, ma attiva ai vari organi in quantità minore. Una conseguenza importante della viscosità più elevata è infatti una maggiore pressione. A freddo questa potrebbe essere troppo alta, con problemi per gli elementi di tenuta e un elevato assorbimento di potenza da parte della pompa, se non ci fosse una valvola limitatrice. Quando la temperatura è molto bassa, tale valvola si apre lasciando sfogare all’esterno la maggior parte dell’olio erogato dalla pompa. MANO A MANO che il motore si riscalda la sua viscosità diminuisce e la valvola si chiude progressivamente. Alla temperatura di regime essa si apre, in una certa misura, solo alle alte velocità di rotazione. A freddo invece è aperta anche a velocità piuttosto basse. Si deve anche tenere presente che per raggiungere dalla pompa la canalizzazione principale, che lo porta alle bronzine di banco, l’olio deve prima passare attraverso il filtro a cartuccia. Questo comporta un aumento del tempo necessario per arrivare agli organi da lubrificare e una lieve perdita di carico. Per questa ragione in svariati motori moderni il circuito di lubrificazione è dotato di una valvola che, a freddo, consente di bypassare il filtro. Come appare evidente, se i cuscinetti di banco e di biella sono a rotolamento, la situazione all’atto dell’avviamento e negli attimi immediatamente successivi è decisamente migliore, per quanto riguarda la lubrificazione. Questi componenti sono ben poco esigenti sotto questo aspetto e non funzionano in regime idrodinamico. Basta pensare a quelli dei motori a due tempi, per i quali è sufficiente una semplice nebbia d’olio, anche nelle condizioni di funzionamento più severe. L’olio ci mette più tempo per arrivare alle bronzine di biella, uscendo dalle quali viene poi lanciato tutt’attorno e va quindi a lubrificare i cilindri e i gruppi pistone-segmenti. Questi ultimi devono quindi affidarsi, nei primi attimi di funzionamento del motore dopo l’avviamento, a quel poco di olio che rimane attaccato alle superfici metalliche. Sono quindi importanti le caratteristiche di adesività e di untuosità del lubrificante. In ogni caso nei motori moderni l’olio arriva alle bronzine rapidamente; perché però, dopo l’avviamento, venga messo in pressione tutto il circuito, occorrono in genere alcuni secondi. La zona alla quale l’olio impiega più tempo per arrivare è la testa, con gli organi mobili in essa alloggiati. Oggi la situazione è comunque decisamente buona ma in passato non pochi motori hanno avuto dei problemi a livello di usura dei pattini dei bilancieri e/o delle camme proprio perché l’olio impiegava troppo tempo per raggiungerli, dopo l’avviamento del motore. Tra gli eccentrici e i cedenti (punterie o bilancieri) si raggiungono pressioni di contatto elevatissime ed è pertanto essenziale che questi componenti possano godere di una adeguata lubrificazione. Sono essenziali qui le caratteristiche tribologiche dell’olio (e non la sua viscosità, come avviene nel caso di lubrificazione idrodinamica), non solo negli attimi che seguono la messa in moto, ma anche nel funzionamento normale del motore.  12051f9x

  • Link copiato

Commenti

InMoto in abbonamento