Tecnica - Come è fatto uno pneumatico: conosciamo le gomme

Tecnica - Come è fatto uno pneumatico: conosciamo le gomme

Piero Misani della Pirelli Metzeler ci racconta le ultime novità in fatto di pneumatici, numerose le evoluzioni tecniche con l’obbiettivo principale della sicurezza

Ugo Passerini

26.10.2017 ( Aggiornata il 04.11.2017 11:44 )

Quella parte della moto di gomma nera e tonda, chiamato pneumatico, come è stato notato più volte, è l’unica componente attraverso la quale si realizza il contatto col terreno. Di lì passa tutto quello che gli ingegneri hanno progettato, i tester hanno messo a punto e una fabbrica ha poi messo insieme. E lì si scarica tutta l’esperienza, la capacità, la velleità e “l’insensibilità” di qualsiasi pilota. La complessità del pneumatico è insospettabile.

CE LO RACCONTA l’ing. Piero Misani, direttore R&D Pirelli Metzeler, padre del radiale zero gradi e della rivoluzionaria tecnica costruttiva a filo continuo MIRS. «Pirelli vive di prodotto, e chi sceglie gli pneumatici per la propria moto è un consumatore attento e preparato, in parte influenzato dal primo equipaggiamento, dalla credibilità tecnica del marchio, poi dagli opinion leader, dal passaparola, da quanto pubblicato su riviste, siti, forum, blog... Noi dobbiamo essere quindi veloci e consistenti nella fase di sviluppo (per quanto questa sia lunga e complessa), ma soprattutto essere in grado di soddisfare appieno e, se possibile, anticipare i bisogni di tutti questi differenti e importanti “clienti” , grazie alle nostre tecnologie e al know-how di sviluppo e testing».

INIZIAMO QUESTO VIAGGIO DENTRO ALLO PNEUMATICO - «Partiamo dalla carcassa. I pneumatici da moto combinano tecnologie diverse, mentre per le auto c’è ormai solo quella radiale. La radiale a 0° con cintura in acciaio è la più efficiente: la carcassa funziona come un cerchio a raggi, dove i cord delle tele di carcassa sono disposti appunto radialmente, cioè come un prolungamento di ideali raggi di un cerchio; quindi tali cord “lavorano” solo se in tensione, cioè quando sono nella metà alta del complesso ruota. C’è poi la cintura che da un lato contiene la spinta centrifuga dovuta alle masse in rotazione ad alta velocità, dall’altro contribuisce in modo determinante alla guidabilità assicurando anche stabilità sul rettilineo. In curva, rispetto al pneumatico convenzionale cross ply o Xply, “spinge” di più, quindi assicura una migliore capacità di tenuta della traiettoria.

La struttura Xply, a tele incrociate, ha due o più strati di tali tele sovrapposti, a seconda delle caratteristiche di velocità e carico (e quindi anche peso) chi gli sono richieste. Le caratteristiche di guida e di stabilità vengono poi ottenute agendo opportunamente anche sull’inclinazione con cui gli strati (costituiti da cordicelle tessili rivestite in gomma) sono sovrapposti. In questa struttura, non essendoci una distinzione tra carcassa e cintura, “tutto fa di tutto” (le due funzioni di sostegno e guidabilità). Il bias belted, “cintura diagonale”, è di fatto un Xply a cui viene sovrapposta una cintura, costituita soprattutto di aramide (fibra sintetica) di due o più strati incrociati (anche qui a seconda delle caratteristiche di carico e velocità) che si occupa di contenere la deformazione dinamica, mentre la carcassa incrociata ne determina la rigidità e la capacità di carico».

UN ACCENNO ALLA TECNOLOGIA PRODUTTIVA nota in Pirelli come MIRS (Modular Integrated Robotic System). «Rispetto ai metodi tradizionali di produzione adottati da tutti i principali costruttori di pneumatici, questa tecnologia altamente innovativa, al di là dei vantaggi di qualità, flessibilità e produttività industriale, permette di costruire la struttura a partire da fili singoli e il battistrada con una striscia continua di gomma spiralata; così facendo si ha un controllo assoluto delle geometrie e una totale mancanza di “giunte” dei diversi elementi dello pneumatico, permettendo di raggiungere elevatissimi livelli qualitativi e di performance.

Dal punto di vista industriale, la flessibilità produttiva garantita da questo processo produttivo, permette di programmare il macchinario per arrivare alla realizzazione di esemplari unici. La cintura a 0° in acciaio accoppiata alla carcassa radiale, è universalmente adottata su tutti gli pneumatici radiali prodotti (fino agli scooter) ed è la stessa che Pirelli adotta sugli pneumatici da competizione superbike (il Gruppo Pirelli ha la prima fornitura per i principali modelli racing replica di tutte le Case); questa scelta costruttiva ci permette di sfruttare in maniera efficace tutta l’esperienza fatta in pista riportandola sul prodotto di serie.

È un grande vantaggio nella definizione di un nuovo pneumatico, soprattutto se si dispone anche di una banca dati immensa di correlazione tra parametri costruttivi dello pneumatico e risultati di testing, che ci fa partire già con una buona base per la sua costruzione e messa a punto».

PASSIAMO ALLE ALTRE COMPONENTI - «Il tallone è quella parte del pneumatico che è a contatto col cerchio, nei tubeless fa tenuta alla pressione dell’aria interna, ed ha una sua mescola particolare. Al suo interno c’è un filo d’acciaio, il cerchietto, che assicura l’ottimale accoppiamento con il cerchio nel punto in cui tutte le forze generate sotto l’impronta dello pneumatico vengono trasferite al telaio della motocicletta attraverso il cerchio stesso. Sopra, cioè immediatamente all’esterno verso la circonferenza maggiore del pneumatico, c’è un triangolino di gomma che è il riempimento tra la tela esterna e l’interna.

L’interno dello pneumatico è costituito da uno strato in butile (liner) per garantire la sopracitata tenuta d’aria e la costanza della pressione di gonfiaggio. In sostanza il pneumatico è assemblaggio di elementi tenuti insieme durante la fase costruttiva dalla “appiccicosità” delle mescole allo stato plastico, che vengono poi “fissate“ nel definitivo stato elastico indeformabile durante il processo di vulcanizzazione, in cui lo pneumatico assume finalmente il suo aspetto definitivo (profilo, disegno battistrada, diciture...). Tutti, parlando di mescole, pensano immediatamente alla mescola del battistrada, quella che garantirà il grip e la durata ma, in ogni pneumatico, ci possono essere oltre dieci diverse mescole, ognuna con la sua specificità (liner, fianco, riempimento, battistrada multimescola...); ogni singola mescola è più un mix di quasi venti singoli componenti.

Quando si parla di mescola si tratta infatti di un composito fatto da polimeri (essenzialmente sintetici) rinforzati con delle “cariche” note come nero fumo o silice, e con la presenza di altri elementi chimici quali oli, resine (generatrici di grip, quelle che “scrivono” le sgommate sull’asfalto) , acceleranti, protettivi ecc.

Per dare un esempio delle diverse necessità e quindi delle diverse formulazioni delle singole mescole, basta pensare che, se per un battistrada si parla di grip e resa, per i fianchi dello pneumatico gli obiettivi sono la resistenza ad eventuali colpi e la protezione dello pneumatico dall’azione dell’ossidazione ed invecchiamento dovuto alla esposizione all’aria, agenti atmosferici, ozono e raggi UVA. Va da sé che tutti i componenti di queste due mescole saranno profondamente diversi ed orientati a soddisfare le sopracitate diverse caratteristiche».

QUANTO TEMPO CI VUOLE perché uno pneumatico sia definito in tutti i particolari? - «Il ciclo di sviluppo di un pneumatico è di circa due anni, e si inizia con simulazioni al computer per sveltire in un primo tempo il lavoro dell’R&D (che ha la sede a Milano). Dopo questa fase “virtuale” segue comunque una prima fase di sperimentazione nella quale la verifica del disegno battistrada, che serve soprattutto ad evitare l’effetto aquaplaning sul bagnato cioè quando il pneumatico deve rompere il velo d’acqua sull’asfalto in caso di pioggia, si esegue anche per intaglio a mano.

Tale disegno deve poi anche soddisfare esigenze estetiche dettate dal marketing per rendere il prodotto non solo “accattivante” ma immediatamente riconoscibile come appartenente alla famiglia Pirelli. La fascia battistrada, che può essere costituita da una o più mescole (mono o multi compound) deve anche ottimizzare esigenze spesso opposte di tenuta in ogni condizione di asfalto e temperatura e di durata nel tempo; è la fase che richiede probabilmente un maggiore lavoro di interazione tra sviluppo prodotto e testing.

Questa collaborazione diviene poi fondamentale nella succesiva fase di sviluppo, quando si lavora sulla struttura e sui materiali, è questa infatti la fase in cui le simulazioni lasciano spazio ai tester. Il tutto deve essere supportato dalla disponibilità di un parco moto di prova importante in quanto non esiste il comportamento di uno pneumatico a sé stante, ma di quel pneumatico su quella specifica moto. E qui la capacità di prova del nostro testing ci permette di verificare ed enfatizzare una delle carattiristiche tipiche degli pneumatici Pirelli: la versatilità».

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