Muscolo, maschio, mischia, muschio&hellip; parole a caso, indice di follia, come folle fu la Yamaha V-Max nel 1985. Rompeva gli schemi per ogni tipo di segmento allora ben definito: sportive, custom, cruiser, turistiche, la V-Max non rientrava in nessuno di questi ma aveva di ognuno qualche traccia nel profondo dell&rsquo;anima. Le prestazioni sicuramente da sportiva, anzi super, lo stile generale da custom, l&rsquo;impostazione da cruiser e, per quanto riguarda le moto da turismo, il motore, quattro cilindri a V di 1198 cm3 derivava pari pari dalla grande turistica Venture, bench&eacute; rivisto e potenziato. A ben guardare anche le folli parole iniziali si legavano bene alla grossa giapponese: i muscoli erano quelli che si diceva servissero per gestire a dovere la moto, soprattutto da ferma, visti i 265 kg. E comunque nell&rsquo;immaginario collettivo la moto era ben vista con a bordo un pilota di una certa stazza: maschio perch&eacute; la moto non era certo per femminucce, nel peso, come gi&agrave; detto, nelle dimensioni, nelle caratteristiche di guida, di potenza e di erogazione; mischia perch&eacute; davvero richiamava una fase di gioco tipica del football americano, mercato quest&rsquo;ultimo per il quale la V-Max &egrave; stata pensata, e muschio per il richiamo a un dopobarba con il quale un uomo non avrebbe mai dovuto chiedere; proprio come il proprietario della moto, non avrebbe desiderato nulla di pi&ugrave; e nulla di meglio.  a questo proposito la V-Max era una moto, come qualche altra di grande personalit&agrave; del resto, che si amava o si odiava, mai indifferente e di sicuro il tempo passato non le ha lasciato segni addosso, come un novello Dorian Gray; per quanto pu&ograve; interessare ai lettori, l&rsquo;autore dell&rsquo;articolo non si &egrave; fatto coinvolgere dalla muscolosa moto, e deve ammettere che non ci si avvicina troppo, per prudenza; ma dopo questo breve e fugace incontro, chiss&agrave;&hellip; Una grossa moto, forse, difficile, forse pesante, forse troppo potente, mal frenata e con doti dinamiche non eccelse; forse, ma forse anche no e comunque quelli bravi davvero in moto ci fanno tutto e bene, quelli meno bravi un po&rsquo; meno e cos&igrave; via, a scendere. In realt&agrave; la V-Max era una grossa e potente moto giapponese anni &rsquo;80, di quelle tipe un po&rsquo; strane ma sana e gradevole; soprattutto non era una moto da prendere sottogamba e riguardo alle presunte doti fisiche necessarie per l&rsquo;uso, citiamo una famosa frase di Franco Uncini, campione del mondo classe 500: &laquo;La moto la devo guidare, mica spezzarla in due&raquo;... E cos&igrave; seguendo questa idea, sacrosanta, mettendosi a cavallo della V-Max si nota la seduta bassa e la discreta comodit&agrave; dell&rsquo;insieme sella-manubrio-pedane, queste ultime per&ograve; scomode e fastidiose nelle manovre da fermo sulla moto. Il motore &egrave; svelto all&rsquo;avviamento sia a freddo che a caldo e dopo qualche secondo di borbottii e starnuti, forse dovuti ai comunque precisi ed affidabili carburatori a depressione, si nota la totale assenza di vibrazioni e si apprezza il cupo ronfare del V4. Prima marcia dentro e via: la moto parte leggera e docile, solo una lieve tendenza del davanti a cadere in curva, ben controllabile con una piccola apertura del gas in percorrenza, accelerazione e ripresa al di sopra di ogni sospetto e una frenata che riesce a rassicurare il pilota che si avvicina alla V-Max con un filo di necessario rispetto; quello che le dimensioni, la potenza e l&rsquo;et&agrave; consigliano ad un motociclista prudente. Non &egrave; evidentemente moto da gare in salita ma si riesce comunque ad avere un bel piacere alla guida di questa moto nata per i lungomare americani ma che ben si comporta anche nella vecchia Europa.  Nella &ldquo;guida all&rsquo;acquisto&rdquo; su In Moto n. 6/2012 si faceva riferimento ad una serie di mode che la Yamaha lanci&ograve; nel mondo della motocicletta; ecco, la V-Max &egrave; il manifesto di questa tendenza: non esiste una concorrente di questa moto e mai &egrave; esistita e pur avendo qualche anno sul groppone (ormai &egrave; anche iscrivibile tranquillamente ai vari registri storici), sfidiamo chiunque a trovare un motociclista che nei vari ritrovi pieni di novit&agrave;, la bolli come vecchia e superata e non le butti uno sguardo ancor oggi ammirato. Stessa sorte all&rsquo;attuale modello, se possibile ancora pi&ugrave; tonico e aggressivo, e dalle qualit&agrave; di guida, per altro, migliori di un bel po&rsquo;.  Ma veniamo alla moto pi&ugrave; in particolare: presentata alla fine del 1985, fu progettata da ingegneri giapponesi ma creata nell&rsquo;idea e nella sostanza da Ed Burke, uomo Yamaha negli States che ben conosceva gusti e tendenze di quel mercato, allora il pi&ugrave; importante del mondo. Lo fece riallacciandosi alla cultura motoristica pi&ugrave; radicata negli USA, quella delle hot rod e delle muscle car. In un&rsquo;epoca di promesse e idee sul futuro e sulla mobilit&agrave; in generale, quando si parlava di moto post-atomiche, in attesa di apocalissi prossime venture, quando i film pi&ugrave; visti e di successo parlavano di 1997, Fuga da New York ed Interceptor, la V-Max sembrava davvero la moto ideale per il personaggio interpretato dall&rsquo;attore Mel Gibson, Mad Max, e c&rsquo;era pure un&rsquo;evidente assonanza nel nome. Una moto del genere non poteva che avere successo. E comunque parliamo di un prodotto fatto davvero come si deve: finiture alla giapponese e quindi assolutamente perfette, con l&rsquo;aggiunta dell&rsquo;opulenza americana; un motore, per il mercato americano, con 145 cavalli, che all&rsquo;epoca erano un&rsquo;enormit&agrave;; un aspetto gratificante e coinvolgente sotto ogni punto di vista, una personalit&agrave; assoluta e una dotazione tecnica di tutto rispetto, di certo non inferiore a nessuna moto a lei contemporanea.  La prima serie, cerchi a razze e fianchetti lisci, fabbricata fino al 1989, &egrave; quella che oggi, ben pi&ugrave; rara, stuzzica maggiormente l&rsquo;interesse dei collezionisti, ma le serie successive hanno comunque ben poco da invidiare all&rsquo;originale e del resto si differenziano in pochissimi particolari. Il pi&ugrave; evidente sta nei cerchi lenticolari, pi&ugrave; futuristici ma meno belli e personali. La moto &egrave; rimasta comunque in regolare produzione ben oltre le soglie del nuovo millennio, per la gioia dei numerosissimi e fedelissimi fan sparsi in tutto il mondo, in particolare in Francia dove ne esiste un vero e proprio culto. La moto si presta facilmente ad elaborazioni pi&ugrave; o meno profonde ma oggi merita grande rispetto e quelle radicali, a parer nostro, sarebbero da evitare. La V-Max resta comunque una moto moderna e come tale affidabile e senza punti deboli, a maggior ragione se mantenuta originale. Ha una discreta disponibilit&agrave; di ricambi. Senza dubbio per tanti motociclisti &egrave; un bell&rsquo;acquisto.  

Uno dei modelli pi&ugrave; affascinanti della storia della produzione motociclistica &egrave; anche uno dei pi&ugrave; irrazionali. Ma pure uno dei pi&ugrave; &ldquo;sinceri&rdquo; nella sua impostazione inequivocabile 