Fra i tanti mestieri che si possono intraprendere immersi nella nostra grande passione, quello del designer di motociclette &egrave; forse il pi&ugrave; idealizzato. Su di esso si concentrano le nostre fantasie pi&ugrave; sfrenate.  Agli occhi dell&rsquo;appassionato, il designer &egrave; una figura quasi mitologica dotata di sensibilit&agrave; ultraterrena e genio assoluto quando la moto piace, o totalmente privo di gusto e dissacrante ai limiti della blasfemia quando la moto non piace. In ogni caso il suo &egrave; un lavoro dei sogni, sia perch&eacute; &egrave; ambito e in molti di noi hanno fantasticato sul disegnare la moto perfetta, sia perch&eacute; i nostri sogni li inventa, li traccia su un foglio, li plasma. Infine sia perch&eacute;, in fondo, dei sogni questo mestiere si nutre. Tuttavia sulla professione del designer, su quali caratteristiche si debbano avere, a nostro avviso permangono ancora molti aspetti poco conosciuti. Ad esempio non &egrave; infrequente che il suo ruolo venga confuso con altre figure come possono essere lo stilista o addirittura l&rsquo;artista.    Nello studio di Rodolfo Frascoli  Il designer di un prodotto industriale dinamico come la motocicletta per&ograve; &egrave; ben altro. Per descrivervelo meglio siamo andati a trovare Rodolfo Frascoli che il mestiere di disegnare le moto lo fa da pi&ugrave; di trent&rsquo;anni ed &egrave; oggi un punto di riferimento per tutto il settore. Potremmo dire una matita che ci invidia tutto il mondo. Se non riuscite a staccare gli occhi dalla nuova Triumph Tiger 1200, beh &egrave; colpa sua. E lo stesso discorso vale per le Tiger 900, la Tiger Sport 660, la Trident o la Suzuki Katana. Ma scorrendo l&rsquo;album dei ricordi sono opera sua moto entrate nel cuore degli appassionati come le Moto Morini Corsaro e Scrambler e quella che &egrave; forse la sua creazione pi&ugrave; iconica, la Moto Guzzi Griso. A partire dagli anni Novanta, Rodolfo ha dato forma ai nostri sogni senza disdegnare gli scooter (Vespa Granturismo, Gilera Nexus, ICE e DNA, Piaggio NRG) e neppure le produzioni asiatiche collaborando con costruttori in tutto il mondo dall&rsquo;India alla Cina.  Ci accoglie sorridente nello studio che si &egrave; creato nell&rsquo;abitazione che lui stesso ha concepito nel varesino. Uno spazio quasi zen, di un minimalismo pi&ugrave; funzionale che di facciata, ma soprattutto tanto lontano dal caos del capoluogo lombardo quanto vicino a quella Milano che per chi &egrave; perennemente alla ricerca di stimoli &egrave; indispensabile avere a portata. &ldquo;Alle volte ci vado anche solo per una passeggiata. Mi fermo a guardare una pubblicit&agrave; e cerco di capire cosa mi attrae, cosa c&rsquo;&egrave; dietro quell&rsquo;immagine. Non guardo il COSA mi mostra, ma il COME&rdquo; ci confessa.    Un ragazzo di provincia che ce l&#39;ha fatta  Ma com&rsquo;&egrave; riuscito un ragazzo di provincia a diventare un designer universalmente stimato? Rodolfo ci racconta di come da adolescente proveniente da una famiglia modesta volesse cocciutamente disegnare moto. &ldquo;Ai tempi non c&rsquo;erano scuole di design come oggi, l&rsquo;unica era a Londra e non me la potevo certo permettere&rdquo;. Ma la sua volont&agrave; &egrave; incrollabile e l&rsquo;unico modo per imparare &egrave; andare a bottega. Diciottenne si presenta da Luciano Marabese con un pacco di disegni in mano e insiste a tal punto che il designer delle HRD e dello Sfera &egrave; quasi costretto ad accoglierlo. In quel periodo &egrave; impegnato sulle Gilera KZ (1986) ed MX1 (1988), fino alla discussa CX (1991) e ben presto Rodolfo diventa il suo braccio destro. Assieme danno forma a molti dei sogni dei ragazzi di quegli anni (Zip, SP, RC...). Durante il servizio di leva, Rodolfo passa ogni licenza nello studio a disegnare e modellare e anche in seguito le ore di lavoro non si contano pi&ugrave;. Come spesso avviene nei racconti di chi ha costruito il proprio successo partendo da zero, anche in quello di Rodolfo non mancano i sabato sera passati al lavoro mentre gli amici vanno a ballare. Non mancano le rinunce ben prima delle soddisfazioni.  Ci facciamo l&rsquo;idea che Frascoli sia riuscito ad ottenere la stima del settore con talento, seriet&agrave;, dedizione, abnegazione, amore smisurato per la motocicletta, le sue forme ed ogni pi&ugrave; piccolo dettaglio. E dopo tanti anni questo ardore non si &egrave; affievolito. Lo possiamo scorgere tra le sue dita mentre accarezza le tre moto che sono davanti alla sua scrivania ancora come ne stesse modellando il clay. Ci mostra ogni spigolo e insenatura raccontandone le motivazioni con amore per il proprio lavoro e sensibilit&agrave; formale. Sono una Tiger 900, una Trident e una Katana tre moto che, viste cos&igrave;, potrebbero essere state disegnate da tre persone differenti e glielo facciamo notare. &ldquo;Essere troppo riconoscibili non porta successo n&eacute; alla Casa n&eacute; al designer e ci&ograve; che conta alla fine sono i dati di vendita&rdquo; stigmatizza Rodolfo che ripensa alle &ldquo;archi-star&rdquo; che negli anni 70-80 imponevano alle aziende il proprio design portando a flop clamorosi. Alla fine ammette: &ldquo;penso di avere un tratto abbastanza riconoscibile, ma so anche adattarmi bene: con la Trident sono stato morbido, organico, la Katana invece &egrave; una lama. Credo che non ripetersi sia un&rsquo;abilit&agrave; fondamentale&rdquo;.    La relazione con le Case  Iniziamo allora a intavolare una conversazione su come un designer debba essere in grado di valorizzare i tratti caratteristici di un brand, aspetto che pu&ograve; sembrare ancor pi&ugrave; difficile per un consulente esterno all&rsquo;azienda.  Come avviene il suo rapporto con la Casa, quali sono le fasi?  &ldquo;In genere &egrave; la Casa a contattarti, &egrave; raro che avvenga il contrario. Questo perch&eacute; hanno piani industriali, risorse allocate, previsioni&hellip; &egrave; difficile che interrompano tutto perch&eacute; hai una bella idea da proporre. In un primo brief di progetto dispongono tutti gli elementi, dalle ricerche di marketing alle caratteristiche tecniche. Hai un layout di base e a questo punto hai in genere tre, quattro settimane per elaborare i primi concept sketch&rdquo;.  Facciamo notare che ci sembra poco tempo. &ldquo;Devi essere sul pezzo, non hai bisogno di fare ricerche, devi avere gi&agrave; tutto dentro altrimenti parti con un ritardo clamoroso&rdquo;.    Le fasi del lavoro di un designer  Cosa succede dopo i primi bozzetti esplorativi?  &ldquo;Quando li mostri si scelgono assieme gli elementi pi&ugrave; interessanti e viene coinvolto da subito il reparto tecnico. Se la moto &egrave; tutta nuova contribuisci anche alla definizione del telaio. Individuato il design, disegno sempre a mano le viste ortogonali per le prime valutazioni di fattibilit&agrave;. Poi si passa alla modellazione 3d e quindi al clay che si monta sulla &ldquo;capretta&rdquo; un simulacro della moto. Se il 3d ha modellato il 30% qui fai il resto a mano ed &egrave; una fase che a me piace molto. Dura 3, 4 mesi ed entri in ogni dettaglio, &egrave; un impegno globale. Infine parte la fase di ingegnerizzazione e il designer ci deve essere perch&eacute; ci possono essere moltissimi cambiamenti di dettaglio anche per banali motivi economici e basta un particolare per scombinare tutto&rdquo;.  Quindi bisogna avere anche delle competenze tecniche, non si possono fare proposte strampalate o dovute puramente a motivazioni estetiche.   &ldquo;Devi giocarti al massimo la libert&agrave; che senti di avere, ma tutto parte dall&rsquo;analisi che tu hai gi&agrave; in testa di quel brand e di quella moto. Perch&eacute; sei aggiornato, sei malato di moto e sai gi&agrave; quanto puoi spingerti. Su tutto, alla fine, devi proporre un buon design&rdquo;.  Un&rsquo;affermazione questa che ci d&agrave; un ulteriore input: come si fa un buon design? Sembra pi&ugrave; facile a dirsi che a farsi.  &ldquo;Devi avere visione. Devi gi&agrave; avere in mente le moto che ci saranno fra 5 anni e devi continuare a studiare. Inoltre devi ricordare che il design non &egrave; infallibile e bisogna saper ascoltare. Durante il progetto - che dura in genere tra i tre e i quattro anni - non ci devono esserci scontri ma confronti. Bisogna sempre trovare la soluzione estetica migliore ovvero fattibile, al giusto prezzo e che faccia s&igrave; che la moto venda&rdquo;.  Le doti del buon designer  Cerchiamo di tirare le fila dunque sulle caratteristiche del buon designer: il talento disegnare i tratti giusti &egrave; necessario ma non sufficiente. Ci vogliono passione e dedizione per il proprio lavoro e per il settore. Infine ci vuole una preparazione interdisciplinare che ti consenta di dialogare con i tecnici e tradurre gli spunti in forma, che ti consenta di anticipare le tecnologie e tendenze degli anni futuri.  &ldquo;Se fai sketch con soluzioni irrealizzabili ti segano immediatamente. Non &egrave; accettabile che un designer faccia opere d&rsquo;arte, non reali&rdquo;.  Ma sulla dote fondamentale che un designer, specie se freelance, deve avere Rodolfo non ha esitazioni: &ldquo;L&rsquo;etica. Deve sempre venire prima del business. La stessa che ti porta a rifiutare un progetto per un marchio se ne stai facendo uno simile per un altro&rdquo;.  Gilera Ferro: un riscatto mai arrivato 

E&#39; un lavoro che costruisce sogni e che si alimenta di fantasia. Un mestiere sempre pi&ugrave; sofisticato e un ruolo delicato, specie quando lo si svolge come consulente esterno

Rodolfo Frascoli, professione designer: &quot;Pensare oggi a come saranno le moto tra 5 anni&quot;

Nel suo curriculum ci sono progetti di grande successo nel campo automotive, come la Mazda Miata MX5 o la RX7, poi il passaggio alle due ruote, nei primi anni 2000 e all&rsquo;arrivo a Kawasaki. Qui Shunji Tanaka &egrave; stato responsabile del design e dato alla Casa una nuova mentalit&agrave;. Proprio lui che all&rsquo;et&agrave; di 75 anni &egrave; venuto a mancare.  I modelli che hanno la sua firma    Aveva un modo di lavorare tutto suo: caparbio e poco incline ai compromessi. Ma quando si ha a che fare con gli artisti, c&rsquo;&egrave; poco da fare. A Tanaka va il merito di aver portato la Casa di Akashi su un&rsquo;altra rotta, quella della modernit&agrave; nello stile e nel design: tanta tecnologia ( &egrave; stato ancora lui a introdurre il disegno al computer), ma di base un lavoro che partiva sempre dalle emozioni.    Tra i pi&ugrave; importanti modelli del Marchio giapponese che portano la sua firma ci sono la Kawasaki Z1000, che Tanaka ha saputo riproporre nel 2003 in chiave moderna ispirandosi alle naked degli anni &rsquo;70 o la media bicilindrica ER-6N. E poi c&rsquo;&egrave; anche la prima (e non solo)&nbsp;Ninja ZX-10R, supersportiva ancora oggi ammirata.    KAWASAKI SEMPRE PI&Ugrave; &quot;VERDE&quot;: SAR&Agrave; COMPLETAMENTE ELETTRICA ENTRO IL 2035 

&Egrave; stato responsabile del design della Casa di Akashi dai primi anni 2000: a lui va il merito di aver portato modernit&agrave; allo stile dei modelli

Addio a Shunji Tanaka, designer Kawasaki: sue furono la Z1000 e Ninja ZX-10R

Pu&ograve; un film ispirare la vena creativa di un designer di successo? A quanto pare s&igrave;. Lo ha raccontato a EvNerds.com Matt Tkocz, concept designer di Los Angeles, nato in Polonia, che lavora principalmente nel settore del cinema, ma con la grande passione per le moto: &laquo;Ultimamente ho avuto l&#39;impulso di tornare di nuovo sulle due ruote, forse perch&eacute; &egrave; passato troppo tempo, forse perch&eacute; ho visto recentemente &quot;Mission Impossible: Fallout&quot;. Volevo togliermi quel prurito senza dover per forza comprare una moto, dal momento che pu&ograve; essere un hobby costoso e sfruttarla nel traffico di Los Angeles poi non &egrave; il massimo&raquo;.    IL PROGETTO - Tkocs ha spiegato come &egrave; nato il progetto: &laquo;Ho fatto quello che qualsiasi designer ragionevole avrebbe fatto: ho deciso di progettare la mia concept e-bike per far uscire quel pensiero fisso dalla testa e allo stesso tempo offrire sollievo al fatto che, anche se ci sono molte moto fantastiche l&agrave; fuori, nessuna di esse mi soddisfa in pieno come quella che ha partorito lil mio cervello&raquo;. E cos&igrave; tra robot giganti e macchine futuristiche, ora nel suo portfolio c&#39;&egrave; anche SASUGA, una e-bike un po&#39; retro e un po&#39; scrambler&nbsp;dal design minimalista e i grossi pneumatici. I rendering del progetto (che potete gustarvi nella gallery) rendono bene l&#39;idea dello stile artistico di Tkocz. Geometria perfetta e seduta con le gambe posizionate sul forcellone posteriore, doppio ammortizzatore e seduta minimal. A Los Angeles ci sar&agrave; anche traffico, ma questa e-bike farebbe girare tutti anche su Rodeo Drive. 

Il modello futuristico &egrave; stato creato dalla mente del designer polacco Matt Tkocz. Motivo? Aveva voglia di comprarsi una moto

Da Los Angeles arriva il concept e-bike Sasuga

Dalla &ldquo;matita&rdquo; ispirata del designer turco una creatura ricca di fascino

BMW Khan by Mehmet Doruk Erden, le foto

Potr&agrave; piacere o meno ma di sicuro &egrave; una di quelle proposte che non lasciano indifferenti. D&rsquo;altronde gi&agrave; il nome scelto, &ldquo;Khan&rdquo;, che nella tradizione turca e in quella mongola sta per &quot;grande principe&quot; o &quot;sovrano&quot;, non lascia spazio a dubbi circa la storia che questo lavoro vuole raccontare. Possente, sinuosa, esagerata, con i muscolosi cilindri di un boxer ipervitaminizzato, cui si ancora il design degno di un episodio di Alien&hellip; da qualunque lato la si guardi c&rsquo;&egrave; sempre un elemento stilistico di carattere che rapisce l&rsquo;attenzione.  POTREBBE DIVENTARE REALT&Agrave; - Un mezzo che ricorda un altro interessante lavoro del designer turco, &quot;Alpha&quot;, anche questo realizzato attorno ad un motore BMW. E se pensate che questi disegni siano destinati a rimanere un semplice esercizio di stile, idee condannate al dimenticatoio nell&rsquo;hard disk di un PC, vi state sbagliando. Proprio &ldquo;Alpha&rdquo;, infatti, risulta essere al momento in fase di omologazione e anche questa &ldquo;Khan&rdquo; (magari non esattamente come la vediamo nelle immagini proposte, inverosimili la carenatura esagerata e il ruotone posteriore) potrebbe subire la stessa sorte. Stiamo a vedere... 

Dalla &ldquo;matita&rdquo; ispirata del designer turco Mehmet Doruk Erden una creatura ricca di fascino

BMW Khan, gli alieni esistono ecco le prove

Il processo che ha dato inizio a tutto portando fino a noi l'ultima cattivissima Yamaha R1

Yamaha YZF-R1: come nasce il design

Aldil&agrave; di tutte le parole che si possono dire, o scrivere, o anche semplicemente pensare, circa la morte di Massimo Tamburini, aldil&agrave; di tutto questo, voglio rubare un po' di spazio a questo sito per il mio personale, e sentitissimo, &ldquo;grazie&rdquo;. Un &ldquo;grazie&rdquo; che, pur facendo questo lavoro da qualche anno, non ho mai avuto occasione di proferire a voce, magari stringendogli la mano. Me ne dispiace enormemente. E' il &ldquo;grazie&rdquo; di me stesso bambino, chino su un foglio a pasticciare le forme di quella che mi sembrava, e forse &egrave; ancora, la moto pi&ugrave; bella del mondo. Parlo della Ducati 916. Lui l'ha disegnata, io la copiavo sognando di cavalcarla un giorno. E' il &ldquo;grazie&rdquo; di me poco pi&ugrave; grande seduto sul muretto ad aspettare l'arrivo dei miei amici adolescenti che mi schernivano in tutti i modi ma, diavolo, avevano la Mito. Almeno i pi&ugrave; fortunati di loro. Li aspettavo arrivare e li vedevo ripartire e allora andavo anch'io, con la sfigatissima Saltafoss di mio fratello, facendo &ldquo;brum brum&rdquo; e tirando fuori il ginocchio nelle curve. E' il grazie di &ldquo;me&rdquo; ormai uomo che, senza pensarci un secondo, si &egrave; fatto un finanziamento di anni 4+4 per comprare una 851 che aveva ormai vent'anni e cinque ex-proprietari. E' il &ldquo;grazie&rdquo; del me di oggi che ancora si emoziona alla vista di una moto bella, ma bella davvero, e che &egrave; preso dallo stesso sentimento ogni volta che apre il garage, accarezza il serbatoio della &ldquo;851&rdquo; e continua a fare brum brum, ma a voce bassa perch&eacute; un po' si vergogna. E' il &ldquo;grazie&rdquo; del me di dieci giorni fa, rapito dalla vista di una &ldquo;Paso&rdquo; sul Passo della Scoglina. E' il &ldquo;grazie&rdquo; di me motociclista che sa che le moto belle spessissimo vanno anche bene e, fuor di dubbio, emozionano. Le sue tutte. Non lo conoscevo io, Massimo Tamburini. Ma ha fatto grandi cose, anche per me. E un &ldquo;grazie&rdquo; glielo devo, e mi dispiace per l'imperdonabile ritardo. Federico Garbin 

Un grazie a Massimo Tamburini, progettista, designer, appassionato motociclista

Un grazie a Massimo Tamburini

Il frontale della Ducati 916 &egrave; la punta di una freccia. Perch&eacute; le moto, alcune moto, sono velocit&agrave;.  E la velocit&agrave; &egrave; una punta sottile, una riga non troppo dritta, un tratto leggero.  Ci sono uomini in grado di vedere le cose esattamente come stanno e dire: &ldquo;Ehy, state sbagliando!&rdquo; semplicemente mostrando la realt&agrave; per come &egrave;, e non per come ce la siamo immaginata, magari per secoli. Come per secoli ci siamo immaginati il cielo dorato e i volti e i corpi schiacciati contro un mondo a due dimensioni. Ma la prospettiva esisteva anche prima di Giotto. Bisognava solo accorgersene.  E la velocit&agrave; esisteva anche prima della Ducati 916, e le moto nude prima della Brutale, l'aerodinamica prima della Paso e i bei telai prima della HB1. Massimo Tamburini &egrave; per&ograve; riuscito, nel corso della sua troppo breve vita, a dare un volto a tutte queste cose riportandole nei leggeri tratti di alcune fra le moto pi&ugrave; belle di sempre.  Moto che&nbsp;hanno la forma bellissima del vento che le sfiora. Moto che il tempo non invecchia.  Questo lutto ci&nbsp;addolora profondamente.                  

Scomparso all'et&agrave; di 71 anni. Progettista e designer, lascia un enorme vuoto nel nostro mondo 

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