Una Ducati in California- Dietro le quinte della presentazione stampa-  Non &egrave; un caso se Ducati ha deciso di presentare la nuova Scrambler in California, esattamente 40 anni dopo l'uscita di produzione di una delle moto pi&ugrave; importanti della storia della Casa bolognese.  La prima versione della Scrambler fu progettata a partire dal 1960, per volere&nbsp;di Berliner (all'epoca importatore americano del Marchio&nbsp;di Borgo Panigale) che aveva richiesto a Ducati di realizzare una piccola monocilindrica di indole fuoristradistica, sulla base della&nbsp;"Diana". E proprio sfruttando la tecnica di questo modello prese vita la prima Scrambler, con motore da 250 cm3. Era il 1962.  La risposta del mercato fu positiva e la moto rimase in produzione due anni per poi&nbsp;subire un importante aggiornamento estetico e meccanico (adozione del cambio a 5 rapporti). Dal 1966 la Scrambler&nbsp;venne importata in Italia, disponibile anche con cilindrata di 350 cm3 mentre la pi&ugrave; importante modifica avvenne nel 1968 con l'introduzione del nuovo monocilindrico a &ldquo;carter largo&rdquo;.  Il restyling, tecnico e stilistico, mantiene alto l'interesse del mercato fino ai primi anni settanta. La Scrambler non &egrave; per&ograve; pi&ugrave; un prodotto &ldquo;fresco&rdquo; e il progressivo calo di interesse verso il modello porta la Casa bolognese a terminarne la produzione. Siamo nel 1975. La &ldquo;guerra&rdquo; fra le Case era ormai combattuta sul piano&nbsp;delle prestazioni e Ducati, con l'uscita delle prime bicilindriche a coppie coniche (SS 750 Carter Tondi e Sport 750), rimase&nbsp;completamente assorbita in quella battaglia.  Un lungo salto temporale ci riporta ai giorni nostri: 2015, 40 anni dopo. Di quella prima Scrambler la nuova ha ben poco: colori e forme e spirito. E una gran voglia di sfondare, anche oltreoceano. Questo &egrave; uno dei motivi per cui siamo andati a provarla in California. E sempre per lo stessa ragione&nbsp;al nostro arrivo a Palm Springs abbiamo trovato un'atmosfera &ldquo;rock&rdquo;, tipicamente Sixties. Dalla location&nbsp;(Ace Hotel) alla scenografia studiata dalla stessa Ducati: camere in stile, consolle con sola musica rock e un'atmosfera frizzante e leggera, decisamente inusuale per una presentazione stampa. &ldquo;Land of Joy&rdquo;, il motto coniato dalla Casa per identificare il mondo che ruota intorno a questa moto.  Cos&igrave;, tra un assolo di Hendrix e una degustazione di hamburger, abbiamo conosciuto quella che si presenta come una delle pi&ugrave; importanti novit&agrave; del 2015, e tutto il microcosmo celato dietro: accessori, abbigliamento e parti speciali.  Marketing? Certamente. Troppo? Forse. La verit&agrave; &egrave; che la Casa bolognese ha scommesso forte su questo modello creandogli attorno un mondo che, visto da fuori e da dentro, affascina, stupisce e forse illude. Come &egrave; giusto che sia, quando&nbsp;si parla di moto.  Se la mossa di Ducati &egrave; stata lungimirante, se il "circo" lascer&agrave; una traccia, ne avremo la certezza solo l'anno prossimo quando la Scrambler arriver&agrave; nei concessionari e saranno diffusi i dati di vendita. Per ora l'interesse &egrave; altissimo da parte di molti.  Intanto vi lasciamo con queste immagini, nella speranza di trasmettervi un po' di quelle &ldquo;positive vibration&rdquo; che a noi sono arrivate chiare e distinte. E' stata un'esperienza unica, che probabilmente&nbsp;ricorderemo per i prossimi quarant'anni. Comunque vada.  

Dalla prima versione alla Scrambler di oggi: cos'&egrave; cambiato? Ducati vuol far rivivere il sogno dei favolosi 1960s

La leggenda della Ducati Scrambler

I have a Scrambler

Due cilindri, un telaio, un serbatoio a goccia in metallo e un manubrio alto. Serve altro per andare felici? No. Ducati ha tirato fuori il coniglio dal cilindro seguendo la troppo spesso dimenticata filosofia della semplicit&agrave;. Perch&eacute; la Scrambler, piaccia o meno, &egrave; innanzitutto una gran moto. Proprio perch&eacute; quello che ha da dire lo dice, senza giri di parole, senza filtri, senza inutili sofismi. Due cilindri dicevamo. Si raffreddati ad aria. I soliti, di sempre. E nessuna mappatura, nessun Ride By Wire, nessun controllo se non quello del polso. E l'ABS, al quale ormai non si pu&ograve; rinunciare nemmeno volendo. Ah, &egrave; disinseribile. E poi quella posizione di guida cos&igrave; naturale, cos&igrave; friendly. Il manubrio &egrave; li, alto e largo. La sella &egrave; qui, bassa e comoda. Le pedane sono dove devono essere, le leve anche. Un minuto a bordo basta a creare uno di quei legami che non possono che durare. Simpatia naturale. E poi c'&egrave; il resto che &egrave; design ma &egrave; anche funzionalit&agrave;. Il disco, che davanti lavora in solitudine, &egrave; pi&ugrave; che sufficiente a fermarsi dove si vuole e come si vuole. I cavalli, che sono 75, sono tutti quelli che servono a ripartire con brio, dopo che ci si &egrave; fermati. E le sospensioni che non saranno delle Ohlins da GP ma lavorano sodo e svolgono pi&ugrave; che bene il loro compitino. La nuova Ducati Scrambler ci ha portato in giro per la California, con quel suo borbottio roco e quel fanalino tondo che far&agrave; un sacco di strada. I perch&eacute; e i percome ve li raccontiamo dettagliatamente sul prossimo numero di InMoto, in edicola dal 23 Dicembre. Rimanete sintonizzati. Federico Garbin [gallery ids="14920,14917,14919"]

E' arrivata la nuova Ducati Scrambler e l'abbiamo provata in California. Ecco come va

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Ducati Scrambler: oltre il vintage