Quando si sta prendendo la patente, che sia per le quattro o le due ruote, ci sono diverse fasi da rispettare e una fra queste &egrave; l&#39;attesa dell&#39;esame di guida. Nel frattempo, secondo l&#39;articolo 122 del Codice della Strada, in questo lasso di tempo viene rilasciata un&#39;autorizzazione al fine di esercitarzi, ossia il cos&igrave; detto foglio rosa.  Tale foglio &egrave; valido per 12 mesi, e nel caso della patente moto vale per l&#39;AM, A1, A2, e A. In ogni caso, chi ha l&#39;autorizzazione pu&ograve; portare dei passeggeri con s&eacute;, purch&eacute; il motociclista abbia compiuto 16 anni, che &egrave; l&#39;et&agrave; minima per andare in moto e il passeggero ne abbia 5. Le cose per&ograve; all&#39;orizzonte potrebbero cambiare, ma in che modo?  L&#39;emendamento  Recentemente la Commissione Trasporti della Camera ha approvato un emendamento al Ddl di riforma del Codice della Strada che modifica parzialmente l&rsquo;art. 122 del CdS, vietando cos&igrave; il trasporto di passeggeri durante le esercitazioni alla guida della moto. Tale emendamento inserisce il nuovo comma 3-bis dell&rsquo;art. 122 del Codice della Strada, in base al quale &ldquo;fermo restante quanto previsto dai commi 2 e 3, gli aspiranti autorizzati a esercitarsi per conseguire le patenti di guida AM, A1, A2 e A non possono in alcun caso trasportare passeggeri&ldquo;. Se il Parlamento voter&agrave; a favore, si avr&agrave; conferma definitiva del divieto con la pubblicazione in Gazzetta Ufficale, ma per il momento bisogna ancora attendere.  MOTOTERAPIA PER I MALATI: ARRIVA IL S&Igrave; DELLA CAMERA 

La Commissione Trasporti della Camera ha approvato l&#39;emendamento al Ddl di riforma del Codice della Strada, bisogner&agrave; per&ograve; aspettare le votazioni del Parlamento

Foglio rosa moto: addio trasporto passeggeri?

        Il termine Zavorrina fa parte del linguaggio del motociclista italiano, e tutti noi conosciamo e utilizziamo questa parola in riferimento alle nostre amate compagne di viaggio e di vita, che siedono sempre dietro di noi durante i giri in moto. Se non avete mai pensato all'etimologia e all'origine del termine, questo articolo vi aiuter&agrave; a capire, anche in relazione al momento storico che stiamo vivendo in cui, teoricamente, questo termine &egrave; decisamente scorretto. Grammatica italiana, definizione di "Zavorrina" Zavorrina deriva logicamente da "zavorra", ovvero un peso extra che viene applicato ai mezzi di trasporto per bilanciare le masse ed avere un viaggio pi&ugrave; confortevole. Inizialmente &egrave; nato come termine nautico: una zavorra ben posizionata limita parecchio i fenomeni di rollio e beccheggio dello scafo, ma poi &egrave; arrivato anche nel mondo dell'aeronautica e del trasporto su gomma.&nbsp; Oltre all'utilizzo positivo della zavorra, ce n'&egrave; anche uno negativo, e arriva dal mondo del motorsport. Da quando le corse di auto esistono, le zavorre sono state utilizzate come penalit&agrave; o handicap previsti dal regolamento in numerose gare e campionati. In questo caso zavorra significa soltanto "peso extra" che limita le prestazioni velocistiche del mezzo. Ed &egrave; da quest'ultimo che il termine "zavorrina" prende origine. Il vezzeggiativo "ina" sta a indicare la natura tutto sommato non offensiva della parola in riferimento al peso in pi&ugrave; che ci si deve portare dietro e che limita parecchio le prestazioni e il divertimento della nostra moto. Dalle informazioni (poche) che possiamo trovare sull'origine della parola, pare sia stata coniata gi&agrave; ai tempi del fascismo, quando la lingua italiana era spesso usata in maniera allegorica. Le Zavorrine sanno bene che il termine con cui vengono chiamate non &egrave; dei pi&ugrave; rispettosi, ma il tenero vezzeggiativo lo accettano di buon cuore, spesso identificandosi all'interno di una categoria che &egrave; una vera e propria comunit&agrave;: le zavorrine sono quelle che si godono i piaceri dell'essere motociclista e le avventure in giro per il mondo senza doversi preoccupare della guida del mezzo e riponendo massima fiducia nel proprio compagno. Molte di loro fanno il salto di categoria e diventano motociliste, altre rimangono orgogliose zavorrine per sempre.  &nbsp; Perch&egrave; nel 2022 &egrave; un termine borderline Stiamo vivendo anni di rivoluzioni sociali per quanto riguarda libert&agrave; e diritti delle persone. Chi vuole difendersi ed essere riconosciuto per la persona che &egrave;, ora lo pu&ograve; fare a gran voce, trovando quasi sempre supporto. Fondamentalmente ogni persona sulla terra merita rispetto, e cose come colore della pelle, identit&agrave; sessuale, handicap, caratteristiche fisiche o scelte di vita non dovrebbero mai subire discriminazioni.&nbsp; Definire una particolare categoria di persone "un peso" pu&ograve; essere riconosciuto come fortemente offensivo, e la parola Zavorrina quest'offesa ce l'ha nel nome stesso. Si legge sempre pi&ugrave; spesso in giro per Internet del disappunto riguardo l'utilizzo di questa parola per indicare le nostre compagne di viaggio, sia da parte di uomini che di donne che trovano sessista e non carino definire e sentirsi definite come una "tenera e amorevole zavorra che mi rovina l'esperienza della guida in moto".&nbsp; A mio parere, chi ritiene questa parola offensiva &egrave; perch&egrave; non ha mai veramente vissuto il contesto motociclistico nel quale si &egrave; diffusa. A differenza di altri termini di uso comune decisamente opinabili, "zavorrina" non &egrave; mai stata usata come parola discriminatoria e non ha mai messo le basi per una situazione razzista all'interno del mondo moto. Al contrario, &egrave; sempre stato utilizzato come un vero vezzeggiativo che sottointende affetto, e le stesse passeggere si sentono nella maggior parte dei casi coccolate da questa parola, che ha sempre mantenuto la sua accezione positiva nel dibattito fra motociclisti. Detto ci&ograve;, posso fare coming out e dire che non ho mai usato questo termine, e che non mi piace. Ho sempre ritenuto la definizione "zavorrina" come un termine inventato da uomini in un contesto dominato da uomini, in riferimento a una figura quasi esclusivamente femminile... e questa &egrave; l'unica considerazione negativa che tendo a fare di questa parola, che per me &egrave; ormai entrata nello slang comune del motociclismo e non dovrebbe mai spostarsi da l&igrave;.  Moto: esistono quelle adatte a conquistare le donne?       

Un termine di uso comune nel mondo dei motociclisti, che da sempre hanno chiamato la propria compagna di gite in moto in questo modo affettuoso. Vi spieghiamo cosa vuol dire e da dove arriva l'utilizzo della parola

Andare in moto: il termine zavorrina è offensivo?

E&rsquo; bastata una foto a scatenare un putiferio sull&rsquo;etica motociclistica. Galeotto &egrave; stato, come ormai spesso accade, il social network Facebook: un automobilista ha pubblicato sul suo profilo la foto di una bambina di 7 anni in sella alla moto supersportiva del padre. Numerosi i commenti negativi sul comportamento del padre, reo, secondo il popolo di Facebook di un&rsquo;azione pericolosa per l&rsquo;incolumit&agrave; della figlia.  LA RISPOSTA DELLA MADRE - La madre, rispondendo con un post, ha spiegato che la figlia ama andare in moto e che lei le permette di girare insieme al suo fidanzato, che con le due ruote ha un&rsquo;esperienza di oltre 20 anni. E, ha sottolineato Mallory Torres, non ha nulla da rimproverarsi.  NESSUNA INFRAZIONE - La Torres e il fidanzato non hanno infranto alcuna legge, visto che lo stato del Texas (cos&igrave; come il nostro Codice della Strada, art. 170, comma 1 bis) permette ad un bambino di et&agrave; superiore ai 5 anni di salire su una moto come passeggero, purch&eacute; indossi il casco: la bambina stava tornando da scuola, come dimostra lo zaino (rigorosamente rosa come le scarpe) sulla schiena ed &egrave; seduta sulla porzione di sella riservata al passeggero.&nbsp; In pi&ugrave; indossa un casco integrale e non le tante &ldquo;scodelle&rdquo; che vediamo spesso sulla testa dei bambini in scooter all&rsquo;uscita dalle scuole.&nbsp;  E IN PIEDI SULLO SCOOTER? - A proposito di questo, vogliamo fare una considerazione: ci si indigna facilmente nel vedere una bambina seduta correttamente in sella ad una moto da 180 cv con il casco in testa mentre non fa quasi nessun effetto (soprattutto a casa nostra) un bambino portato a &ldquo;spasso&rdquo;, in piedi, sulla pedana di uno scooter. Perch&eacute;? I famosi due pesi e due misure&hellip; 

Su Facebook ha scatenato polemiche la foto di una bambina di 7 anni passeggera di una moto supersportiva. La moto &ldquo;veloce&rdquo; fa paura anche se va piano, mentre in piedi sulla pedana di uno scooter&hellip;

&ldquo;Zavorrina&rdquo; a 7 anni: perch&eacute; no?

Dal 18 agosto si pu&ograve; circolare in due in motorino anche se non si &egrave; ancora maggiorenni ma se si sono compiuti i 16 anni. E&rsquo; entrato infatti in vigore un adeguamento del Codice della Strada, che recepisce quanto previsto dalla Legge europea 2014, pubblicata sulla GU del 3 agosto.  Dunque, il conducente sedicenne potr&agrave; trasportare regolarmente un altro passeggero su qualsiasi veicolo per il quale &egrave; abilitato alla guida cio&egrave; in possesso di patente Am, A1, B1.  Il divieto di circolazione rester&agrave; in vigore solo in et&agrave; compresa fra i quattordici e i sedici anni e in caso di ciclomotori&nbsp;non omologati al trasporto di due persone.  Le sanzioni principali sono:   - passeggero su ciclomotore omologato per uno: sanzione minima di &euro; 81,00;  - trasporto passeggero da parte di conducente minorenne: fermo amministrativo 60 gg + sanzione minima di &euro; 81,00;  - per la seconda violazione in due anni il fermo passa a 90 giorni.  Quando &egrave; prevista la confisca o il fermo la polizia fa custodire il ciclomotore per almeno 30 giorni da un deposito autorizzato, trascorsi i quali il proprietario pu&ograve; chiederne l'affidamento. Non potr&agrave; per&ograve; utilizzare il veicolo.  Successivamente il Prefetto emette il decreto di confisca, necessario per consentire la vendita all'asta del ciclomotore.  Con l&rsquo;occasione, vi ricordiamo le sanzioni per aspetti pi&ugrave; generali della circolazione che riguardano i ciclomotori;  - targa non visibile: &euro; 82,00  - abbinamento non corretto targa-ciclomotore: fermo amministrativo di un mese presso deposito convenzionato + sanzione stabilita dal Prefetto (minimo &euro; 1.818,00)  - cambio di propriet&agrave; o cessazione dalla circolazione non comunicate alla Motorizzazion: &euro; 388,99 + ritiro certificato di circolazione  - circolazione senza casco, con casco non allacciato: fermo amministrativo di 60 giorni presso il proprietario + sanzione minima di &euro; 80,00  - circolazione con casco non omologato: fermo amministrativo di 60 giorni presso il proprietario + sanzione minima di &euro; 80,00 + confisca del casco non omologato.  &nbsp;

Cambia la legge e da adesso si circola in due sui &lsquo;cinquantini&rsquo; a partire dai 16 anni. Le condizioni e tutte le sanzioni per i ciclomotori

In due in motorino a 16 anni

La guida in due: il miglior passeggero &egrave; quello che... sembra non esserci  &nbsp;  &nbsp;  L&rsquo;ultima puntata del nostro corso di guida sicura si occupa del passeggero, un elemento &ldquo;accessorio&rdquo; che spesso ci troviamo a trasportare sia per brevi tragitti, sia per viaggi lunghi, magari durante una vacanza. Vediamo come si deve comportare il &ldquo;secondo&rdquo; per rendere la vita facile al pilota.  13. Il passeggero Finora abbiamo imparato a curvare spostando il nostro corpo, pertanto &egrave; chiaro che se il pilota compie tutte le procedure giuste e il passeggero si oppone, la curva non sar&agrave; perfetta, anzi. Dobbiamo metterci in condizioni di guidare e di curvare in maniera da non sentire minimamente il peso del nostro passeggero. Come? Prima di tutto, il passeggero deve tenersi saldamente alla moto minimo con una mano, e mai alle braccia del pilota, stringere con le gambe il pilota, saldo ma elastico. Dovr&agrave; inoltre guardare la strada: abbiamo visto melle puntate precedenti che il pilota deve guardare la curva, la stessa cosa dovr&agrave; fare il passeggero, anzi addirittura precedere il pilota stesso. Se stiamo impostando a destra, e il passeggiero guarda a sinistra, &egrave; chiaro che avr&agrave; la testa e il casco orientati dalla parte opposta. Questo comporta una distribuzione dei pesi sbagliata e contraria, mentre &egrave; importante che pilota e passeggero siano &ldquo;saldati&rdquo; nei movimenti, aderenti petto/schiena e leggermente inclinati avanti, ma mai rigidi.   Nelle frenate e nelle accelerazioni &egrave; molto importante non appendersi o spingere il pilota, i trasferimenti di carico vanno preceduti. Il passeggero non dovr&agrave; mai appendersi, tenersi con le braccia, dovr&agrave; sempre far conto che tra i suoi punti di contatto e il pilota ci siano mille uova. Il miglior esercizio &egrave; quello di abituarsi a restare in equilibrio tenendosi il meno possibile con le braccia e con le mani, appunto per non rompere le uova! Il passeggero che stringe troppo le mani o le braccia, lo fa semplicemente perch&eacute; non &egrave; in assetto col pilota. Ricordate: il peso del pilota e quello del passeggero concorrono nella guida, uno spostamento all&rsquo;interno della curva nostro e suo sono la base per far girare bene la moto, purch&eacute; siano tutti e due nella stessa direzione. Se il passeggero in una curva a destra sposta il corpo verso l&rsquo;alto, tende a rimanere dritto, per forza il pilota dovr&agrave; inclinare ancora di pi&ugrave; la moto per girare, rischiando di pi&ugrave; inutilmente. Se fosse il contrario, la moto girerebbe con il minor angolo di piega possibile. Ci vuole esercizio...  

Corso di guida sicura - Il passeggero

Sar&agrave; capitato a tanti di noi di fare un viaggio con il pap&agrave; o con il figlio, ognuno con la propria moto o insieme sulla stessa. Meno usuale sicuramente la &ldquo;gita&rdquo; che vi proponiamo per aprire questo nuovo spazio di storie in moto  &nbsp;  La moto non ha mai rappresentato una passione nella nostra famiglia: quando, raggiunti i sedici anni, comunicai ai miei che avrei voluto acquistarne una, la prima risposta fu un secco &laquo;no&raquo;. Quando per&ograve;, due anni pi&ugrave; tardi, con i miei risparmi riuscii a comprare un&rsquo;Aprilia Pegaso, la situazione cambi&ograve; e mio padre inizi&ograve; persino a vantarsi di avere una figlia &laquo;centaura&raquo;. Ma non avrei mai pensato che un giorno mia madre, a 67 anni, sarebbe venuta in sella con me per ottomila chilometri... E invece, cos&igrave; &egrave; stato! Tutto &egrave; iniziato quando un mio amico danese (conosciuto anni addietro grazie alla comune passione per la moto) ha deciso di venire in vacanza in Italia, naturalmente su due ruote. Claus e la sua ragazza Ann sono stati nostri ospiti a Roma, conquistando la simpatia di mia mamma. L&rsquo;estate successiva sono arrivate le partecipazioni del loro matrimonio, nella citt&agrave; di Aalborg, e la decisione &egrave; stata presto presa: non potevamo rifiutare l&rsquo;invito, riservato a pochi intimi, e saremmo andate in moto, ufficialmente per non essere da meno della maggior parte degli invitati e, in cuor nostro, perch&eacute; sapevamo che solo cos&igrave; sarebbe stato un evento indimenticabile. Mia madre, che ha sempre amato viaggiare, si &egrave; dedicata al reperimento delle carte stradali e delle guide turistiche e ha suggerito di partire prima per inserire anche la Svezia nel nostro itinerario. Senza nascondere la mia incredulit&agrave;, colsi al volo la proposta: Scandinavia, arriviamo! La notte prima della partenza &egrave; trascorsa insonne. E non per l&rsquo;emozione, ma nel vano tentativo di stipare tutti i bagagli. Dovevano starci anche la macchina fotografica reflex con i relativi obiettivi, gli abiti e le scarpe da cerimonia e il regalo di nozze: una macchina per il caff&egrave; espresso, con cui Claus e Ann avrebbero potuto prepararsi l&rsquo;amato cappuccino italiano. Un regalo ponderato, ma non troppo: solo togliendo la scatola siamo riuscite a farlo entrare nel bauletto! Con la calura di fine luglio ci &egrave; sembrato strano indossare le giacche tecniche Spidi. Ma sapevamo che non si poteva fare diversamente. D&rsquo;ordinanza anche i guanti e le scarpe: niente sandali, noi siamo motocicliste vere! Finalmente chiudiamo la porta di casa. La nostra Honda CB 500 S si &egrave; trasformata: con il bauletto da 52 litri, la borsa da serbatoio e due bisacce morbide laterali ora la piccola bicilindrica sembra un animale da viaggio. Ci sistemiamo in sella. Mia madre era gi&agrave; stata mia passeggera, ma era la prima volta che affrontava un viaggio cos&igrave; impegnativo. E per giunta con un pesante zaino sulle spalle. Come si sarebbe trovata? Sperai per lei che non dovesse pentirsi della sua coraggiosa decisione di partire per un tragitto cos&igrave; lungo. E io? Sarei stata all&rsquo;altezza della situazione? Non avevo mai varcato le frontiere italiane su due ruote. Avrei potuto guidare da sola per tanto tempo? N&eacute; un&rsquo;auto n&eacute; una moto d&rsquo;appoggio: soltanto mia mamma, io e la nostra fida CB. Sentivo una grossa responsabilit&agrave;. E anche un grosso peso: troppi bagagli! Fatto il giro dell&rsquo;isolato siamo rientrate a casa e ci siamo &laquo;alleggerite&raquo; in cinque minuti di tutto il superfluo. Ora s&igrave; che &egrave; il momento di partire!  &nbsp;    La prima tappa ci ha portate solo fino a Milano, dopo una sosta a Calenzano, al ristorante dell&rsquo;ex pilota Leandro Becheroni. Qui Alessandro Gramigni aveva lasciato un casco per noi: gi&agrave;, proprio il campione del mondo della 125! Mi aveva detto che se davvero fossi partita in moto per la Scandinavia mi avrebbe dato uno dei suoi caschi, e ha mantenuto la parola! Anche mia mamma ha cambiato casco dopo i primi 300 chilometri: gli amici del Moto Club Firenze ci hanno dato un Premier da portare ai piedi della Sirenetta in cambio della foto dell&rsquo;impresa. La nostra prima tappa si conclude con una forte stanchezza dovuta pi&ugrave; che altro ai preparativi. Spero di recuperare durante il viaggio e non dico niente a mia madre, che vedo molto tranquilla. Il secondo giorno ci porta ad attraversare la Svizzera. La nostra prima sosta &laquo;turistica&raquo; sar&agrave; Strasburgo: non &egrave; proprio sulla rotta di Stoccolma, ma i chilometri non ci spaventano. Passata la frontiera, iniziamo a incontrare numerosi mototuristi di nazionalit&agrave; perlopi&ugrave; tedesca. La moto a pieno carico e con passeggera a bordo &egrave; pesante e ho bisogno di fermarmi per una sosta almeno ogni 150-200 chilometri: nelle aree di servizio qualcuno ci guarda come se fossimo marziani, gli altri motociclisti ci salutano o si fermano a parlare. Nei giorni a venire sar&agrave; sempre pi&ugrave; mia mamma ad attaccare discorso, con il suo francese scolastico e con qualche parola d&rsquo;inglese. In Svezia si infiler&agrave; in un gruppo di Hell&rsquo;s Angels per chiedere dove stessero andando... mentre io rimarr&ograve; vicino alla moto, a guardare in trepidazione. In Svizzera incontriamo la prima pioggia. Gi&agrave; verso Lucerna il cielo diventa plumbeo e l&rsquo;acqua scende torrenziale. Temo per la passeggera: non ha mai viaggiato in moto sotto il diluvio. &laquo;Come va? Cerchiamo riparo?&raquo; Lei allunga un braccio e fa scivolare via una secchiata d&rsquo;acqua. &laquo;Con queste giacche e con questi pantaloni la pioggia non passa &ndash; osserva con lucidit&agrave;. &ndash; Andiamo avanti&raquo;. Forse proprio in quel momento &egrave; iniziato davvero il nostro viaggio. Non una vacanza qualsiasi, ma un&rsquo;avventura autentica, che non si sarebbe fermata nemmeno davanti al diluvio. L&rsquo;acqua &egrave; stata la nostra compagna quasi ogni giorno, tanto che dopo i primi mille chilometri non ci abbiamo pi&ugrave; fatto caso: l&rsquo;unico fastidio era pulire l&rsquo;obiettivo della macchina fotografica prima di scattare.  &nbsp;    &nbsp;  Dopo Strasburgo &egrave; passata anche la stanchezza: effetto, forse, dell&rsquo;adrenalina! Abbiamo puntato sulla gigantesca Amburgo: qui, dopo cena, abbiamo smarrito la strada di ritorno per il nostro hotel, del quale non ricordavamo nemmeno il nome, ma dove avevamo lasciato tutti i nostri averi, e se lo abbiamo ritrovato &egrave; stato solo grazie all&rsquo;intuito di un tassista che abbiamo incontrato davanti a una stazioncina ferroviaria periferica, e che alle tre di notte ha voluto a tutti i costi guidarci a destinazione senza nemmeno essere ricompensato (&laquo;Mamma e figlia che vengono in moto da Roma... &Egrave; una storia da raccontare&raquo;). Poi c&rsquo;&egrave; stata la splendida Copenhagen e lo sbigottimento davanti al Ponte Oresund, che collega la Danimarca alla Svezia: un miracolo d&rsquo;ingegneria che inizia con un tunnel adagiato sul fondo del mare lungo circa 5 chilometri. Poi si sale progressivamente sul ponte, con le sue arcate colossali, che permettono il transito anche delle navi transoceaniche. Dopo i primi quattro chilometri su un&rsquo;isola artificiale, costruita nel mezzo dello stretto, ci aspettano altri otto chilometri di ponte. Attraversiamo questa struttura straordinaria all&rsquo;alba, dopo una notte insonne per non aver trovato un albergo libero a Copenhagen. Non &egrave; consentito sostare sul ponte, ma trasgrediamo consapevolmente, perch&eacute; lo spettacolo &egrave; imperdibile. Osserviamo il sole rosso che nasce davanti all&rsquo;immensit&agrave; del Mar Baltico. Al passaggio dei TIR il ponte sobbalza, mentre al piano inferiore transitano i treni, che sferragliano inquietanti. I piloni in cemento armato conficcati nel mare sono alti pi&ugrave; di 200 metri e ci sovrastano per altri trenta. Raffiche violente di vento ci impediscono quasi di muoverci. Ci sentiamo piccolissime, ma al contempo partecipi della maestosit&agrave; della natura e delle opere umane che ci circondano. Con il cuore gonfio di emozioni risaliamo in sella. Anche la nostra Honda CB 500 sembra palpitare, e scalpita verso nuove mete. Ci aspetta ancora Stoccolma e poi il ritorno in Danimarca, ad Aalborg, per il matrimonio del nostro amico, e poi ancora la scoperta dei fantastici colori di Skagen, dove il mare del Nord e il Baltico s&rsquo;incontrano con fragore nell&rsquo;azzurro assoluto di un cielo sempre privo di nuvole. E infine il ritorno, le soste a Lubecca, a Brema e sul Lago di Costanza, programmando il prossimo itinerario perch&eacute; ottomila chilometri in due settimane sono volati. Durante questo viaggio abbiamo capito che non importa dove si arriva: quel che conta &egrave; andare, in sella ad una moto, per raggiungere il cuore della gente che s&rsquo;incontra, entrando veramente nel mondo che si attraversa, e per sentirsi pi&ugrave; liberi e pi&ugrave; forti.  

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