        Look spigoloso, semimanubri, semicarena, cupolino e doppio faro rotondo anteriore. Sembra che stiamo descrivendo una sportiva degli anni '80, di quelle con i 4 cilindri in linea raffreddati ad aria, ma in realt&agrave; si tratta di qualcosa di molto, molto diverso: &egrave; la CFMOTO Papio SS e al contrario delle bestione che vi abbiamo riportato alla mente, questa &egrave; una piccola 125cc con ruote da 12". Leggi anche: LA MOTOTERAPIA DIVENTA LEGGE? VANNI ODDERA: "&Egrave; IL PRIMO PASSO VERSO IL FUTURO" Una racer tascabile  Non ha la pretesa di essere una moto da gara, anzi, &egrave; un prodotto dedicato quasi unicamente agli spostamenti brevi, essendo poco comoda per il pilota, estremamente scomoda per il passeggero e senza la possibilit&agrave; di portare bagagli. Il motore &egrave; un monocilindrico 4 tempi da 126cc e 9,4 CV a 8.250 g/min, niente di esaltante ma che grazie al peso di soli 113 kg pu&ograve; dare molto divertimento.&nbsp; Le forme sono affascinanti, evocative e simpatiche, ispira voglia di andare a fare le sgumme nei parcheggi e il suo stile ha gi&agrave; conquistato molti motociclisti d'oltreoceano che sono stati rapiti dal look anni '80 e dalle particolarit&agrave; stilistiche come il codino con il doppio faro rotondo associato allo scarico sottocoda centrale e il faro a LED anteriore diviso in due elementi circolari che la fa sembrare una vecchia moto da Endurance. Leggi anche: TEST WOTTAN STORM-R 300, I VOTI DEL #SOTTOESAME Perch&egrave; da noi non c'&egrave;?  Negli USA questa tipologia di moto &egrave; una moda. Da loro si &egrave; diffusa, tanti anni fa, la mitica Honda Monkey, e nel nuovo millenno la pi&ugrave; venduta (ed elaborata) della categoria &egrave; la Honda Grom, quella che da noi &egrave; stata venduta come Honda MSX 125, ma che non ha avuto minimamente il successo che ha riscosso negli Stati Uniti. &Egrave; per questo motivo che CFMOTO non importa il modello, nemmeno della Papio in versione standard, che &egrave; una versione pi&ugrave; convenzionale con manubrio alto e look da naked. Eppure, di non avere la Papio SS qui da noi, un po' ci dispiace. Questa motina racchiude una dimensione nostalgica, evocativa ed &egrave; allo stesso tempo un esempio ammirevole di stile che mischia elementi del passato a linee tutto sommato futuristiche ed inusuali. In questa nicchia non c'&egrave; spazio per la seriet&agrave;, e gli stessi designer si saranno divertiti a creare qualcosa di fuori dagli schemi, per un segmento che di logico ha ben poco.&nbsp;&nbsp;         

&Egrave; bellissima ed &egrave; un successo negli Stati Uniti, dove queste moto supercompatte sono un cult, ma il marchio cinese non la importa in Italia

CFMOTO Papio SS, la mini caferacer che non puoi comprare

Come arrivare preparati al Gran Premio di Aragon in Spagna, sei ti chiami Johann Zarco e sei un pilota Ducati del team Pramarc Racing in corsa nel Mondiale MotoGP? In aereo, penserebbero i pi&ugrave; banali. Invece no, si pu&ograve; salire su una vecchia Ducati del 1981 e partire all&rsquo;avventura.    Ducati del 1981 in prestito  La notizia si &egrave; sparsa in tutta la rete: Zarco si &egrave; fatto immortalare con la Ducati 900 SS Darmah del 1981 di propriet&agrave; di un amico, il giornalista della tv francese Adrian Parassol, ed &egrave; partito dall&rsquo;Italia alla volta della Spagna arrivando ieri a destinazione. Quasi 1.000 km percorsi sulla Ducati indossando la tuta della Pramarc Racing, attraversando le Alpi e passando per Andorra. &ldquo;&Egrave; stata un&rsquo;idea del team, la stavano pianificando da alcuni mesi&rdquo; ha commentato Zarco: &ldquo;Il piano era di andare con la Multistrada, ma scherzavano dicendo che non era permesso arrivare con una moto prodotta dopo il 2000. Ho mandato una foto di questa vecchia Ducati e mi hanno detto &ldquo;Sei un uomo, verrai con quella!&rdquo;. Siccome io sono un po&rsquo; stupido, ho detto che lo avrei fatto&rdquo;.  Un team felice  Qualche problemino tecnico durante il viaggio, in cui &egrave; stato accompagnato da altri centauri per monitorare la situazione. L&rsquo;ultimo tratto, quello spagnolo, &egrave; ben noto a Zarco, che si &egrave; divertito un mondo: &ldquo;&Egrave; divertente avere nel paddock cos&igrave; tanti ragazzi, vecchi meccanici, persone con cui non ho parlato per dieci anni, che vengono e mi dicono &ldquo;buon lavoro Zarco&rdquo;. Non l&rsquo;ho fatto per questo, ma ho visto che ho fatto contente molte persone e sono felice per questo&rdquo;.     &nbsp;   &nbsp;  &nbsp;    &nbsp;     Visualizza questo post su Instagram   Un post condiviso da Adrian Parassol (@adrianoni)      Moto Guzzi V100: la tourer con aerodinamica adattiva 

Il pilota del team MotoGP Pramarc Racing ha scelto di arrivare sul circuito spagnolo attraversando tre nazioni in sella alla 900 SS del 1981&nbsp;di un amico: &quot;Sono un po&#39; stupido&quot;

Zarco, dall&#39;Italia ad Aragon su una Darmah: &quot;Sei un uomo, verrai con quella!&rdquo;

Una dozzina di guasti e problemi di sicurezza su tutti i modelli venduti nel 2019 e nel 2020 sotto la vecchia gestione: ed &egrave; cos&igrave; che Norton ha deciso di richiamare la sua V4 SS. Alla sportiva britannica sono stati infatti rinvenuti ben 35 difetti su cui operare. TVS, nuova proprietaria del marchio, ha gi&agrave; annunciato come, i guasti che- appartengano a moto vendute sotto la vecchia propriet&agrave; - non si assumer&agrave; interamente i costi degli interventi.  Norton Superlight SS, la sportiva da 170 cavalli in fase di sviluppo  VENDUTE MOTO NON IDONEE  Tutti continuano quindi a puntare il dito contro l&#39;ex amministratore delegato Stuart Garner, al centro delle cronache pi&ugrave; per motivi differenti dalle due ruote. La gestione Garner ha quindi commercializzato, secondo quanto riscontrato, delle V4 SS non idonee alla circolazione. Ci&ograve; conferma quanto affermato da ex dipendenti e clienti del marchio britannico, i quali sostenevano che per soddisfare le liste di attesa che si erano protratte per anni Norton avesse smontato le moto e inserito componenti di nuovi modelli in maniera tale da accelerare i tempi.  John Russell, CEO ad interim di Norton Motorcycles, ha dichiarato: &ldquo;Come parte di un programma di valutazione della qualit&agrave; e sviluppo prodotto in corso per i modelli V4-SS prodotto da NMUL Realizations Limited, abbiamo identificato alcuni difetti che mettono a rischio la sicurezza&nbsp;sulle moto V4-SS vendute ai clienti nel 2019 e all&#39;inizio del 2020&quot;.  &ldquo;Da quando abbiamo acquisito l&#39;azienda lo scorso anno - continua Russel -&nbsp;&nbsp;abbiamo svolto attivit&agrave; di diligence e di prodotto nel rivedere i protocolli che seguiamo in modo rigoroso al fine di garantire la sicurezza dei possessori&nbsp;di&nbsp;moto che portano il famoso nome Norton. Come risultato di questo processo, abbiamo&nbsp;scoperto 35 potenziali difetti in totale che rientrano in una delle tre categorie ed abbiamo deciso&nbsp;per una sicurezza, per richiamo,&nbsp;controllo e eventuale sostituzione se necessario o un&#39;azione di servizio. Mentre la gestione della &quot;nuova&nbsp;Norton&quot; non &egrave; stato coinvolta&nbsp;nella produzione e fornitura di queste moto e non &egrave; responsabile per questi difetti.&nbsp;Stiamo per&ograve; volontariamente intraprendendo determinate azioni sotto la guida del DVSA per monitorare ed intervenire sui potenziali problemi di sicurezza e per garantire che il buon nome di Norton continui. &ldquo;Apprezziamo che i proprietari di queste moto siano preoccupati e segnaliamo che&nbsp;possono presentare un reclamo per i costi delle riparazioni a NMUL Realizations Ltd (in Liquidation)&quot;.  Norton F1: la supersportiva bella e dannata  Un numero di guasti quantificato in 35: non pochi. Il richiamo delle V4 SS &egrave; iniziato. 

I problemi sono stati riscontrati in moto vendute tra il 2019 e il 2020 sotto la vecchia gestione. I nuovi proprietari TVS non si assumeranno i costi di riparazione della supersportiva britannica

Norton V4 SS, trovati 35 potenziali guasti: via al richiamo

Le sportive stradali di media cilindrata sono sempre meno ed &egrave; un peccato: offrono un gran gusto quando la strada si fa tortuosa, a volte anche pi&ugrave; delle sorelle naked. Abbiamo messo a confronto le ultime rimaste. Ecco le foto durante la prova

Confronto sportive stradali, LE FOTO DELLA PROVA

        Il King of the Baggers Invitational 2020 &egrave; stato un successo al WeatherTech Raceway Laguna e ha segnato l&rsquo;inizio di una nuova classe di corse in pista nella serie MotoAmerica. Quest&rsquo;anno &egrave; stato rimosso il termine &ldquo;Invitational&rdquo;, mentre sono stati aggiunti due weekend di corsa per renderlo un mini-campionato in tre appuntamenti. Non pi&ugrave; Invitational, cio&egrave;: chiunque pu&ograve; trasformare la sua moto da turismo con le borse rigide &ndash; che sia una Indian Challenger o Harley-Davidson Big Twin - in una moto da competizione per sfidare i rivali e diventare King of the Baggers.  I SEGRETI SI S&amp;S CYCLE Lo scorso anno la competizione &egrave; stata vinta da Tyler O&rsquo;Hara sulla Indian Challenger #29 preparata da S&amp;S Cycle, Inc. che ha svelato i segreti &ldquo;poco segreti&rdquo; del successo nella gara. Il problema pi&ugrave; grande era quello di affrontare le tante curve sul circuito, impresa non facile per una bagger: c&rsquo;&egrave; bisogno di trovare pi&ugrave; luce a terra e capire, dunque, quali sono le prime parti che colpiscono l&rsquo;asfalto quando si piega la moto. Le pedane sono le prime parti originali a salutarci. Poi tocca al carter e allo scarico, che S&amp;S sostituisce con una copertura primaria in alluminio dal pieno smussata sul raggio inferiore, che tiene lontano il motore da terra, e uno scarico in acciaio inox 2 in 1 montato in alto sul telaio, aggiungendo un coperchio di accensione in alluminio dal pieno cos&igrave; che lo scarico si sistemi in alto e stretto sul fianco destro della moto. IN CURVA Un altro problema &egrave; quello dell&rsquo;angolo di sterzo, ampio e inclinato per le moto da turismo e opposto per concetto alle moto sportive. La Indian Challenger di S&amp;S &egrave; stata fornita di forcella Indian FTR1200 con morsetti tripli che la adattano al tubo sterzo della bagger, in modo che l&rsquo;inclinazione e l&rsquo;avancorsa si avvicinino alle regolazioni delle moto da gara. Le ruote sono Performance Machine da 17&rdquo; con pneumatici Dunlop e la sospensione al posteriore aumenta l&rsquo;altezza da terra e migliora la sterzata. SULLA SELLA Per adeguare la posizione di guida all&rsquo;aggressivit&agrave; della pista, la Indian Challenger &egrave; dotata di pedane regolabili pi&ugrave; alte delle OEM e di uno sterzo regolabile in altezza e inclinazione, mettendo il pilota su una sella custom Saddlemen pi&ugrave; alta. L&rsquo;impianto frenante &egrave; targato Brembo con rotori e pastiglie Galfer. PESO E MOTORE Naturalmente, una bagger da corsa deve perdere peso per aumentare le prestazioni: il serbatoio &egrave; realizzato in alluminio e pi&ugrave; piccolo dell&rsquo;originale, mentre le borse rigide ed entrambi i parafanghi sono in fibra di carbonio. Tolti i chili di troppo, resta da fare un upgrade sul motore: lavoro di porting sulle teste dei cilindri, alberi a camme Indian Stage 2 e filtro dell&rsquo;aria ad alto flusso per sfruttare il nuovo scarico 2 in 1 e aumentare i cavalli. O DA SOLI O SU ORDINAZIONE Queste sono le indicazioni di S&amp;S Cycle, Inc. necessarie a preparare la propria bagger alla serie King of the Baggers. Se non siete in grado di farlo da soli, potrete acquistare una Indian Challenger costruita secondo le vostre specifiche dalla concessionaria Indian Motorcycle of Metro Milwaukee, partner di S&amp;S Cycle, e provare a vincere la serie 2021. Basta poco, no? &nbsp; Moto Guzzi: V7 e V85TT convincono sul mercato, Piaggio ringrazia       

L'edizione 2021 sar&agrave; un torneo in tre round: capiamo come trasformare una Indian Challenger da turismo per affrontare le curve della pista

King of the Baggers, come ti trasformo la Indian in una "moto da pista"

Guardare una moto con la mezza carena pu&ograve; mettere qualcuno a disagio a causa dell&#39;apparente mancanza di senso, un po&#39; come uscire con pantaloni e giubbotto senza maglietta sotto. Eppure fra gli anni &#39;90 e i primi del 2000 anche queste inconsuete varianti di moto sportiva hanno avuto un pubblico e una loro piccola nicchia di mercato, che ha portato diverse case occidentali e giapponesi a proporre la loro personale versione della mezza carena. Ora sono definitivamente sparite, ma analizziamo il fenomeno per capire cosa &egrave; davvero successo in quei quasi 20 anni di diffusione.  DUCATI E YAMAHA    Nel 1988 la casa di Borgo Panigale prende il motore raffreddato ad aria della Pantah e lo mette dentro un nuovo telaio a traliccio di concezione moderna e con quote sportive riprese dalla serie 851, nasce la SuperSport offerta dapprima in cilindrata di 750cc ma in seguito con un ventaglio di propulsori dal 350 al 900. Oltre alle varianti meccaniche, Ducati decide di offrire la moto in due configurazioni estetiche: una carenata e una con mezza carena denominata HF, ovvero Half Fairing.    Ma che senso aveva? Molti appassionati la vedevano come una moto sportiva bella, ma alla quale qualcuno ha dimenticato di montare carene basse e pancia. Logico parlare di flop, eppure una piccola nicchia di appassionati l&#39;ha avuta, e la sua essenza mette le radici nella storia delle due ruote.  La HF ci riporta indietro agli anni &#39;60, quando si &egrave; visto per la prima volta un cupolino aerodinamico anche nelle versioni stradali ad alte prestazioni dell&#39;epoca. Le moto inglesi furono le prime, seguite dalle italiane (due esempi su tutti, Norton Commando 750 Production Racer e Laverda SFC750), fin quando ducati presenta nei primi anni &#39;70 la sua SS, moto sportiva per eccellenza e dotata di cupolino nei canoni estetici dell&#39;epoca, ovvero con ampia superficie &ldquo;a bolla&rdquo; fissato rettamente al telaio e non alla forcella, con il motore sempre in bella vista e senza alcun tipo di sovrastruttura. Ora &egrave; tutto chiaro, le moto sportive con cupolino sono nate con la semicarena, e la SuperSport HF&nbsp;ne &egrave; un romantico tributo, incompreso dai pi&ugrave; e accettato solo da pochi, perch&eacute; un po&#39; anacronistico e non sempre aggraziato su moto dall&#39;estetica moderna.   La concezione di sportiva &quot;cupolinata&quot; a motore scoperto ma con contenuti ed estetica contemporanei ha stimolato la passione di diversi centri stile che hanno deciso di seguire la strada battuta da Ducati sul&#39;onda di un consenso ristretto ma molto caloroso e con regole ben precise: mezzi manubri e motori dalle caratteristiche tipicamente stradali sono obbligatori. Nel giro di pochi anni nascono altre variazioni sul tema come la Yamaha TRX850 del 1995, con telaio a traliccio e motore della TDM 850, ispiratissima all&#39;italiana ma con un carattere pi&ugrave; docile e trattabile. Inutile dire che anche questo fu un flop sul mercato, ma chi l&#39;ha scelta l&#39;ha fatto con convinzione ed orgoglio.    &nbsp;  &nbsp;  Gli anni di Suzuki, Honda ed Aprilia   Nel giro di qualche anno sono comparsi altri esempi come la Suzuki SV650S del 1999 - unico caso di successo della categoria grazie alle caratteristiche di moto facile ed economica - la Ducati SuperSport ridisegnata nel 1998 da Terblanche - meravigliosa nella sua morbidissima estetica ma anche qui poco diffusa in versione HF &ndash; la Honda VTR 1000 Firestorm del 1997 - con il suo massiccio e inarrestabile bicilindrico a V che fa il verso alle sempre pi&ugrave; diffuse Ducati &ndash; e la Suzuki TL1000 del 1997 dall&#39;estetica massiccia ed aggressiva e una potenza esagerata per un bicilindrico stradale di fine millennio, 125CV, appena 10 in meno della carenatissima supersportiva TL1000R con lo stesso motore.    Il picco di popolarit&agrave; (senza esagerare) &egrave; stato raggiunto a cavallo del 2000, ma il mercato gi&agrave; iniziava a ragionare in maniera diversa. Le economie di scala diventavano sempre pi&ugrave; importanti anche nella produzione motociclistica e le nicchie sono state pian piano tagliate fuori dai piani futuri delle case. Non aveva pi&ugrave; senso produrre moto per un&#39;utenza cos&igrave; ristretta e che col passare degli anni andava sempre pi&ugrave; ad assottigliarsi.  L&#39;ultima spinta di orgoglio della categoria &egrave; arrivata da Aprilia, che con la SL1000 Falco del 2000 ha proposto una alternativa stradale semicarenata motorizzata Rotax V60 nella variante montata sulla Caponord: moto sublime sotto tutti i punti di vista ma ennesimo tonfo di mercato in un periodo di esplosione delle sportive carenate &ldquo;prontopista&rdquo;.    Ultima in elenco la seconda serie Suzuki SV650S del 2003 offerta anche con il motore 1000 che fu della TL. Entrambe le versioni non hanno raggiunto il successo di vendite della sola 650 dell&#39;esordio e anche qui bastarono pochi anni a vederla completamente sparire, lasciando sul mercato solo la pi&ugrave; razionale e apprezzata versione naked.   La breve storia delle sportive stradali con carena a met&agrave; &egrave; passata inosservata a molti, ad altri &egrave; rimasta nel cuore come una piccola epoca di sentimento puro. L&#39;idea di moto fatte da appassionati per altrettanti fanatici delle moto di carattere, approvate dai piani pi&ugrave; alti delle case produttrici senza badare ai numeri di vendita e sapendo che sarebbero rimasti mezzi di nicchia, &egrave; qualcosa che di questi tempi &egrave; difficile da immaginare.  Rewind, Moto Guzzi MGS- 01 Corsa: l&#39;aquila che vinse a Daytona 

Erano moto con semimanubri e cupolino, come vere supersportive, ma con il motore a vista come le stradali e naked. Un ibrido estetico &ldquo;ne&#39; carne ne&#39; pesce&rdquo; dallo scarso successo, ma dalla grande passione

Moto semi carenate: storia breve, ma intensa

Per Norton &egrave; tempo di pensare anche alla sportivit&agrave;. La Casa inglese, tra ripartenze e modelli scrambler, non sta solamente pensando al lancio della sua V4RR, ma sviluppa qualcosa di pi&ugrave; potente ed esclusivo. Il marchio ha infatti presentato i brevetti della sua Superlight SS, versione pi&ugrave; prestazionale della gi&agrave; efficace Superlight 650.  FIBRA DI CARBONIO E MOTORE 2 CILINDRI CON COMPRESSORE  La Superlight 650 venne presentata a Birmingham nel 2018: spinta da un bicilindrico parallelo con compressore centrifugo Rotrex da 105 cv, aveva telaio, forcellone monobraccio e cerchi in fibra di carbonio. La Superlight SS, lanciata ancora una volta al Salone di Birmingham l&#39;anno successivo, non era che la versione ancora pi&ugrave; potente, portata a 170 cv, e dal peso diminuito a 153 kg complessivi. Ne furono promessi 50 esemplari, un progetto finito in cantina a causa del fallimento del marchio. L&#39;arrivo dell&#39;indiana TVS e la rinascita di Norton Motorcycles ha per&ograve; rimescolato le carte in tavola.  I DISEGNI DELLA SUPERLIGHT SS  E adesso, Norton Superlight SS non &egrave; pi&ugrave; fantasia. La supersportiva arriver&agrave; dopo la Superlight 650 (che, a proposito, conferma il propulsore aspirato e il telaio in alluminio) e, come brevetti dimostrano, conferma il compressore Rotrex, montato sopra il cambio e in grado di fornire una sovrappressione da 1,2 bar. Ad alimentarlo ci pensa una presa d&#39;aria frontale, soluzione adottata anche dalla Kawasaki Z H2.    Presente anche una seconda presa d&#39;aria, a destra del cupolino: l&#39;aria arriva cos&igrave; a uno scambiatore di calore, che raffredda l&#39;aria d&#39;aspirazione facendola uscire dal sottosella. 

La versione potenziata della &quot;Supercharged&quot; 650 si mostra nei brevetti depositati dalla Casa inglese: &egrave; dotata di un bicilindrico parallelo con compressore Rotrex

Norton Superlight SS, la sportiva da 170 cavalli in fase di sviluppo

La versione potenziata della Supercharged 650 si mostra nei brevetti depositati dalla Casa inglese: &egrave; dotata di un bicilindrico parallelo con compressore Rotrex

Norton Superlight SS FOTO

        L&rsquo;Aprilia RS 660 &egrave; una moto importantissima per il Gruppo Piaggio. Un po&rsquo; perch&eacute; colma uno spazio gigantesco, quello che c&rsquo;&egrave; tra RS 125 e RSV4, un po&rsquo; perch&eacute; &egrave; stata sviluppata partendo da un foglio bianco, inserendosi in un segmento di mercato piuttosto scarno: quello delle sportive stradali. Come ci ha spiegato Piero Soatti, Head of Bike Engineering del Gruppo Piaggio, tutti i componenti della moto sono stati sviluppati seguendo il dettame della leggerezza. Per questo motivo non ci sono i leveraggi del monoammortizzatore e il telaio, il telaietto e le pedane sono infulcrati direttamente al motore. Gi&agrave;, il motore: il bicilindrico &egrave; un piccolo gioiello d&rsquo;ingegneria, leggero e soprattutto poco ingombrante.   Il bicilindrico parallelo dell&rsquo;Aprilia RS 660 &egrave; pensato, progettato e sviluppato in Italia, nella sede storica dell&rsquo;azienda. Come detto, &egrave; stato realizzato con l&rsquo;obiettivo della leggerezza (pesa circa 57 kg) ma soprattutto della compattezza. In questo modo, i progettisti hanno avuto molta libert&agrave; d&rsquo;azione nel disegnare la termica, i condotti di aspirazione e di scarico (studiati in CFD), il circuito di raffreddamento (c&rsquo;&egrave; uno scambiatore acqua/olio, che migliora drasticamente il tempo di warm-up e aumenta la resistenza nell&rsquo;utilizzo intenso) e anche la posizione stessa delle pedane. Deriva strettamente dalla bancata anteriore dell&rsquo;RSV4: i pistoni hanno lo stesso diametro (81 mm), mentre la corsa &egrave; di ben 63,9 mm.   Questo ne fa un motore molto &ldquo;spinto&rdquo;: con una corsa cos&igrave; importante, la velocit&agrave; media del pistone &egrave; elevata, specialmente ad alti regimi. Per diminuire gli attriti e quindi le perdite di carico, i cilindri sono disassati rispetto all&rsquo;albero motore, mentre per donargli la tonalit&agrave; e l&rsquo;erogazione tipica dei bicilindrici a V ha i perni di biella a 270&deg;, che generano scoppi irregolari (il motore sembra &ldquo;zoppicare&rdquo; e ha una tonalit&agrave; cupa). Questo ha permesso anche di adottare un solo contralbero di equilibratura, che smorza le forze di primo e secondo ordine. A proposito di fluidodinamica, i cornetti di aspirazione hanno lunghezza variabile, mentre gli assi a camme sono cavi e utilizzano dei bicchierini per muovere le valvole. Le prestazioni cos&igrave; ottenute sono da record per un twin frontemarcia di questa cilindrata, paragonabili a quelle di un bicilindrico di cubatura superiore: 100 CV a 10.500 giri e 67 Nm a 8.500 giri.   Come gi&agrave; anticipato dalla stesso Piero Soatti, l&rsquo;Aprilia RS 660 non &egrave; che la punta dell&rsquo;iceberg di un progetto ad ampio, anzi, ampissimo respiro. In rampa di lancio ci sono gi&agrave; l&rsquo;Aprilia Tuono 660, l&rsquo;Aprilia Tuareg 660 e poi chiss&agrave;. Una piattaforma modulare, quindi, progettata tutta attorno a un unico concetto: leggerezza. Attendiamo fiduciosi.        

Durante la presentazione della media Aprilia abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Piero Soatti, ingegnere a capo del progetto. Ci ha raccontato ogni segreto del motore, sviluppato seguendo il dettame della leggerezza

RS 660, Piero Soatti: “Il motore? Un gioiello d’ingegneria”

Nata per affiancare e poi sostituire la 750 SS, la Ducati SS 900, ne riprende in blocco le sovrastrutture, con il motore  “Carter Quadri” che deriva dalla 860 GT, con l’aggiunta della distribuzione desmodromica, rapporto di compressione elevato a 9,5:1 e l’eliminazione dell’avviamento elettrico

Ducati SS 900: DNA sportivo FOTO

Nata per affiancare e poi sostituire la 750 SS, la Ducati SS 900, in effetti, ne riprende in blocco le sovrastrutture, con il motore - definito &ldquo;Carter Quadri&rdquo; - che deriva per&ograve; dalla 860 GT, con l&rsquo;aggiunta della distribuzione desmodromica, un rapporto di compressione elevato a 9,5:1 e l&rsquo;eliminazione dell&rsquo;avviamento elettrico. Una scelta quest&rsquo;ultima che ha messo una pezza ai grattacapi che affliggevano la 860 GT, ed inoltre va a migliorare una estetica del motore che risultava un po&rsquo; discutibile alla vista. La soluzione del passaggio all&rsquo;avviamento a pedale, semplice ed al tempo stesso funzionale, &egrave; valso un ritorno ad un aspetto decisamente pi&ugrave; snello e sportivo.   Il motore con i carter dal design decisamente squadrato era all&rsquo;epoca un tocco di modernit&agrave;, ma oggi possiamo affermare che nel cuore degli appassionati non ha mai davvero rimpiazzato le pi&ugrave; fascinose e tondeggianti linee presenti sul motore montato invece sulla 750 SS.   LA SERIE - La 900 SS venne prodotta in quattro serie: la prima con colorazione blu/argento, la seconda, a partire dal 1977, che era del tutto simile alla prima versione ma si differenziava per il serbatoio carburante;&nbsp; la terza serie, quella di questo&nbsp;servizio, arriv&ograve; l&rsquo;anno seguente e vantava un&rsquo;inedita colorazione nero/oro che si aggiungeva alla livrea precedente e - grande novit&agrave; &ndash; veniva proposta anche in versione biposto. Inoltre, su questa ultima versione fanno la loro comparsa per la prima volta i cerchi in lega. L&rsquo;ultima serie in ordine di tempo risale al 1980, e si diversifica dalla precedente per nuove colorazioni e per i cerchi in lega di diversa fattura.   La moto nel suo complesso pesava 196 kg, aveva un interasse di 1510 mm ed una capacit&agrave; del serbatoio di 20 litri. Le ruote erano da 18&rdquo; mentre il comparto freni vantava tre dischi. La cilindrata effettiva era di 863,9 cc (alesaggio/corsa 86x74), e contava sullo schema tutto Ducati di distribuzione desmodromica monoalbero.  L&rsquo;accensione era di tipo elettronico e l&rsquo;alimentazione era affidata a due carburatori Dell&rsquo;orto PHM da 40 mm. Il cambio era a 5 rapporti e la potenza erogata dal bicilindrico si attestava sugli 80 CV a 7000 giri. Un valore che spingeva la Ducati 900 SS fino a 225 km/h di velocit&agrave; massima.  Nel 1982, dopo oltre 6100 esemplari prodotti verr&agrave; sostituita dalla nuova Ducati 900 S2. 

Commercializzata a partire dal 1975 e fino al 1982, la Super Sport 900 affianca e poi sostituisce la sorella minore di 750 cc

Ducati SS 900: DNA sportivo

La 250 CB72 SS di Honda, commercializzata in USA come Super Hawk, divenne subito la moto pi&ugrave; ambita da una miriade di giovani&nbsp;

Honda 250 CB 72 SS - LE FOTO

Immaginatevi nel 1959 una moto di serie da 250 cm&sup3; che dichiara una velocit&agrave; massima di 140 km/h. Sarebbe facile tacciare l&rsquo;operazione come propaganda pubblicitaria, se non addirittura come pura fantasia, ma le cose cambiano se ad ostentare tale dichiarazione &egrave; la Honda.  LA MOTO IN QUESTIONE si avvaleva di un motore bicilindrico a 4T con albero a camme in testa comandato a catena e lubrificazione a carter secco. La cilindrata effettiva era di 247,3 cm&sup3; (54 x 54), il cambio a quattro marce e la frizione a doppio disco in bagno d&#39;olio. La versione CB 72 Super Sport era a tutti gli effetti l&rsquo;evoluzione sportiva della CB 72, e come segnalato sopra prometteva (e manteneva) prestazioni disponibili solo con moto di cilindrata maggiore.  PER CONSEGUIRE LE MAGGIORI PERFORMANCES l&rsquo;albero motore aveva le manovelle a 180&deg; anzich&eacute; a 360&deg; come sul modello precedente e il rapporto di compressione fu elevato da 6,2 a 9,5:1. L&rsquo;alimentazione pass&ograve; da un unico carburatore a due carburatori da 22 mm collegati ad un&rsquo;ampia cassa filtro, e la potenza massima espressa dal motore fu un&rsquo;autentica rivelazione per gli appassionati che anelavano simili prestazioni: 24 CV e una velocit&agrave; di 140 Km/h. Si trattava di un livello fino ad allora raggiungibile solo con moto di cilindrata ben superiore, se non addirittura doppia.  OLTRE AL GENEROSO MOTORE, disponeva di un nuovo telaio tubolare in acciaio distante anni luce dalla precedente versione in lamiera stampata . La nuova forcella telescopica lavorava bene, il sistema frenante era giudicato addirittura eccellente, e dal 1961 contava su freni a tamburo da 200 mm a doppia camma sia all&rsquo;anteriore che al posteriore. Le ruote erano da 18&rdquo; e la posizione del pilota prevedeva le pedane poggiapiedi in posizione lievemente arretrata.  LA LIVREA GRIGIA E NERA, il serbatoio dai fianchi cromati e le ginocchiere in gomma contribuivano a dare alla moto un aspetto ricercato che all&rsquo;epoca rappresentava perfettamente l&rsquo;idea di moto sportiva e - cosa non da poco se paragonata alla concorrenza britannica dell&rsquo;epoca &ndash; disponeva di avviamento elettrico.  UN ALTRO TRATTO DISTINTIVO DELLA MOTO si trovava sopra il grosso faro rotondo, dove la piastra superiore della forcella inglobava un singolare tachimetro/contagiri di conformazione ovale, con le lancette controrotanti e il contachilometri a lettura verticale.  IL CB 72 (dove la lettera C contraddistingue la tipologia, mentre la lettera B segnala la variante sportiva) era disponibile in tre colorazioni: rosso, blu e nero. La catena sulla sella al posto della fascetta di cuoio no &egrave; originale, edera un vezzo molto diffuso all&rsquo;epoca. 

&nbsp;La 250 CB72 SS di Honda, commercializzata in USA come Super Hawk, divenne subito la moto pi&ugrave; ambita da una miriade di giovani&nbsp;

Honda 250 CB 72 SS, il falco!

Ancora oggi, a oltre mezzo secolo di distanza, per molti dire Italjet equivale a dire Mustang &nbsp;

Italjet Mustang SS 50: foto

E&rsquo; stato uno dei Marchi pi&ugrave; gloriosi del passato, grazie alle tante vittorie nelle gare su strada e pista negli anni Trenta e Quaranta e ai tre titoli mondiali conquistati nel 1951 e 1952. Ha prodotto una delle moto pi&ugrave; ricercate dai collezionisti di tutto il pianeta (la Manx) e una delle pi&ugrave; fortunate a livello commerciale (la Commando) ma, a causa di una situazione economica difficile, negli ultimi trent&rsquo;anni non &egrave; riuscita a tenere il passo dei rivali giapponesi, italiani e tedeschi.    DAL TOURIST TROPHY ALLA STRADA - Adesso, anche grazie agli aiuti del governo inglese, &egrave; tornata a produrre moto destinata al pubblico come la nuova Commando e anche alcune serie &ldquo;estreme&rdquo; e limitate, costruite per gli appassionati delle corse. E&rsquo; il caso della nuova V4, derivata dal propotipo utilizzato nel Tourist Trophy e disegnata nella sede di Donington da Simon Skinner. Il motore &egrave; un inedito V4 da 1200 cc, costruito per garantire una potenza di oltre 200 cv. Questa moto, che pesa 179 kg) regge su un telaio a traliccio in tubi di alluminio, lucidato e costruito a mano, su cui &egrave; fissato un forcellone monobraccio. La ciclistica &egrave; completata dai freni Brembo di derivazione &ldquo;racing&rdquo; e dalle sospensioni Ohlins completamente regolabili. Le mappature del motore permettono tre modalit&agrave; di guida (strada, sport e pro-race) e il pacchetto elettronico &egrave; completo di controllo di trazione, controllo impennata, launch e cruise control ma anche antisaltellamento, freno motore regolabile, quickshift e registrazione dei dati di bordo.  Due le versioni: la RR (la &ldquo;standard&rdquo; da 32.000 euro) e la SS, una serie speciale con con cerchi e serbatoio in carbonio da 53.000 euro e prodotta in soli 200 esemplari (gi&agrave; prenotati).    &nbsp; 

Inedito motore 4 cilindri a V da 1200cc e oltre 200 cv, telaio fatto a mano, tanto carbonio e elettronica al top. Prezzo? Da 32.000 a 54.000 euro &nbsp;

Norton V4 RR e SS: oltre 200 cv, &egrave; l&#39;inglese pi&ugrave; potente di sempre

Motore 4 cilindri a V da 1200cc e oltre 200 cv, telaio fatto a mano, tanto carbonio e elettronica al top. Prezzo? Da 32.000 a 54.000 euro &nbsp;

Norton V4 RR e SS: foto

Come annunciato a Dicembre Norton ha svelato, lo scorso Sabato&nbsp;a&nbsp;Donington Hall, la sua nuova e bellissima creatura: la Dominator, che prende il nome da un&nbsp;famoso modello&nbsp;del '48 del Marchio inglese.  Un mezzo completamente omologato, a differenza dell'edizione limitata&nbsp;Domiracer con cui ha per&ograve; molto in comune, che sar&agrave; declinato in&nbsp;due versioni e avr&agrave; prezzi pi&ugrave; "abbordabili".  La Dominator vuole essere una moto pi&ugrave; commerciale e facilmente producibile, in modo da abbattere sensibilmente &nbsp;il prezzo di acquisto. Ovviamente si parla comunque di una due ruote di pregio con componenti e finiture di qualit&agrave;, &nbsp;non&nbsp;certamente alla portata di tutte le tasche.  Sembra infatti che la SS ovvero la versione&nbsp;top class coster&agrave; 24.500 $ (circa 33.000 Euro) mentre il prezzo del&nbsp;modello&nbsp;standard sar&agrave; di 19.950 $ (poco meno di 27.000 Euro): certo non poco ma decisamente meno della Domiracer oggi quotata per circa 40.000 $.  La nuova Dominator&nbsp;&egrave; dotata di un&nbsp;bicilindrico parallelo da 961 cm3 (come quello della Norton Comando) che eroga una potenza di 80 cavalli. Per la ciclistica le scelte ricadono su nomi rinomati: &nbsp;le sospensioni sono Ohlins e l'impianto frenante Brembo.  Mentre la SS verr&agrave;&nbsp;venduta inizialmente in soli 50 esemplari e sar&agrave; essenzialmente una Domiracer adatta all'uso su strada con il bellissimo serbatoio in alluminio spazzolato, la versione base verr&agrave; invece prodotta in un maggior numero di&nbsp;unit&agrave;&nbsp;e non avr&agrave; alcuni dei dettagli pi&ugrave; ricercati (come appunto il serbatoio "gioiello").  Giulia Cassinelli  Fonte e Foto MotorcycleNews e BikeSocial    &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;

Ecco le prime foto e i dettagli della Norton Dominator e della sua versione SS basate sulla esclusivissima Domiracer

Finalmente svelata la Norton Dominator

Finalmente svelata la Norton Dominator (foto)

Norton&nbsp;rivela &nbsp;l'uscita della nuova Dominator SS, moto che prende il nome dalla leggendaria bicilindrica di Castle Donington prodotta dal 1948.  L'arrivo della moto &egrave; previsto per i primi mesi&nbsp;del 2015 ma inizialmente ne&nbsp;verranno prodotti solo 50 esemplari per il mercato inglese.  Norton sceglie l'edizione limitata quindi come fece con la Domiracer nel 2013 (anche di questa solo 50 moto).  E con la bellissima Domiracer la nuova creatura ha molto in comune.   Sembra infatti che Norton abbia deciso di sviluppare e portare avanti l'idea della Domiracer producendo una moto per&ograve; completamente "legale" (la Domiracer aveva avuto molti problemi di omologazione).   Il telaio sar&agrave; ancora il celeberrimo Featherbed ("letto di piume"), sviluppato da Norton negli anni '60 per i propri mezzi da competizione che garantisce estrema leggerezza e rigidit&agrave; e accoglier&agrave; il bicilindrico parallelo&nbsp;raffreddato ad aria da 961 cm3.  Il prezzo sar&agrave; pi&ugrave; basso della cugina ma comunque salato, &pound;&nbsp;19.999&nbsp;(poco pi&ugrave; di 25.000 euro): il tutto giustificato&nbsp;da&nbsp;componenti ancora di altissima qualit&agrave;.  Giulia Cassinelli  &nbsp;      &nbsp;  &nbsp;

Norton presenter&agrave; nel 2015 la nuova Dominator SS versione "edulcorata" della Domiracer

Norton Dominator SS

Uno splendido chopper in perfetto &ldquo;stile Sixties&rdquo;, ricco di dettagli artigianali e dipinto con gusto e in maniera impeccabile  &nbsp;  La base, o meglio il telaio, ha varcato i cancelli di Milwaukee nel 1953 e in sessant&rsquo;anni ha visto lame, modifiche, cicatrici e saldature. Nonostante l&rsquo;et&agrave;, oggi &egrave; pi&ugrave; in forma che mai, ed &egrave; in grado di ospitare un grosso bicilindrico S&amp;S Shovel di 1.600 cm&sup3;, abbinato ad un cambio H-D a 5 rapporti, collegato da una primaria a cinghia Primo di 3&rdquo; e servito da una frizione a secco. L&rsquo;impostazione e la cura sono impeccabili, e la corona di re che troneggia sul serbatoio firmato Indian Larry &egrave; pi&ugrave; che idonea. Pi&ugrave; che avere natali bresciani il chopper sembra provenire direttamente dalle strade di San Francisco di fine Anni &rsquo;60, e una miriade di dettagli artigianali e di attenti accorgimenti ne sottolinea l&rsquo;impeccabile linea.  La forcella &egrave; una replica attuale della vecchia Springer H-D, 50 mm pi&ugrave; lunga della versione di allora, le ruote con 80 raggi sono di 16&rdquo; al posteriore e 21&rdquo; all&rsquo;anteriore, con pneumatici assolutamente adeguati. Meno in tema &ndash; ma necessario per frenare l&rsquo;esuberanza del grosso motore &ndash; l&rsquo;impianto frenante che conta su un disco per ruota abbinato a pinze PM con 4 pistoncini. Gli scarichi sparano alti verso il cielo, il parafango passa rasente alla ruota e il sissy-bar &egrave; semplicemente perfetto, come il manubrio sostenuto da alti risers in bronzo. A esaltare il tutto ci ha pensato il pi&ugrave; che noto Gianfranco Filippini di Kustom Drink Paint, che ha steso una livrea di &ldquo;candy violet&rdquo; dell&rsquo;House of Color con dei filetti in &ldquo;acid green&rdquo; e infine ha aggiunto pure delle splendide &ldquo;ice pearls blue&rdquo; in vernice trasparente. L&rsquo;alternarsi di nero raggrinzante, cromo e alluminio lucidato presente nell&rsquo;abbondante propulsore si inserisce splendidamente nel contesto, mentre il bianco di manopole, sella e pedale della messa in moto sottolinea la classe di questo progetto portato a termine egregiamente. 

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