        Non serve ribadire le nuove regole del Codice della Strada per far capire che &egrave; necessario, anzi obbligatorio, mettersi alla guida di un mezzo assicurato. Ancora pi&ugrave; ovvio &egrave; il fatto che serve una patente valida. A quanto pare per&ograve; certe regole non sono cos&igrave; scontate: un 52enne &egrave; stato infatti recentemente fermato a Roma mettendosi decisamente nei guai. Senza patente, n&eacute; assicurazione, n&eacute; revisione: cosa succede L'uomo &egrave; stato fermato dalla Polizia Locale per un controllo su via di Capannelle, a Roma, all'altezza di via Appia Nuova. La situazione &egrave; precipitata quando gli agenti del Gruppo Pronto Intervento Traffico hanno richiesto i documenti al conducente della moto, scoprendo che quest'ultimo non possedeva n&eacute; patente, n&eacute; assicurazione n&eacute; revisione in regola. L'individuo ha tentato di ingannare gli agenti, ma &egrave; stato subito scoperto. Come conseguenza, sono state elevate sanzioni amministrative che superano i 6mila euro, con tanto di sequestro del mezzo per l'assenza di copertura assicurativa. AUTOVELOX, ECCO COSA CAMBIA CON IL NUOVO DECRETO       

<p>L'uomo &egrave; stato fermato a Roma e ha cercato di ingannare la Polizia, non riuscendoci</p>

In moto senza patente, revisione e assicurazione: ecco tutte le sanzioni

Oggi &egrave; possibile cambiare la risposta del motore all&rsquo;apertura del gas e perfino trasformare il &ldquo;carattere&rdquo; dell&rsquo;erogazione: &egrave; come modificare le regole che fanno funzionare un propulsore, mentre si gioca, cio&egrave; si guida  &nbsp;  L&rsquo;avvento dell&rsquo;elettronica ha trasformato radicalmente la situazione, per quanto riguarda la gestione del motore, e in certi casi anche delle sospensioni e quindi del comportamento della moto intera. Niente pi&ugrave; dispositivi meccanici (come i carburatori e i ruttori con relativo variatore centrifugo dell&rsquo;anticipo di accensione), regolazioni da effettuare e manutenzioni periodiche varie. E, grazie alla centralina e ai sensori ad essa collegati, controllo accurato della dosatura della miscela aria-combustibile e della fasatura di accensione nelle pi&ugrave; diverse condizioni di funzionamento. Una situazione ottimale, dunque, rispetto alla quale per&ograve; negli ultimi anni si &egrave; andati ancora oltre, arrivando ad affidare alla centralina stessa anche la gestione dell&rsquo;apertura delle valvole del gas, che nei sistemi ride by wire non sono pi&ugrave; direttamente collegate alla manopola dell&rsquo;acceleratore (tramite il consueto cavo flessibile). Insomma, in questi casi non &egrave; la mano di chi &egrave; alla guida a comandare le valvole del gas, ma sono uno o pi&ugrave; attuatori che ricevono gli ordini dalla centralina, la quale conosce ci&ograve; che vuole il pilota e stabilisce in tempo reale, e nelle situazioni pi&ugrave; disparate, cosa &egrave; pi&ugrave; vantaggioso. La manopola viene spalancata repentinamente? La centralina valuta qual &egrave; il grado di apertura pi&ugrave; conveniente ai fini delle prestazioni e con quale rapidit&agrave; deve poi continuare l&rsquo;apertura stessa, fino a raggiungere il 100%. Anche in diverse moto che non dispongono di un sistema ride by wire &egrave; possibile ottenere la miglior risposta de parte del motore adottando una farfalla secondaria, avente funzione modulatrice, posta nel condotto subito a monte della valvola del gas (farfalla principale), che in questi casi &egrave; controllata direttamente dal pilota mediante il consueto comando a cavo flessibile (mentre la farfalla secondaria viene gestita dalla centralina). Di questi argomenti, comunque, abbiamo parlato diffusamente in un recente articolo di questa stessa serie.  La centralina elettronica, oltre alla fasatura di accensione e alla dosatura della miscela combustibile, assai spesso oggi provvede, dunque, a controllare anche la respirazione del motore, agendo sulle valvole del gas o su quelle modulatrici, se la moto ne &egrave; dotata. E, come vedremo, non di rado fa anche molto di pi&ugrave;&hellip; In ogni caso, non potrebbe svolgere il suo compito se non ricevesse le necessarie informazioni da una serie di sensori, il cui numero &egrave; aumentato considerevolmente negli ultimi anni. Per lungo tempo alla centralina &egrave; stato sufficiente conoscere il regime di rotazione del motore e il grado di apertura della valvola del gas; in seguito, per consentirle di svolgere il suo compito (che era solo quello di controllare l&rsquo;anticipo di accensione e la quantit&agrave; di carburante emessa dagli iniettori) con una accuratezza ancora migliore, sono apparsi anche dei sensori che, fornendole informazioni in merito alla temperatura del motore e di quella dell&rsquo;aria aspirata, nonch&eacute; alla pressione all&rsquo;interno dell&rsquo;airbox, le consentivano di apportare le opportune correzioni. La diffusione delle marmitte catalitiche ha reso necessaria l&rsquo;adozione della sonda lambda, che fornendo indicazioni in merito alla quantit&agrave; di ossigeno presente nei gas di scarico, permette alla centralina di conoscere, in tempo reale e con estrema precisione, la dosatura della miscela aria-carburante. Alla base del funzionamento delle centraline vi &egrave; il confronto tra i dati forniti dai sensori e quelli memorizzati in apposite mappe tridimensionali. Queste ultime, che vengono ottenute sperimentalmente al banco e che quindi, per ogni modello di moto, vengono memorizzate nella centralina in fase di montaggio, riportano, per un gran numero di combinazioni regime-carico (che coprono tutto il campo di funzionamento del motore), il valore che l&rsquo;anticipo di accensione o che la dosatura della miscela devono avere. A questi valori di riferimento poi si applicano le correzioni eventualmente necessarie, in funzione della temperatura e della pressione, come detto. Sembrava che non si potesse andare molto pi&ugrave; in l&agrave;, ma poi la situazione &egrave; cambiata, con l&rsquo;apparizione di sofisticati e complessi sistemi di gestione del motore. Alle centraline hanno iniziato ad essere fornite anche altre informazioni, come la velocit&agrave; della moto, la marcia innestata, la rapidit&agrave; di variazione del regime del motore e quella di rotazione della manopola dell&rsquo;acceleratore. E, con il comando ride by wire, si &egrave; arrivati al punto che, potendo gestire, oltre all&rsquo;anticipo di accensione e al titolo della miscela, anche l&rsquo;apertura delle valvole del gas, &egrave; diventato possibile variare l&rsquo;andamento della erogazione, la risposta all&rsquo;azionamento dell&rsquo;acceleratore e perfino la potenza massima prodotta dal motore. Si tratta di voci di notevole importanza, nelle moderne moto di elevatissime prestazioni, che consentono di migliorarne la guidabilit&agrave;, facendole diventare pi&ugrave; trattabili e dolci, e quindi rendendole meno impegnative per i piloti non molto esperti e meglio sfruttabili in certe situazioni, come ad esempio sul bagnato o sui fondi con bassa aderenza.  In genere le mappe di gestione del motore agiscono a livello di valvola del gas, determinando la rapidit&agrave; di risposta e il grado di apertura in relazione alla rotazione della manopola. Usualmente il pilota pu&ograve; scegliere fra tre mappature diverse. La prima &egrave; adatta alla guida pi&ugrave; sportiva: la potenza massima &egrave; quella pi&ugrave; elevata che il motore pu&ograve; fornire e viene raggiunta con estrema rapidit&agrave;; la prontezza di risposta &egrave; la migliore che si pu&ograve; avere. Poi c&rsquo;&egrave; la mappatura Touring (le denominazioni possono variare da costruttore a costruttore), alla quale corrisponde una risposta pi&ugrave; &ldquo;morbida&rdquo; da parte del motore. La potenza massima resta la stessa, ma viene raggiunta con maggiore gradualit&agrave; in quanto la centralina fa aprire le valvole del gas meno velocemente, anche se la manopola viene spalancata con grande rapidit&agrave;. Infine c&rsquo;&egrave; la mappatura Rain, che determina una risposta ancora pi&ugrave; progressiva e che impedisce al motore di erogare tutta la sua potenza. Insomma, se il pilota sceglie una mappatura diversa, all&rsquo;interno della centralina viene selezionata una diversa logica di intervento, per quanto riguarda la risposta alla rotazione dell&rsquo;acceleratore. La possibilit&agrave; offerte dalla soluzione ride by wire sono per&ograve; pi&ugrave; ampie di quanto non si possa pensare. Gi&agrave;, perch&eacute; la gestione del motore con le relative mappe, pu&ograve; essere &ldquo;integrata&rdquo; con il controllo di trazione. Se la ruota motrice inizia a slittare, ad esempio quando si apre il gas con decisione alla uscita di una curva, la centralina interviene in modo da ridurre momentaneamente la coppia erogata dal motore. In genere questo si ottiene riducendo l&rsquo;anticipo di accensione. Se lo slittamento &egrave; forte, per&ograve;, ci&ograve; pu&ograve; non essere sufficiente e allora la centralina interviene &ldquo;tagliando&rdquo; anche l&rsquo;iniezione. Una volta terminato lo slittamento, la situazione viene riportata alla normalit&agrave;, rapidamente ma in maniera comunque graduale. Le strategie possibili per&ograve; possono essere anche altre. Sembra che in alcune moto da competizione la centralina determini una apertura differenziata delle valvole del gas, o almeno di alcune di esse.  Nel controllo di trazione come ovvio entrano in gioco anche altri sensori, che consentono alla centralina di conoscere la velocit&agrave; con la quale gira ciascuna delle due ruote e di fare i relativi confronti. Ci&ograve; le permette di sapere se sta avvenendo uno slittamento della ruota motrice e di prendere le contromisure del caso. In genere nelle moto di serie di elevato livello il pilota pu&ograve; scegliere tra diversi livelli di intervento del sistema (fino ad arrivare al suo completo disinserimento, se lo desidera). Il sistema di gestione del motore mediante controllo elettronico delle valvole del gas pu&ograve; essere integrato con quello antisaltellamento della ruota posteriore in staccata. Qui in genere &egrave; sufficiente impiegare una frizione a slittamento controllato (&ldquo;slipper clutch&rdquo;), che limita la possibilit&agrave; di trasmissione della coppia frenante generata dal motore in fase di rilascio. In certe moto di impostazione particolarmente corsaiola o di prestazioni elevatissime, in staccata la centralina interviene per&ograve; anche su una o pi&ugrave; valvole del gas, mantenendole aperte, in modo da ridurre la resistenza al moto dovuta al pompaggio (che a farfalla chiusa pu&ograve; raggiungere valori molto elevati, quando si scalano le marce e il motore viene fatto girare forte). Naturalmente in queste situazioni, allorch&eacute; le valvole a farfalla vengono portate in posizione di apertura, la centralina provvede ad interrompere la mandata di carburante da parte degli iniettori.

Che cosa succede... cambio la mappatura (5. puntata)

Un&rsquo;operazione assai semplice, come il piccolo movimento del piede sulla leva del cambio, ha conseguenze importanti per gli organi che portano il moto dall&rsquo;albero a gomiti alla ruota posteriore  &nbsp;  Le moto di schema convenzionale sono dotate di un cambio a pi&ugrave; rapporti che ha la duplice funzione di moltiplicare la coppia erogata dal motore (in modo da consentire agevoli partenze, brillanti accelerazioni e il superamento di salite anche assai ripide) e di adeguare il regime di rotazione dell&rsquo;albero a gomiti alla velocit&agrave; di avanzamento del veicolo. Se il cambio non ci fosse, la trasmissione dal motore alla ruota avverrebbe con un unico rapporto fisso, che invariabilmente non potrebbe soddisfare le diverse esigenze. Se invece di un motore a combustione interna (a pistoni) si impiegasse un motore elettrico, sarebbe in molti casi possibile fare a meno del cambio, come accade per i filobus, i tram e i locomotori ferroviari; sarebbe infatti possibile ottenere una coppia molto elevata ai bassi regimi, o addirittura allo spunto, cio&egrave; proprio dove essa serve maggiormente. Nel nostro caso la situazione &egrave; ben diversa e occorre impiegare il cambio o, in alternativa, una trasmissione con un variatore o un convertitore di coppia. Un tipico cambio motociclistico &egrave; costituito da due alberi paralleli, sui quali sono montati degli ingranaggi che, due a due, sono in presa tra loro. L&rsquo;albero di entrata, o primario, riceve il moto dal mozzo della frizione; alla estremit&agrave; dell&rsquo;albero di uscita, o secondario, &egrave; vincolato il pignone della trasmissione finale. Gli ingranaggi sono di tre tipi; quelli fissi sono rigidamente vincolati all&rsquo;albero sul quale sono montati, devono ruotare assieme ad esso e non possono spostarsi lateralmente. Pure quelli scorrevoli sono obbligati a girare assieme all&rsquo;albero, sul quale sono montati con un accoppiamento scanalato, ma possono essere spostati assialmente, cio&egrave; da un lato o dall&rsquo;altro, in una certa misura (alcuni millimetri). Infine ci sono gli ingranaggi folli, che possono ruotare liberamente, ma non si possono spostare assialmente; in altre parole, non cambiano mai la loro posizione sull&rsquo;albero, ma girano indipendentemente da esso.  Il principio di funzionamento del cambio &egrave; molto semplice e razionale: di ogni coppia di ingranaggi in presa, uno &egrave; obbligato a girare assieme al proprio albero, mentre l&rsquo;altro &egrave; montato folle sull&rsquo;altro albero e quindi &egrave; libero nella sua rotazione. Per trasmettere il moto occorre che l&rsquo;ingranaggio folle venga reso solidale con il suo albero, ovvero risulti obbligato a girare assieme ad esso. Questo si ottiene facendo entrare in presa, tramite i denti frontali, un ingranaggio scorrevole con quello folle. Ci&ograve; &egrave; possibile facendo spostare lateralmente lungo il suo albero (col quale &egrave; obbligato a ruotare, data la presenza di apposite scanalature) l&rsquo;ingranaggio scorrevole. Tale spostamento viene determinato da una apposita forcella (ce ne &egrave; ovviamente una per ogni ingranaggio scorrevole), le cui estremit&agrave; vanno a inserirsi in una cava ricavata nell&rsquo;ingranaggio stesso. A sua volta il movimento della forcella viene controllato da un tamburo selettore dotato di cave sagomate, in ognuna delle quali si va ad inserire il grano di guida di una forcella stessa. Ogni volta che si aziona il pedale, il tamburo ruota disponendosi in una nuova posizione, accuratamente prestabilita. Come ovvio, il moto viene trasmesso da una sola coppia di ingranaggi alla volta, alla quale corrisponde una marcia. Il movimento delle forcelle di innesto deve quindi essere accuratamente sincronizzato. L&rsquo;albero secondario gira sempre, se la moto &egrave; in movimento, dato che &egrave; collegato alla ruota posteriore. L&rsquo;albero primario invece gira, con una velocit&agrave; proporzionale al regime di rotazione del motore (a determinarla &egrave; il rapporto della trasmissione primaria), allorch&eacute; quest&rsquo;ultimo &egrave; in funzione e la frizione &egrave; innestata. Quando il cambio &egrave; in folle, il motore &egrave; acceso e la leva della frizione &egrave; in posizione di riposo, l&rsquo;albero primario gira, e quindi ruotano anche gli ingranaggi scorrevoli e fissi montati su di esso, senza tramettere per&ograve; il moto all&rsquo;albero secondario, dato che gli ingranaggi folli sono tutti liberi; di ogni coppia di ingranaggi in presa, cio&egrave;, ce ne &egrave; uno che gira a vuoto! Lo stesso accade se il motore &egrave; spento e si spinge la moto, con il cambio in folle: la ruota posteriore gira e quindi anche il pignone della trasmissione finale e l&rsquo;albero secondario; il moto per&ograve; non viene trasmesso al primario. I due alberi del cambio sono supportati da cuscinetti a rotolamento, montati in appositi alloggiamenti praticati nelle pareti del basamento. Gli ingranaggi folli ruotano su bussole o, in certe realizzazioni di particolare raffinatezza, su rullini ingabbiati.    Quando si aziona il pedale del cambio, spostandolo verso l&rsquo;alto o verso il basso rispetto alla posizione di riposo, si fa ruotare il tamburo selettore, che compie uno &ldquo;scatto&rdquo; in una direzione o nell&rsquo;altra, disponendosi nella posizione prefissata immediatamente seguente o precedente rispetto a quella in cui si trovava. Il meccanismo di comando &egrave; realizzato in modo da determinare questa rotazione parziale e da tornare poi subito in posizione &ldquo;neutra&rdquo;, pronto a ripetere l&rsquo;operazione in un senso o nell&rsquo;altro. Dunque, fa compiere al tamburo uno &ldquo;scatto&rdquo; alla volta. In genere si impiegano meccanismi ad arpionismo, ma le variazioni sul tema sono numerose. Le posizioni prefissate, nelle quali il tamburo si deve disporre e deve poi essere mantenuto, sono determinate a loro volta da un semplice meccanismo del tipo a molla e puntalino o del tipo a braccio con rullo, anche in questo caso caricato da una molla. Nella periferia del tamburo &egrave; praticata una serie di incavi. Ad ogni scatto del tamburo il puntalino va ad inserirsi in un nuovo incavo, nel quale riesce a penetrare grazie alla rotazione effettuata; il tamburo stesso viene quindi tenuto fermo in tale posizione. Allorch&eacute; si aziona nuovamente il pedale, il meccanismo di comando fa compiere al tamburo una nuova rotazione parziale, vincendo la resistenza offerta dalla molla che agisce sul puntalino. Quando si impiega un braccio fermamarce, invece degli incavi si utilizzano in genere dei grani (o delle spine) e il rullo va ad inserirsi nello spazio esistente tra due di essi. Non di rado le forcelle spostamarce non sono montate su degli assi, ma direttamente sul tamburo selettore, che in tal caso ha la superficie esterna debitamente lavorata (in genere viene finita di rettifica). In passato diverse moto erano dotate, invece del tamburo selettore, di una piastra munita di cave sagomate. Oggi questa soluzione viene adottata di rado, e solo su alcuni modelli &ldquo;old style&rdquo;. La rotazione del tamburo determina uno spostamento assiale delle forcelle. Se si esclude la prima, in corrispondenza delle altre marce ne vengono mosse contemporaneamente due; subito dopo che una forcella ha disinnestato un rapporto l&rsquo;altra provvede a innestare quello immediatamente pi&ugrave; alto o pi&ugrave; basso. Come detto, gli ingranaggi scorrevoli sono dotati di denti di innesto frontali, ricavati sulle loro superfici laterali, che quando necessario entrano in presa con quelli degli ingranaggi folli adiacenti. Questi ultimi sono talvolta dotati di fori asolati, nei quali vanno ad inserirsi i denti in questione. In passato al posto degli ingranaggi scorrevoli si impiegavano talvolta dei manicotti con denti frontali (il principio di funzionamento era ovviamente lo stesso); oggi questa soluzione viene impiegata assai di rado. I denti frontali molto spesso sono conformati leggermente a coda di rondine, onde ottenere una &ldquo;presa&rdquo; pi&ugrave; salda all&rsquo;atto dell&rsquo;innesto. I costruttori fanno bene attenzione per&ograve; a non esagerare in questo senso per non rendere difficoltoso il disinnesto.  Molto importante &egrave; anche la profondit&agrave; dell&rsquo;innesto, ovvero &ldquo;l&rsquo;entit&agrave;&rdquo; della presa tra i denti; questi devono penetrare nei vani o nei fori asolati in misura considerevole, ma non eccessiva. In altre parole, l&rsquo;estremit&agrave; di quelli dell&rsquo;ingranaggio scorrevole non devono arrivare a toccare la superficie laterale dell&rsquo;ingranaggio folle (cio&egrave;, ad arrivare a contatto con la parete di fondo del &ldquo;vano&rdquo; in cui si inseriscono). Dunque, i denti frontali devono entrare in presa in misura corretta, ossia n&eacute; troppo n&eacute; troppo poco! Analogamente, &egrave; importante che, quando non sono in presa, tra i denti frontali dei due ingranaggi (scorrevole e folle) vi sia una adeguata distanza minima di sicurezza. Per ottenere questo, il cambio deve essere accuratamente &ldquo;spessorato&rdquo; mediante appositi rasamenti, con i quali si pu&ograve; regolare opportunamente la posizione di lavoro dei diversi ingranaggi. Come logico, le lavorazioni vanno effettuate rispettando tolleranze dimensionali e geometriche molto ristrette. Lo spostamento assiale che gli ingranaggi scorrevoli compiono, all&rsquo;atto dell&rsquo;innesto delle diverse marce, &egrave; dell&rsquo;ordine di alcuni millimetri (da 4 a 6, indicativamente) da un lato e dall&rsquo;altro, rispetto alla posizione di riposo, sicch&eacute; ciascuno di essi rimane sempre comunque in presa con l&rsquo;ingranaggio dell&rsquo;altro albero. I denti di innesto frontali hanno i margini a spigolo vivo. Talvolta, in seguito a una usura anomala, essi possono subire un certo arrotondamento. La cosa &egrave; deleteria in quanto tende a causare un disinnesto spontaneo della marcia, e la situazione non pu&ograve; che peggiorare con il passare del tempo. A questo si deve fare bene attenzione all&rsquo;atto della revisione. Quando la forcella sposta lateralmente l&rsquo;ingranaggio scorrevole, non &egrave; detto che i denti frontali entrino direttamente nei vani dell&rsquo;ingranaggio folle adiacente. Spesso incontrano le superfici frontali degli altri denti, sulle quali devono scorrere, perch&eacute; poi possano entrare nei vani e quindi effettuare l&rsquo;innesto. Per agevolare quest&rsquo;ultimo &egrave; pertanto opportuno che i vani siano estesi e i denti siano pochi. Nelle moto sportive spesso questi ultimi sono soltanto quattro (e talvolta si possono perfino ridurre a tre!), mentre in quelle di impostazione turistica in molti casi sono cinque (ma possono anche essere sei). Questo spiega per quale ragione nell&rsquo;apri e chiudi, in certe condizioni si avverta chiaramente un &ldquo;clonk&rdquo; nella trasmissione, in particolare nelle moto di alte prestazioni. In aggiunta ai cambi in cascata, esistono anche quelli con presa diretta, assai impiegati in passato ma oggi adottati solo su pochissimi modelli di impostazione volutamente old style, come i bicilindrici Harley-Davidson raffreddati ad aria. In questo caso il pignone della trasmissione finale &egrave; montato su di un manicotto coassiale con l&rsquo;albero primario e quindi, nel passaggio attraverso il cambio, il senso di rotazione non viene invertito (come nei cambi in cascata, ovvero di schema usuale) ma rimane invariato. L&rsquo;albero secondario diventa un albero ausiliario; in tutti i rapporti tranne uno (la quarta o la quinta) il moto lo raggiunge tramite una coppia di ingranaggi, che varia in funzione della marcia innestata, per essere poi trasmesso al manicotto di uscita da un&rsquo;altra coppia di ingranaggi, che non cambia mai (cio&egrave;, rimane sempre la stessa indipendentemente dalla marcia). Lavorano quindi sempre due coppie di ruote dentate. Nella marcia rimanente per&ograve; non ne lavora nessuna, in quanto il manicotto di uscita viene reso solidale con l&rsquo;albero primario semplicemente dallo spostamento assiale di un ingranaggio scorrevole munito di denti di innesto frontali: viene cio&egrave; innestata la &ldquo;presa diretta&rdquo;. Questa soluzione era molto cara ai costruttori inglesi del passato. In Italia le ultime moto che l&rsquo;hanno impiegata sono state le Laverda 1000 e 1200 a tre cilindri e la grosse bicilindriche Ducati con distribuzione comandata da alberelli e coppie coniche.  

3 risultati per 'cosa-succede'

In moto senza patente, revisione e assicurazione: ecco tutte le sanzioni

Che cosa succede... cambio la mappatura (5. puntata)

Che cosa succede...aziono il pedale del cambio (2. puntata)