Quando vediamo la stessa moto con la targa e senza, non ci sono paragoni: la linea &egrave; molto pi&ugrave; filante e pulita quando non c&#39;&egrave;, perch&egrave; la maggior parte dei designer considera la targa come un elemento esterno allo stile. &Egrave; per questo che vediamo codini cortissimi e portatarga lunghi e goffi, necessari per riportare la targa oltre il limite della ruota come previsto dalla legge.&nbsp;  I portatarga belli non esistono    Per ovviare a questi brutti accrocchi plasticosi, alcuni produttori stanno adottando la soluzione della targa montata su un supporto ancorato al forcellone e solidale al movimento della ruota. Per molti motociclisti questo sistema non rovina il linguaggio stilistico, ma per altri la targa montata cos&igrave; in basso sposta l&#39;attenzione proprio sulla ruota abbassando la linea e disarmonizzando l&#39;estetica nella vista posteriore.&nbsp;  Ovviamente &egrave; una questione di punti di vista e gusti e questo causa sempre un dibattito fra chi sostiene una soluzione o l&#39;altra, ma in questo specifico caso c&#39;&egrave; molto di pi&ugrave; da discutere a partire da una domanda ben precisa: la targa &egrave; considerabile come elemento estetico o no? Non tutte le aziende trattano questo ingombrante rettangolo di latta come qualcosa da integrare nella linea del mezzo, soprattutto quando si tratta di moto compatte e dall&#39;estetica slanciata (escludiamo, per esempio, scooteroni e grosse GT tipo HD Touring, BMW K e Honda Goldwing), ma &egrave; chiaro che la sua presenza sia imprescindibile e gli utenti cercano in tutti i modi di renderla meno &quot;pesante&quot; con portatarga piccoli e poco legali o soluzioni fantasiose, spesso modificando la moto nuova ancora prima di ritirarla dal concessionario.    Passa alla prossima scheda  &nbsp;  Case e utenti vedono la targa in modo diverso    Nelle cartelle stampa, nelle interviste ai designer o nelle descrizioni che accopagnano il lancio di una nuova moto, la targa non &egrave; quasi mai menzionata, come se si trattasse di qualcosa che non fa parte della moto, messa l&igrave; perch&egrave; &egrave; obbligatoria anche se nessuno la vorrebbe vedere. La considerazione stilistica che i produttori non vogliono riporre su questo dettaglio, per&ograve;, &egrave; da sempre al centro delle chiacchiere fra chi quelle moto le compra e un portatarga particolarmente brutto pu&ograve; influenzare seriamente l&#39;acquisto. &Egrave; chiaro come produttori e utenti finali percepiscano l&#39;estetica della targa in maniera diversa da sempre, ancor di pi&ugrave; in tempi recenti, con posteriori sempre pi&ugrave; corti e striminziti.  Metterla in sospensione sulla ruota &egrave; una risposta, ma non risolve di certo il problema. Chi scrive non ama particolarmente questa soluzione e fin dalle prime applicazioni (la Bimota DB3 Mantra del 1994 fu la prima a sfoggiarla, per poi tornare alla posizione classica sotto il codone nella seconda serie) mi ha dato un&#39;impressione di disarmonia che si accentua nelle moto con codini particolarmente piccoli e alti. Per fare un esempio, non riesco ad apprezzarla sulla MT-09 (&#39;17-&#39;20), ma non mi crea troppi problemi su moto dall&#39;estetica gi&agrave; di per s&egrave; molto particolare come Ducati Diavel. Allo stesso modo, certi portatarga in posizione classica sul codino sono un vero cazzotto negli occhi, come nella maggior parte delle naked medio-piccole del mercato o l&#39;impalcatura di serie della Keeway RKF 125.&nbsp;  Sopra, sotto, di lato, pare che una soluzione legale e piacevole esteticamente non esista... al momento. Se i produttori iniziassero a vedere la targa come un elemento integrante dello stile delle nuove moto e sviluppassero supporti con un po&#39; pi&ugrave; di cura - magari interamente in metallo, pi&ugrave; compatti, e non in ingombrante plastica - potremmo vedere un&#39;evoluzione positiva che renderebbe le moto pi&ugrave; piacevoli anche se completamente di serie e legali al 100%    Prova, Honda Hornet 2023 - VIDEO  &nbsp; 

Su molti modelli la targa si &egrave; spostata dal codino al supporto sulla ruota. Una scelta estetica, una moda e uno spunto per ragionare sulle preferenze dei motociclisti

Targa moto: dove la metto?

        La Yamaha RD 350 LC &egrave;, probabilmente,&nbsp;la 2T raffreddata a liquido pi&ugrave; famosa e longeva della famiglia RD, una sorta di must della categoria. Lanciata nel&nbsp;1980, la RD 350 era l'erede della RD 400, modello raffreddato ad aria,&nbsp;ispirato a sua volta alla Yamaha TZ 350 che correva nel Motomondiale. Da qui infatti arriv&ograve; l'ispirazione per soluzioni come LC (Liquid Cooled, il raffreddamento a liquido), per la sospensione posteriore cantilever oltre alle evocativa colorazione rosso e nera. Per chi avesse un debole per questo modello che ha fatto la storia delle sposrtive 2 Tempi negli anni '80, l&rsquo;inglese Velocity Moto ha realizzato un kit estetico per trasformare una moderna&nbsp;XSR700 (o anche una XSR900) in una replica a 4 T della RD 350 LC. La trasformazione  I ragazzi di Velocity Moto hanno pensato a&nbsp;nuove sovrastrutture (che si possono montare direttamente sugli attacchi della XSR700 o con staffe aggiuntive): dalla cover serbatoio al cupolino, passando coda, sella, maniglione e parafango posteriori, e altri elementi come gli attacchi e le coperture per fanale e luci posteriori. Ma quanto cosa questo pacchetto? Sul sito di Velocity Moto &egrave; indicato il prezzo di 1.200 sterline (ovvero 1.425 euro), con possibilit&agrave; di spedizione anche all&rsquo;estero. Il kit &egrave; disponibile sia in gelcoat nero, ma anche in verniciature vintage (ma in questo caso aumentano il prezzo, circa 1.300 euro in pi&ugrave;, e anche l&rsquo;attesa per riceverlo). Infine, per chi vuole personalizzare ulteriormente, ci sono anche altre parti da aggiungere (tra sospensioni, scarico e centralina rimappata). COME &Egrave; CAMBIATA: YAMAHA T&Eacute;N&Eacute;R&Eacute;       

&Egrave; possibile trasformare una moderna XSR700 nell&rsquo;icona 2T? Ci pensa l&rsquo;inglese Velocity Moto. Ecco come

Yamaha RD 350 LC, la mitica moto degli anni ’80 rivive con un kit

        Una delle tecnologie che il mondo auto sta riversando anche nelle due ruote &egrave; senza dubbio il monitoraggio del traffico e della strada con l'utilizzo di radar. Questo consente alla moto di utilizzare il sistema di cruise control adattivo e di identificare se ci sono veicoli nell'angolo cieco, avvisando con un segnale luminoso il pilota. Tutto bello tranne una cosa: il radar &egrave; ingombrante e deve avere una superficie piana e ampia abbastanza da permetterne il corretto funzionamento, un bel problema in un mezzo di trasporto piccolo e con i centimetri contati. Sistema sicuro e comodo, ma antiestetico La tendenza degli ultimi anni &egrave; di avere moto dalle forme filanti e snelle, non troppo abbondanti anche per quanto riguarda il segmento delle turistiche e delle GT. Ragion per cui trovare lo spazio per inserire un radar piatto, verticale (o leggermente inclinata) e in posizione pi&ugrave; esterna possibile al mezzo diventa un lavoro davvero complicato per i designer.&nbsp; Con la tecnologia che abbiamo a disposizione ora, si possono realizzare radar anche leggermente curvi, ma non troppo, per questo la Kawasaki ha dotato la sua H2 SX SE di un elemento integrato al centro del frontale, leggermente piegato a seguire la linea del cupolino e togliendo spazio a quello che prima era un faro a sviluppo verticale. Risultato decente, ma riusciuto solo in parte, perch&egrave; al posteriore l'unico posto libero &egrave; sul portatarga, dove il radar causa un obbrobrioso prolungamento che appesantisce tantissimo la linea. Usando una moto che in origine non lo prevedeva, questo &egrave; il meglio che sono riusciti a fare ad Akashi  &nbsp; BMW e Ducati sono le "meno peggio" Stesso discorso negativo per il posteriore della nuova Triumph Tiger 1200 2022, che presenta un radar rettangolare posizionato in verticale fra il faro (sul portatarga) e il portapacchi. In questo caso disturba meno la vista rispetto alla Kawa, ma rimane un "accrocchio" non integrato con lo stile del mezzo, che in origine &egrave; stato pensato senza questo elemento. Chi fa meglio &egrave; senza dubbio BMW, che sul frontale della nuova R1250RT posiziona il radar appena al di sotto del grosso faro anteriore, decisamente meglio integrato ma favorito anche dalle dimensioni del cupolino, davvero ampissimo e protettivo.  Ducati, con la Multistrada V4, ha realizzato il nuovo modello pensando anche all'integrazione dei radar, ma il risultato anche qui non &egrave; dei migliori, con un quadrato nero al centro dei due fari che &egrave; difficile da digerire, cos&igrave; come quello al posteriore tra faro e portatarga. Almeno qui, le dimensioni del radar sono pi&ugrave; contenute rispetto a quelli di altri concorrenti. Siamo sicuri che arriveranno radar di dimensioni pi&ugrave; compatte, in futuro, che meglio si integreranno con il design delle nuove moto, che a loro volta verranno disegnate fin dal primo sketch tenendo conto della presenza di questa tecnologia a bordo. Con il passare degli anni vedremo certi sistemi espandersi anche verso la fascia bassa del mercato, dove le moto sono ancora pi&ugrave; piccole, ma per il momento non c'&egrave; da girarci molto attorno: con la tipologia di radar a disposizione ora, chi vuole sfruttare questa chicca tecnologica dovr&agrave; sacrificare l'estetica in favore della funzionalit&agrave;.&nbsp;  Yamaha brevetta radar e mini display sugli specchietti           

Le ammiraglie di molti marchi motociclistici stanno adottando i radar per il cruise control adattivo e per il monitoraggio dell'angolo cieco, ma questo sta causando problemi estetici non da poco. Avremo un'integrazione migliore di questi sistemi in futuro?

Radar sulle moto: tutto bello, tranne l'estetica

Bimota Classics Parts offre a tutti l'occasione di "rivivere" i fasti di altri tempi. Una particolare attenzione al passato per continuare a trasmettere un'eredit&agrave; importante; una passione per molti motociclisti che con Bimota si concretizza in un progetto davvero interessante.  Nasce Bimota Classic Parts, una sezione del celebre Marchio riminese, che si occuper&agrave; della realizzazione e distribuzione di pezzi e componenti delle moto prodotte nella fabbrica romagnola: dagli esordi con la storica HB1 fino al 2002, anno della SB8K.  Grazie ai preparatissimi tecnici e ai ricchi archivi Bimota, sar&agrave; possibile riprodurre ogni pezzo in modo accurato al fine di garantire la massima rispondenza con l'originale:&nbsp;tutti gli appassionati potranno cos&igrave; continuare ad emozionarsi ancora oggi con le storiche due ruote italiane che torneranno allo splendore delle origini e potranno di nuovo essere utilizzate.  Bimota Classic Parts vuole soddisfare le esigenze di chiunque possieda e voglia possedere una delle sue moto, proponendo una vasta gamma di componenti di ricambio meccaniche, elettroniche, ciclistiche ed estetiche.  Presto tutto l&rsquo;archivio ricambi sar&agrave; consultabile online sul sito web www.bimotaclassicparts.com.  &nbsp;  Giulia Cassinelli  &nbsp;

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