        Il salone di EICMA 2022 sar&agrave; l'occasione per Ducati di svelare in anteprima mondiale i nuovi modelli nati dalle menti dei designer e degli ingegneri di Borgo Panigale. Quindi dovremo aspettare fino al 10 novembre per scoprire tutte le novit&agrave;? Niente affatto, perch&egrave; gi&agrave; da domani 2 settembre, nel primo episodio della web serie Ducati World Premi&eacute;re, sar&agrave; svelato un modello davvero particolare. Lo zampino del toro Se siete lontani da Milano e non avete tempo o modo di recarvi alla Fiera di Rho, oppure non riuscite proprio ad aspettare fino al 10 novembre per gustarvi i nuovi modelli Ducati, rimanete pure belli comodi sul divano. Vi baster&agrave; accendere il vostro dispositivo, collegarvi a internet e godervi lo spettacolo. Da domani 2 settembre al prossimo 7 novembre infatti, sul sito ufficiale, sul canale Youtube e sui canali social della Casa motociclistica troverete tutte le novit&agrave; Ducati nella web serie Ducati World Premi&eacute;re. Gli episodi totali saranno 7, ognuno con un tema differente raccontato dai progettisti e da coloro che riescono a trasformare dei semplici progetti in realt&agrave; accattivanti e potenti. La web serie inizier&agrave; col botto: secondo quanto svelato da Ducati, infatti, il modello protagonista della prima puntata si chiamer&agrave; "L'inaspettata" e, come suggerito dal teaser che mostra un chiaro riferimento alla Lamborghini Huracan STO, dovrebbe trattarsi di una limited edition sviluppata in collaborazione con la Casa di Sant'Agata Bolognese. DUCATI: LA VERSIONE &ldquo;SP&rdquo; DEL MONSTER IN ARRIVO NEL 2023       

<p>Il primo episodio sar&agrave; tutto dedicato al nuovo modello che si rif&agrave; alla Huracan STO</p>

World Premiére Ducati, si comincia con la moto ispirata alla Lamborghini

Oggi &egrave; possibile cambiare la risposta del motore all&rsquo;apertura del gas e perfino trasformare il &ldquo;carattere&rdquo; dell&rsquo;erogazione: &egrave; come modificare le regole che fanno funzionare un propulsore, mentre si gioca, cio&egrave; si guida  &nbsp;  L&rsquo;avvento dell&rsquo;elettronica ha trasformato radicalmente la situazione, per quanto riguarda la gestione del motore, e in certi casi anche delle sospensioni e quindi del comportamento della moto intera. Niente pi&ugrave; dispositivi meccanici (come i carburatori e i ruttori con relativo variatore centrifugo dell&rsquo;anticipo di accensione), regolazioni da effettuare e manutenzioni periodiche varie. E, grazie alla centralina e ai sensori ad essa collegati, controllo accurato della dosatura della miscela aria-combustibile e della fasatura di accensione nelle pi&ugrave; diverse condizioni di funzionamento. Una situazione ottimale, dunque, rispetto alla quale per&ograve; negli ultimi anni si &egrave; andati ancora oltre, arrivando ad affidare alla centralina stessa anche la gestione dell&rsquo;apertura delle valvole del gas, che nei sistemi ride by wire non sono pi&ugrave; direttamente collegate alla manopola dell&rsquo;acceleratore (tramite il consueto cavo flessibile). Insomma, in questi casi non &egrave; la mano di chi &egrave; alla guida a comandare le valvole del gas, ma sono uno o pi&ugrave; attuatori che ricevono gli ordini dalla centralina, la quale conosce ci&ograve; che vuole il pilota e stabilisce in tempo reale, e nelle situazioni pi&ugrave; disparate, cosa &egrave; pi&ugrave; vantaggioso. La manopola viene spalancata repentinamente? La centralina valuta qual &egrave; il grado di apertura pi&ugrave; conveniente ai fini delle prestazioni e con quale rapidit&agrave; deve poi continuare l&rsquo;apertura stessa, fino a raggiungere il 100%. Anche in diverse moto che non dispongono di un sistema ride by wire &egrave; possibile ottenere la miglior risposta de parte del motore adottando una farfalla secondaria, avente funzione modulatrice, posta nel condotto subito a monte della valvola del gas (farfalla principale), che in questi casi &egrave; controllata direttamente dal pilota mediante il consueto comando a cavo flessibile (mentre la farfalla secondaria viene gestita dalla centralina). Di questi argomenti, comunque, abbiamo parlato diffusamente in un recente articolo di questa stessa serie.  La centralina elettronica, oltre alla fasatura di accensione e alla dosatura della miscela combustibile, assai spesso oggi provvede, dunque, a controllare anche la respirazione del motore, agendo sulle valvole del gas o su quelle modulatrici, se la moto ne &egrave; dotata. E, come vedremo, non di rado fa anche molto di pi&ugrave;&hellip; In ogni caso, non potrebbe svolgere il suo compito se non ricevesse le necessarie informazioni da una serie di sensori, il cui numero &egrave; aumentato considerevolmente negli ultimi anni. Per lungo tempo alla centralina &egrave; stato sufficiente conoscere il regime di rotazione del motore e il grado di apertura della valvola del gas; in seguito, per consentirle di svolgere il suo compito (che era solo quello di controllare l&rsquo;anticipo di accensione e la quantit&agrave; di carburante emessa dagli iniettori) con una accuratezza ancora migliore, sono apparsi anche dei sensori che, fornendole informazioni in merito alla temperatura del motore e di quella dell&rsquo;aria aspirata, nonch&eacute; alla pressione all&rsquo;interno dell&rsquo;airbox, le consentivano di apportare le opportune correzioni. La diffusione delle marmitte catalitiche ha reso necessaria l&rsquo;adozione della sonda lambda, che fornendo indicazioni in merito alla quantit&agrave; di ossigeno presente nei gas di scarico, permette alla centralina di conoscere, in tempo reale e con estrema precisione, la dosatura della miscela aria-carburante. Alla base del funzionamento delle centraline vi &egrave; il confronto tra i dati forniti dai sensori e quelli memorizzati in apposite mappe tridimensionali. Queste ultime, che vengono ottenute sperimentalmente al banco e che quindi, per ogni modello di moto, vengono memorizzate nella centralina in fase di montaggio, riportano, per un gran numero di combinazioni regime-carico (che coprono tutto il campo di funzionamento del motore), il valore che l&rsquo;anticipo di accensione o che la dosatura della miscela devono avere. A questi valori di riferimento poi si applicano le correzioni eventualmente necessarie, in funzione della temperatura e della pressione, come detto. Sembrava che non si potesse andare molto pi&ugrave; in l&agrave;, ma poi la situazione &egrave; cambiata, con l&rsquo;apparizione di sofisticati e complessi sistemi di gestione del motore. Alle centraline hanno iniziato ad essere fornite anche altre informazioni, come la velocit&agrave; della moto, la marcia innestata, la rapidit&agrave; di variazione del regime del motore e quella di rotazione della manopola dell&rsquo;acceleratore. E, con il comando ride by wire, si &egrave; arrivati al punto che, potendo gestire, oltre all&rsquo;anticipo di accensione e al titolo della miscela, anche l&rsquo;apertura delle valvole del gas, &egrave; diventato possibile variare l&rsquo;andamento della erogazione, la risposta all&rsquo;azionamento dell&rsquo;acceleratore e perfino la potenza massima prodotta dal motore. Si tratta di voci di notevole importanza, nelle moderne moto di elevatissime prestazioni, che consentono di migliorarne la guidabilit&agrave;, facendole diventare pi&ugrave; trattabili e dolci, e quindi rendendole meno impegnative per i piloti non molto esperti e meglio sfruttabili in certe situazioni, come ad esempio sul bagnato o sui fondi con bassa aderenza.  In genere le mappe di gestione del motore agiscono a livello di valvola del gas, determinando la rapidit&agrave; di risposta e il grado di apertura in relazione alla rotazione della manopola. Usualmente il pilota pu&ograve; scegliere fra tre mappature diverse. La prima &egrave; adatta alla guida pi&ugrave; sportiva: la potenza massima &egrave; quella pi&ugrave; elevata che il motore pu&ograve; fornire e viene raggiunta con estrema rapidit&agrave;; la prontezza di risposta &egrave; la migliore che si pu&ograve; avere. Poi c&rsquo;&egrave; la mappatura Touring (le denominazioni possono variare da costruttore a costruttore), alla quale corrisponde una risposta pi&ugrave; &ldquo;morbida&rdquo; da parte del motore. La potenza massima resta la stessa, ma viene raggiunta con maggiore gradualit&agrave; in quanto la centralina fa aprire le valvole del gas meno velocemente, anche se la manopola viene spalancata con grande rapidit&agrave;. Infine c&rsquo;&egrave; la mappatura Rain, che determina una risposta ancora pi&ugrave; progressiva e che impedisce al motore di erogare tutta la sua potenza. Insomma, se il pilota sceglie una mappatura diversa, all&rsquo;interno della centralina viene selezionata una diversa logica di intervento, per quanto riguarda la risposta alla rotazione dell&rsquo;acceleratore. La possibilit&agrave; offerte dalla soluzione ride by wire sono per&ograve; pi&ugrave; ampie di quanto non si possa pensare. Gi&agrave;, perch&eacute; la gestione del motore con le relative mappe, pu&ograve; essere &ldquo;integrata&rdquo; con il controllo di trazione. Se la ruota motrice inizia a slittare, ad esempio quando si apre il gas con decisione alla uscita di una curva, la centralina interviene in modo da ridurre momentaneamente la coppia erogata dal motore. In genere questo si ottiene riducendo l&rsquo;anticipo di accensione. Se lo slittamento &egrave; forte, per&ograve;, ci&ograve; pu&ograve; non essere sufficiente e allora la centralina interviene &ldquo;tagliando&rdquo; anche l&rsquo;iniezione. Una volta terminato lo slittamento, la situazione viene riportata alla normalit&agrave;, rapidamente ma in maniera comunque graduale. Le strategie possibili per&ograve; possono essere anche altre. Sembra che in alcune moto da competizione la centralina determini una apertura differenziata delle valvole del gas, o almeno di alcune di esse.  Nel controllo di trazione come ovvio entrano in gioco anche altri sensori, che consentono alla centralina di conoscere la velocit&agrave; con la quale gira ciascuna delle due ruote e di fare i relativi confronti. Ci&ograve; le permette di sapere se sta avvenendo uno slittamento della ruota motrice e di prendere le contromisure del caso. In genere nelle moto di serie di elevato livello il pilota pu&ograve; scegliere tra diversi livelli di intervento del sistema (fino ad arrivare al suo completo disinserimento, se lo desidera). Il sistema di gestione del motore mediante controllo elettronico delle valvole del gas pu&ograve; essere integrato con quello antisaltellamento della ruota posteriore in staccata. Qui in genere &egrave; sufficiente impiegare una frizione a slittamento controllato (&ldquo;slipper clutch&rdquo;), che limita la possibilit&agrave; di trasmissione della coppia frenante generata dal motore in fase di rilascio. In certe moto di impostazione particolarmente corsaiola o di prestazioni elevatissime, in staccata la centralina interviene per&ograve; anche su una o pi&ugrave; valvole del gas, mantenendole aperte, in modo da ridurre la resistenza al moto dovuta al pompaggio (che a farfalla chiusa pu&ograve; raggiungere valori molto elevati, quando si scalano le marce e il motore viene fatto girare forte). Naturalmente in queste situazioni, allorch&eacute; le valvole a farfalla vengono portate in posizione di apertura, la centralina provvede ad interrompere la mandata di carburante da parte degli iniettori.

Che cosa succede... cambio la mappatura (5. puntata)

L&rsquo;avviamento &egrave; una fase cruciale della vita del motore, che dalla condizione di totale riposo viene improvvisamente richiamato a dare il massimo. Vediamo in dettaglio che cosa succede, a livello di meccanica  Premere il pulsante della messa in moto &egrave; un&rsquo;operazione di una semplicit&agrave; incredibile. Basta poi ruotare leggermente la manopola del gas e il motore frulla che &egrave; un piacere, rispondendo prontamente. Fino a non molti anni fa per&ograve; le cose non erano cos&igrave; facili. Addirittura una volta l&rsquo;avviamento a pedale poteva anche rivelarsi piuttosto laborioso, in presenza di cospicue cilindrate unitarie. Poi sono arrivate le accensioni elettroniche e gli alzavalvola, seguiti dai decompressori automatici; infine nella maggior parte dei motori i sistemi di iniezione hanno sostituito i carburatori. Come risultato, la situazione &egrave; migliorata enormemente. Per&ograve; va detto che a trasformare davvero le cose sono stati i motorini di avviamento, adottati inizialmente sulle moto di grossa cilindrata e in seguito anche su quelli pi&ugrave; piccoli e addirittura, in tempi recenti, su diverse realizzazioni estremamente specialistiche come i modelli destinati al fuoristrada agonistico. In ogni caso, perch&eacute; il motore si possa avviare &egrave; necessario che, almeno per qualche attimo, l&rsquo;albero a gomiti venga portato a una velocit&agrave; di rotazione dell&rsquo;ordine di 60-100 giri/min. Come ovvio, le cose vanno assai meglio se il motore &egrave; gi&agrave; caldo e se la temperatura ambiente non &egrave; molto bassa. A freddo il motorino di avviamento si trova a dover vincere una resistenza iniziale piuttosto considerevole in quanto le varie parti mobili (fondamentalmente si tratta del gruppo pistone-segmenti all&rsquo;interno della canna del cilindro) sono pressoch&eacute; &ldquo;incollate&rdquo; tra loro. Anche una volta avvenuto il &ldquo;distacco&rdquo; l&rsquo;olio, molto viscoso alle basse temperature, non agevola certo il movimento. Insomma, il motorino ha un compito decisamente gravoso da svolgere. Quando fa freddo, anche la batteria ha il suo daffare. Le reazioni chimiche al suo interno, alle quali &egrave; legata l&rsquo;erogazione di corrente, avvengono infatti pi&ugrave; lentamente e questo proprio mentre &egrave; massima la richiesta di energia (da parte del motorino); la batteria si pu&ograve; trovare quindi in condizioni di seria difficolt&agrave;, in inverno.  Le accensioni elettroniche moderne assicurano scintille molto vigorose e i sistemi di iniezione permettono, anche all&rsquo;atto dell&rsquo;avviamento, una nebulizzazione del carburante decisamente migliore di quella che forniscono i carburatori. Nonostante questo, perch&eacute; il motore si avvii senza difficolt&agrave; e quindi funzioni regolarmente a freddo, occorre impiegare una dosatura della miscela molto pi&ugrave; ricca di quella che si utilizza alla temperatura di regime. Il pistone inizia a muoversi all&rsquo;interno della canna, aspirando la miscela aria-benzina e quindi comprimendola. La scintilla che scocca tra gli elettrodi della candela provvede poi ad accenderla e a fare pertanto avvenire la combustione. Le difficolt&agrave; che si possono incontrare nascono dal fatto che all&rsquo;avviamento la temperatura di fine compressione &egrave; bassa, che la turbolenza impartita alla miscela &egrave; estremamente ridotta e che anche la distribuzione del carburante in seno alla massa gassosa tende a non essere omogenea. Inoltre, la vaporizzazione del carburante stesso risulta molto pi&ugrave; problematica e si possono anche verificare dei fenomeni di ricondensazione sulle pareti metalliche ancora fredde (in massima parte ci&ograve; avviene all&rsquo;interno del condotto di aspirazione, tra il corpo farfallato e la valvola). Per fare arrivare alla zona tra gli elettrodi della candela una miscela che abbia elevate possibilit&agrave; di accendersi si impiegano pertanto miscele a titolo molto ricco. Quando l&rsquo;albero inizia a girare le pareti metalliche sono ancora fredde. Questo significa che tra i gas e le pareti stesse esiste una grande differenza di temperatura, che si traduce in un forte assorbimento di calore; il rendimento del motore risulta basso in quanto &egrave; maggiore la quantit&agrave; di energia assorbita dalla testa e dal cilindro ed &egrave; minore la quota che viene trasformata in energia meccanica. &Egrave; anche problematico ottenere una combustione completa o quasi e le perdite per attrito risultano molto elevate. Questa situazione migliora mano a mano che la temperatura del motore aumenta. Inoltre proprio nei primissimi attimi di funzionamento la modesta velocit&agrave; di rotazione non consente di ottenere un buon lavaggio e quindi all&rsquo;interno del cilindro rimane una considerevole quantit&agrave; di gas combusti mentre, se la fasatura di distribuzione &egrave; abbastanza spinta, si ha una notevole fuoriuscita di miscela fresca&nbsp; allo scarico. La marmitta catalitica non ha ancora raggiunto una temperatura tale da consentirne l&rsquo;entrata in funzione (ovvero, per esprimerci in termini tecnici, non &egrave; ancora arrivata al &ldquo;light off&rdquo;) e quindi le emissioni di idrocarburi sono particolarmente elevate, anche se al motore viene fornita una quantit&agrave; di carburante modesta, nell&rsquo;unit&agrave; di tempo.  A FREDDO i giochi tra i vari organi meccanici sono diversi da quelli che si hanno a caldo. Questo &egrave; dovuto al fatto che i materiali si dilatano, al crescere della temperatura. In fase di progetto si studiano gli accoppiamenti tra le varie parti in modo da avere il gioco ottimale una volta raggiunta la temperatura di funzionamento normale. Si tiene per&ograve; anche conto delle dilatazioni e quindi si determinano i giochi che si devono adottare al montaggio, e quindi alla temperatura ambiente. Alcuni componenti a caldo non solo variano le loro dimensioni, ma cambiano anche la loro geometria. Ci&ograve; &egrave; dovuto al fatto che una volta a regime, la temperatura che essi raggiungono non &egrave; uniforme ma varia, diminuendo mano a mano che ci si allontana dalla zona che viene direttamente lambita dai gas in combustione o di scarico. Inoltre, ha una forte influenza anche la distribuzione del materiale. Il caso dei pistoni &egrave; classico, sotto questo aspetto. Pure le valvole hanno una estremit&agrave; calda e una fredda e in certi casi per questa ragione sono dotate di uno stelo che non &egrave; perfettamente cilindrico ma ha un diametro leggermente minore dalla parte che va a unirsi al fungo. Gli organi meccanici per i quali l&rsquo;avviamento &egrave; forse pi&ugrave; &ldquo;traumatico&rdquo; sono le bronzine. Prima che si riempia il meato (ovvero lo spazio tra il perno dell&rsquo;albero e la bronzina) non &egrave; possibile che si instauri la lubrificazione idrodinamica, con completa separazione delle superfici metalliche da parte di un velo d&rsquo;olio di congruo spessore. All&rsquo;inizio si pu&ograve; contare solo su quel po&rsquo; di lubrificante rimasto attaccato alle superfici, insufficiente per sopportare il carico e per evitare il contatto tra le microscopiche asperit&agrave;. Il perno gira in queste condizioni critiche (lubrificazione limite o, nel migliore dei casi, mista) fino a quando non arriva l&rsquo;olio erogato dalla pompa. Il tempo necessario pu&ograve; essere brevissimo o no, a seconda delle caratteristiche del circuito, della portata della pompa, della sua posizione (meglio se &egrave; immersa nella coppa) e della viscosit&agrave; dell&rsquo;olio. Siccome quest&rsquo;ultima dipende dalla temperatura, a freddo la situazione risulta pi&ugrave; critica. L&rsquo;olio, pi&ugrave; viscoso, scorre meno agevolmente. Di conseguenza quello erogato dalla pompa non solo impiega pi&ugrave; tempo per raggiungere i vari punti del circuito, ma attiva ai vari organi in quantit&agrave; minore. Una conseguenza importante della viscosit&agrave; pi&ugrave; elevata &egrave; infatti una maggiore pressione. A freddo questa potrebbe essere troppo alta, con problemi per gli elementi di tenuta e un elevato assorbimento di potenza da parte della pompa, se non ci fosse una valvola limitatrice. Quando la temperatura &egrave; molto bassa, tale valvola si apre lasciando sfogare all&rsquo;esterno la maggior parte dell&rsquo;olio erogato dalla pompa.  MANO A MANO che il motore si riscalda la sua viscosit&agrave; diminuisce e la valvola si chiude progressivamente. Alla temperatura di regime essa si apre, in una certa misura, solo alle alte velocit&agrave; di rotazione. A freddo invece &egrave; aperta anche a velocit&agrave; piuttosto basse. Si deve anche tenere presente che per raggiungere dalla pompa la canalizzazione principale, che lo porta alle bronzine di banco, l&rsquo;olio deve prima passare attraverso il filtro a cartuccia. Questo comporta un aumento del tempo necessario per arrivare agli organi da lubrificare e una lieve perdita di carico. Per questa ragione in svariati motori moderni il circuito di lubrificazione &egrave; dotato di una valvola che, a freddo, consente di bypassare il filtro. Come appare evidente, se i cuscinetti di banco e di biella sono a rotolamento, la situazione all&rsquo;atto dell&rsquo;avviamento e negli attimi immediatamente successivi &egrave; decisamente migliore, per quanto riguarda la lubrificazione. Questi componenti sono ben poco esigenti sotto questo aspetto e non funzionano in regime idrodinamico. Basta pensare a quelli dei motori a due tempi, per i quali &egrave; sufficiente una semplice nebbia d&rsquo;olio, anche nelle condizioni di funzionamento pi&ugrave; severe. L&rsquo;olio ci mette pi&ugrave; tempo per arrivare alle bronzine di biella, uscendo dalle quali viene poi lanciato tutt&rsquo;attorno e va quindi a lubrificare i cilindri e i gruppi pistone-segmenti. Questi ultimi devono quindi affidarsi, nei primi attimi di funzionamento del motore dopo l&rsquo;avviamento, a quel poco di olio che rimane attaccato alle superfici metalliche. Sono quindi importanti le caratteristiche di adesivit&agrave; e di untuosit&agrave; del lubrificante. In ogni caso nei motori moderni l&rsquo;olio arriva alle bronzine rapidamente; perch&eacute; per&ograve;, dopo l&rsquo;avviamento, venga messo in pressione tutto il circuito, occorrono in genere alcuni secondi. La zona alla quale l&rsquo;olio impiega pi&ugrave; tempo per arrivare &egrave; la testa, con gli organi mobili in essa alloggiati. Oggi la situazione &egrave; comunque decisamente buona ma in passato non pochi motori hanno avuto dei problemi a livello di usura dei pattini dei bilancieri e/o delle camme proprio perch&eacute; l&rsquo;olio impiegava troppo tempo per raggiungerli, dopo l&rsquo;avviamento del motore. Tra gli eccentrici e i cedenti (punterie o bilancieri) si raggiungono pressioni di contatto elevatissime ed &egrave; pertanto essenziale che questi componenti possano godere di una adeguata lubrificazione. Sono essenziali qui le caratteristiche tribologiche dell&rsquo;olio (e non la sua viscosit&agrave;, come avviene nel caso di lubrificazione idrodinamica), non solo negli attimi che seguono la messa in moto, ma anche nel funzionamento normale del motore.&nbsp;   

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World Premiére Ducati, si comincia con la moto ispirata alla Lamborghini

Che cosa succede... cambio la mappatura (5. puntata)

Che cosa succede- 1a puntata - metto in moto