<p>Stagione 4 - Episodio 7: in pista con i Talenti Azzurri</p> 

Motosprint The Test di Riccardo Piergentili: BMW HP4 Race

Potenti, estreme, agili e senza compromessi: le sportive, ammirate da tutti, sono il sogno di tanti ma richiedono qualche sacrificio per scalare le Alpi  &nbsp;  Il settore delle sportive fino a qualche anno fa proponeva vere e proprie race replica, con posizioni di guida non certo confortevoli, prestazioni alla portata di pochi, moto molto esigenti che certo non si prestavano al meglio nella guida su strade tortuose. Le ultime nate invece appaiono leggermente pi&ugrave; avvicinabili, soprattutto per la grande profusione di elettronica, che permette una guida pi&ugrave; rilassata e sicura anche su fondi ben lontani da quelli che si trovano in un autodromo. Nella nostra prova troviamo due medie e due maxi, con caratteristiche simili ma non uguali: la loro resa al test dell&rsquo;Alpen Master &egrave; stata migliore di quanto potessimo aspettarci. Da fermo Il fascino di una sportiva anche ferma ad un semaforo &egrave; indiscutibile. Sotto questo aspetto il colpo d&rsquo;occhio migliore spetta ad Aprilia e BMW, la prima perch&eacute; ha linee uniche, snella come una bicilindrica, un codino compattissimo che non spinge certo a cercarsi un passeggero, soluzioni tecnologiche ardite, un forcellone capolavoro e fornisce una sensazione unica di &ldquo;pienezza&rdquo;, in cui ogni componente &egrave; nel posto giusto senza fronzoli e senza spazi vuoti. BMW nella sua HP4 ha profuso l&rsquo;esperienza acquisita negli ultimi anni di gara, quindi componenti di prestigio e un look che non sfigurerebbe nemmeno sulla griglia del mondiale Superbike. BMW inoltre a livello di dotazione distanzia pesantemente le concorrenti, sia come optional tecnici sia perch&eacute; permette l&rsquo;installazione di un kit di valigie morbide che per affrontare un Alpen Master sono una vera manna dal cielo. Dal punto di vista estetico le rivali &ldquo;600&rdquo; non possono che trovarsi in secondo piano, sia perch&eacute; mostrano linee e soluzioni meno estreme sia per una componentistica meno al top. La Ninja nella sua classica livrea verde-nera cattura comunque l&rsquo;attenzione: molto riuscita la vista posteriore con il codino affusolato ma comunque utilizzabile per trasportare un passeggero per brevi spostamenti, meno indovinata ci appare invece la Triumph non tanto per le colorazioni, quanto per le linee che non sono cos&igrave; originali e riuscite quanto quelle del precedente modello. Il frontale appare un po&rsquo; pesante e sbilanciato in avanti, decisamente meglio la coda, anche se il piccolo terminale di scarico non ha certo il look aggressivo che si converrebbe ad una supersportiva.    Posizione di guida Macinare tanti chilometri in una posizione cos&igrave; raccolta presuppone tanta passione e spirito di sacrificio. Ovvio poi che da moto a moto la situazione pu&ograve; cambiare e non di poco. L&rsquo;Aprilia ad esempio &egrave; quella pi&ugrave; estrema, sia per le dimensioni ridotte che per il grande calore che il V4 sprigiona in tutte le circostanze, se non si viaggia ad almeno 80 km/h bisogna mettere in conto di coabitare con la ventola del radiatore che aumenta ancora il flusso di aria calda verso l&rsquo;alto. I comandi invece sono perfetti, sia per posizione che per praticit&agrave; di uso, proprio quello che ci si aspetta di trovare su una moto da corsa. La sella alta, il manubrio basso e le sospensioni rigide mettono poi sicuramente in crisi il pilota, ma permettono anche una guida assai redditizia. La BMW &egrave; un po&rsquo; pi&ugrave; comoda, il triangolo sella-manubrio-pedane &egrave; meno estremo, ma il fattore che si apprezza immediatamente &egrave; l&rsquo;ergonomia dei comandi e degli interruttori a manubrio: belli, intuitivi e facili da azionare. Una volta in marcia si viaggia abbastanza bene ma sono da mettere in conto vibrazioni che diventano alla lunga fastidiose ai medi regimi. Molto diversa da questo punto di vista &egrave; la Ninja ZX-6R che pur nella compattezza di una media, offre una posizione di guida magari non perfetta per la pista ma piacevole su strada. Difatti le pedane abbastanza avanzate costringono a rannicchiare le gambe ma impongono un busto un po&rsquo; rialzato che alla lunga si rivela un giovamento per polsi e avambracci. Comandi e leve non sono curatissimi ma assolutamente razionali, tutto &egrave; al posto giusto insomma. Impressiona poi una volta in marcia per la silenziosit&agrave; del suo quattro cilindri e le limitatissime vibrazioni trasmesse. Chi cerca una media pronto-pista pu&ograve; invece pensare a Triumph, con una posizione abbastanza caricata sui polsi, ma con il vantaggio di avere tanto spazio per muoversi, la moto infatti &egrave; stretta e il serbatoio non impedisce i movimenti delle gambe volendo sporgersi al momento di affrontare una curva, anche longitudinalmente non ci sono problemi a muovere il bacino in modo da caricare pi&ugrave; l&rsquo;anteriore o il posteriore.  La guida Aprilia e Triumph sono pi&ugrave; estreme, BMW e Kawasaki pi&ugrave; fruibili. Aprilia &egrave; straordinariamente emozionante da guidare, ma l&rsquo;assetto &egrave; veramente rigido anche aprendo i registri dell&rsquo;idraulica. La forcella e il mono assorbono poco le asperit&agrave; pi&ugrave; marcate, ma soprattutto poco a suo agio sulle alte quote &egrave; risultato il motore, o meglio la sua elettronica di gestione. Si avverte difatti un calo non indifferente di spinta quando l&rsquo;aria diventa rarefatta: non stiamo parlando di buchi di potenza o irregolarit&agrave; di erogazione, ma proprio di una curva di coppia decisamente assonnata. Gli stessi rilevamenti confermano la sensazione, al punto che si pu&ograve; tranquillamente girare con la mappa &ldquo;Track&rdquo; senza tema di risposte troppo brusche. Parimenti estrema &egrave; Triumph, sempre rigida ma comunque pi&ugrave; facile da controllare anche per via dei 15 kg in meno in bilancia; dell&rsquo;inglese piacciono poi il comportamento del cambio e anche l&rsquo;erogazione del motore, pur dovendo segnalare avvertibili picchi di vibrazioni una volta superati gli 8.000 giri. Entrambe sono equipaggiate con pneumatici molto sportivi che regalano tanto grip in condizioni ideali e discese in piega velocissime, ma che incutono un certo timore affrontando strade sporche, piene di brecciolino e magari bagnate, per via di incavi ridottissimi che poco possono fare per evacuare liquidi e solidi. Lasciate queste due concorrenti per salire sulla Ninja si cambia decisamente passo: la giapponese risulta quasi comoda, ma soprattutto pi&ugrave; controllabile in tutte le condizioni per via di sospensioni pi&ugrave; morbide e pneumatici meno sportivi che non richiedono tempi di warm-up e digeriscono meglio sporco e pioggia. Anche il profilo delle gomme non &egrave; esasperato e di conseguenza la Ninja perde un po&rsquo; in agilit&agrave;, ma sfidiamo chiunque a percorrere 200 km di fila sempre con il ginocchio a terra&hellip;&nbsp; La Kawasaki sarebbe da finale, anche perch&eacute; consuma poco, e non sfigura nemmeno sotto il profilo delle prestazioni pure, ma c&rsquo;&egrave; l&rsquo;ostacolo HP4 da sormontare&hellip;    In finale E qui veniamo alla top model dell&rsquo;Alpen Master 2013, un oggettino che cos&igrave; come ci &egrave; stato consegnato da BMW passa abbondantemente i 24.000 euro, ma per quella cifra (e vorremmo anche vedere!) offre tutto quello che &egrave; possibile pretendere da una supersportiva. Non sono i 200 e passa cavalli che la fanno vincere, ma intanto ci sono e la fanno primeggiare nei rilevamenti, non sar&agrave; l&rsquo;assetto pronto pista a rivelarsi impagabile, ma intanto &egrave; prima nelle prove di handling, le sospensioni semiattive saranno forse un po&rsquo; troppo rigide ma comunque lavorano egregiamente e sono un aiuto non trascurabile in frenata, la componentistica &egrave; di prim&rsquo;ordine e il catalogo accessori &egrave; talmente sconfinato che passa dal sistema di acquisizione dati uso pista al kit di valigie per il turismo... Insomma non pu&ograve; che vincere il suo gruppo, ma la Ninja merita una ulteriore menzione, anche perch&eacute; nella classifica del girone paga solo 14 punti alla bavarese, 340 contro 326, ma costa poco pi&ugrave; della met&agrave;&hellip;

Alpen Master 2013: sportive - Aprilia RSV4 R ABS - BMW HP4 - Kawasaki ZX-6R - Triumph Daytona 675

Non &egrave; solo la meccanica ad affascinare sulla HP4, ma anche la sofisticata gestione elettronica, che presenta soluzioni mai viste prima su una moto di serie  &nbsp;  &nbsp;  Siete piloti focalizzati sull&rsquo;ottenere risultati in qualche campionato o trofeo nazionale, oppure siete pi&ugrave; semplicemente appassionati della guida su strada e in pista? Per entrambi la nuova nata BMW offre la possibilit&agrave; di raggiungere e migliorare i propri obiettivi, grazie a una perfetta base di partenza come la HP4, a cui si aggiunge una nutrita offerta modulare di accessori sportivi, corredati da una vera assistenza tecnica sul campo, tanto che nella configurazione pi&ugrave; completa la HP4 si avvicina parecchio alle moto da gara ufficiali. L&rsquo;idea BMW non &egrave; nuova, ma prende esempio dal mondo delle auto sportive (anche Ferrari offre da anni questi servizi) e ci pare ottima cosa vederla arrivare anche nel settore due ruote. L&rsquo;acronimo HP (High Performances), che appare solo sui modelli pi&ugrave; esclusivi della Casa tedesca, nasce nel 2005 con le HP2 Enduro e Megamoto, a cui fa seguito la HP2 Sport. Una stirpe di tre moto molto esclusive e discretamente costose, che rappresentano il vessillo sportivo di BMW e a cui ora si aggiunge una quarta sorella, la prima a 4 cilindri. Spinti dall&rsquo;ottimo successo ottenuto con la S 1000 RR, da subito divenuta il riferimento della categoria Superbike, i vertici della Casa hanno dato il via a questo progetto, sicuramente pianificato gi&agrave; da tempo e il cui chiaro intento &egrave; di consolidare il marchio dell&rsquo;elica ai vertici del segmento delle supersportive. Con questa HP4 si compie un ulteriore passo avanti, grazie a una serie di gestioni elettroniche molto sofisticate e nella quale spicca quella semiattiva delle sospensioni, capace di aprire la porta su un nuovo mondo fatto di settaggi dinamici. Questa BMW porta con s&eacute; anche un discreto fascino dato dall&rsquo;esclusivit&agrave; di una moto ad alto contenuto tecnologico, ma pensiamo sarebbe uno spreco grandissimo acquistarla per non portarla spesso in pista. Il prezzo della HP4 non &egrave; ancora stato comunicato, ma immaginiamo che gi&agrave; nella versione standard sar&agrave; superiore ai 20.000 &euro;  DA FERMO  Piccola, affilata e cattiva, nella bella colorazione racing bianco-azzurro e blu, la HP4 trasmette subito il proprio DNA da sportiva di razza. Nel mero aspetto esteriore la versione base non differisce eccessivamente dalla S 1000 RR, visto che annovera lo scarico completo in titanio marchiato Akrapovic, lo spoiler motore allungato e i sottilissimi indicatori di direzione a led. Con la dotazione del pacchetto Competition, il look diventa sfacciatamente pi&ugrave; grintoso, visto che alcuni componenti, come lo spoiler inferiore e le protezioni serbatoio, diventano in fibra di carbonio, mentre pedane regolabili e leve ripiegabili assumono le inconfondibili forme dei componenti racing. I cerchi verniciati in blu e una serie di adesivi da applicare sulla carena ne completano il vestito da gara. La HP4 viene venduta rigorosamente monoposto, ma a pagamento si pu&ograve; accessoriare con sellino e pedane per il passeggero.    LA GUIDA  Per la presentazione della HP4, BMW ci ha ospitati sul mitico circuito di Jerez, che di fronte alla veemenza del 4 cilindri tedesco &egrave; sembrato addirittura un po&rsquo; &ldquo;stretto&rdquo; per poter sfruttare tutta la potenza a disposizione. L&rsquo;HP4 mantiene il pregio della RR di essere tra le moto facili e intuitive, quelle su cui ci si sente a casa dopo le prime tre curve, risultando un perfetto mix tra trattabilit&agrave; delle giapponesi e sangue sportivo delle europee. Nel corso del primo turno manteniamo la mappa &ldquo;race&rdquo; impostata dai tecnici, senza preoccuparci di cambiare qualcosa, visto che la nostra attenzione &egrave; quella d&rsquo;imparare bene come gira il tracciato. Jerez &egrave; una pista molto guidata, che alterna curve da seconda a lunghi curvoni da terza con ingressi veloci e da percorrere con lunghe accelerazioni a moto ancora piegata, un perfetto ambiente per sfruttare il controllo di trazione. La mappa &ldquo;race&rdquo; mantiene attivi l&rsquo;abs sul freno posteriore e la frenata combinata. L&rsquo;anti-stoppie &egrave; invece gi&agrave; disattivato, mentre il weelie detection lavora solo con inclinazioni della moto maggiori di 25&deg;. Il DTC si attiva spesso, ma lavora in modo molto dolce trasmettendo grande sicurezza. In alcune occasioni la spia che ne segnala il funzionamento lampeggia anche quando non abbiamo sensazione di movimento del retrotreno e mano a mano che prendiamo confidenza comincia a limitare eccessivamente le accelerazioni in piega. Quello che invece vorremmo &egrave; il controllo d&rsquo;impennata sempre attivo, visto che a moto dritta la moto si impenna con troppa veemenza, specialmente in uscita dalla curva che immette sul rettilineo di arrivo, dove bisogna modulare con attenzione il polso aprendo in seconda. Nelle staccate al limite e quando si arriva un po&rsquo; lunghi usando anche il posteriore, l&rsquo;ABS interviene in modo evidente anche sull&rsquo;anteriore, allungando gli spazi di frenata e togliendo confidenza. Il posteriore tende a muoversi parecchio e forse una focella leggermente pi&ugrave; sostenuta non farebbe male. In curva la HP4 &egrave; perfettamente bilanciata, anche se in percorrenza delle curve veloci bisogna lavorare per tenerla alla corda, mentre il motore &egrave; infinito. Spinge fortissimo da subito e tra i 6.000 e i 10.000 d&agrave; il meglio di s&eacute;, prodigandosi anche in un notevole allungo. Il flash di cambiata si attiva molto tardi e guardandolo incappiamo a volte nel limitatore, ma basterebbe programmarlo a qualche centinaio di giri in meno.  Per il secondo turno impostiamo la mappa &ldquo;slick&rdquo;, che si rivela la pi&ugrave; adatta per la pista. Con la slick si disabilita l&rsquo;ABS sul posteriore e in questo modo si riesce a gestire totalmente la frenata, anche se il sistema combinato, che attiva in automatico il freno posteriore, rimane attivo. Il perfetto binomio tra freno posteriore e frizione antisaltellamento permette di sfruttare bene anche il freno posteriore in staccata senza registrare reazioni anomale. Il retrotreno si sposta dolcilmente e rientra dolcissimo, con le ruote che restano disallineate per un po&rsquo; anche dopo il rilascio del posteriore. Nonostante i nostri sforzi per non aggrapparci al manubrio, in alcune accelerazioni incappiamo in qualche deciso sbacchettamento del manubrio, specialmente uscendo in seconda sul rettilineo di partenza e scollinando in velocit&agrave; in quarta sul lungo rettilineo posteriore. Solo con la mappa &ldquo;slick&rdquo; il DTC &egrave; regolabile da +7 a -7, dove allo zero corrisponde la taratura standard. Lasciandolo a zero permette comunque un minimo slittamento del posteriore, che comunque ci trasmette una piena sensazione di sicurezza. Ci cominciamo ad abituare a questa pista, che &egrave; quasi tutta da raccordare tra una curva e l&rsquo;altra, cos&igrave; apprezziamo sempre di pi&ugrave; la piena neutralit&agrave; in curva, che perdona anche alcune nostre inevitabili correzioni. Per contro, cominciamo a dover lavorare molto col corpo per mantenere la corda nei curvoni veloci, dove baste un minimo errore in ingresso per sbagliare tutta la curva, quindi la tanta precisione di questa HP4 si paga con una minor possibilit&agrave; di correzione. Difficile invece giudicare l&rsquo;efficacia delle sospensioni semi-attive, visto che ci vorrebbe anche una moto priva del sistema. L&rsquo;unico appunto ci viene fatto da un tecnico della Casa, che ci chiede se nel corso del test abbiamo mai cambiato le regolazioni idrauliche. In effetti non ne abbiamo mai sentito il bisogno, cosa che solitamente non succede mai. Al pomeriggio i pneumatici Pirelli Supercorsa SP vengono sostituiti con i Pirelli S2 slick, che nella nuova versione 2013 comprendono un anteriore di 17&rdquo; al posto del 16,5&rdquo;, proprio come sar&agrave; nel prossimo mondiale SBK! Con un paio di slick la HP4 diventa una vera moto da corsa. La precisione dell&rsquo;avantreno aumenta parecchio e con essa anche gli inserimenti si fanno molto pi&ugrave; facili e veloci, mentre in uscita si pu&ograve; contare su un superiore appoggio della spalla. Probabilmente potremmo anche abbassare l&rsquo;intervento del DTC, ma preferiamo stare dalla parte dei bottoni mantenendolo sul livello -1. L&rsquo;HP4 in questa configurazione &egrave; l&rsquo;essenza della moto pronto gara, con il grande pregio di saper mettere ogni tipo di pilota a proprio agio da subito. Grazie all&rsquo;elettronica, anche chi ha meno esperienza ha possibilit&agrave; di spostare in avanti il proprio limite, con la sicurezza di essere ben assistito dall&rsquo;elettronica.   