La Ducati 860 degli anni '70 è stata completamente rivisitata in chiave moderna ed elettrica da Italdesign, stessa azienda che più di 50 anni fa ne disegnò le linee. Ecco alcune foto 

Ducati 860-E Concept by Italdesign

A met&agrave; anni Sessanta la bolognese Oscar immette sul mercato un valido 50, che purtroppo sar&agrave; l&rsquo;unico sportivo in catalogo per il marchio fondato nel 1963 da Oscar Belvederi   Il nome altisonante &egrave; addirittura quello di un jet americano, uno dei pi&ugrave; importanti cacciabombardieri del secondo dopoguerra: l&rsquo;F 84 si presenta ricco di carisma e ha una linea molto filante, definita soprattutto dal lungo serbatoio e, come molti altri marchi dell&rsquo;epoca, si avvale del robusto e collaudato motore F. Morini 4MP con quattro marce comandate a pedale. La versione Codice prevedeva un piccolo carburatore Dell&rsquo;Orto SHA 14/12, una cilindrata totale di 47,6 cm&sup3; (38 x 42 mm), un rapporto di compressione di 7,8:1 e una potenza massima di 1,3 CV a 4.400 giri/min. La versione &ldquo;Export&rdquo;, invece, dichiarava alesaggio e corsa di 39 x 41,8 mm, per una cilindrata totale di 49,9 cm&sup3;. In pratica montava il motore 4MP/S (denominato Turbo), evoluzione del precedente modello e disponibile dal &lsquo;65 che, con un rapporto di compressione di 9:1 e un carburatore a vaschetta laterale Dell&rsquo;Orto UA 19 S, dichiarava 5,5 CV a 8.500 giri/min, una potenza sufficiente a spingere questo cinquantino dal nome aereonautico fino alla soglia dei 90 km/h. Per chi non si accontentava e voleva un prodotto ancora pi&ugrave; esclusivo, a richiesta la Oscar forniva anche una bella testa fusa in terra (anche con doppia accensione) dalla forma singolare che, al di l&agrave; del fatto che forse aumentava un po&rsquo; il rapporto di compressione, esteticamente si diversificava da tutti i prodotti allora presenti sul mercato. Il telaio in tubi era a doppia culla chiusa e disponeva di elementi sagomati in lamiera stampata per ancorare gli ammortizzatori. Le ruote di 18&rdquo; montavano mozzi in alluminio di 118 mm e pneumatici di 2&frac14;, rigato all&rsquo;anteriore, scolpito al posteriore. Entrambe le sospensioni mostravano molle esterne. Parafanghi cromati, fanale tondo e mezzi manubri completavano il quadro.  Dettagli ricercati Sebbene simile nelle linee a molti antagonisti dell&rsquo;epoca, con serbatoio allungato e sella con rostro finale, l&rsquo;F 84 godeva di un fascino particolare, dato da dettagli ricercati, copiati dall&rsquo;ambiente delle corse. Il bel serbatoio della capacit&agrave; di 10 litri &egrave; stato proposto sia con dei filetti che ne accentuavano la linea filante, sia con la banda tricolore nella parte anteriore, e perfino (come l&rsquo;esemplare del nostro articolo) con i fianchi cromati. Il tappo di rabbocco a sgancio rapido tipo &ldquo;Monza&rdquo; &egrave; spostato sulla destra e il serbatoio &egrave; fissato posteriormente mediante una cinghia metallica sul dorso (come le macchine da competizione). Stessa estrazione anche per la staffa forata che sostiene la marmitta. Con la sua piacevole estetica, l&rsquo;Oscar F 84 oggi ha una sua schiera di estimatori e non &egrave; facilmente reperibile.   

20 cinquanta degli anni &lsquo;70 &ndash; Oscar F 84

Dopo l&rsquo;elegante e robusto KL 50 4V del 1972, l&rsquo;anno successivo la Garelli immette sul mercato un modello esteticamente simile, ma in realt&agrave; profondamente modificato: il KL 50 E 5V  &nbsp;  &nbsp;  Gi&agrave; nel nome &egrave; presente tutta l&rsquo;innovazione che la versione 1973 porta in dote rispetto al suo predecessore. L&rsquo;estetica, come per la versione dell&rsquo;anno precedente, si rif&agrave; alla KL 100, ma mentre nel KL 50 4V del 1972 veniva montato il motore a 4 rapporti utilizzato per lo Junior Tiger Cross, il nuovo KL utilizzava un propulsore del tutto nuovo con due importanti novit&agrave;. In primis la E nella sigla stava ad indicare l&rsquo;accensione elettronica anzich&eacute; a puntine platinate, una vera chicca per l&rsquo;epoca. Poi 5V, che ovviamente stava a significare un cambio a 5 rapporti, ma l&rsquo;innovazione del motore non finiva qui: con questo modello, infatti, finalmente anche la Garelli si uniformava al nuovo standard, che prevedeva il comando a pedale del cambio a sinistra, con la prima verso il basso. Il telaio color argento era lo stesso della versione di 100 cm&sup3;, quindi offriva sicurezza e resistenza, e pure il mozzo anteriore in alluminio di 140 mm &Oslash; aveva la stessa provenienza. Rispetto alla versione 4V con le sovrastrutture blu, in questo caso la livrea era in rosso metallizzato, ma sempre con una piacevole banda nera sul serbatoio. Cambia anche la marmitta che diventa &ldquo;a sogliola&rdquo; come vogliono i dettami pi&ugrave; moderni del periodo. Il motore, seppure modificato, si presenta sempre con i piacevoli carte squadrati e alettati.  Novit&agrave; anche nella termica che ora si presenta con una corposa alettatura radiale. Il cilindro continua ad essere in alluminio, con canna cromata, ma in questo caso c&rsquo;&egrave; anche una terza luce di travaso e il pistone ha la fascia elastica superiore ad L. Il filtro d&rsquo;aspirazione in spugna &egrave; racchiuso in un&rsquo;ampia cassetta filtro e il carburatore montato di serie era un&rsquo;inusuale Dell&rsquo;Orto 18/12. Va da s&eacute; che spesso il foro di 12 mm veniva allargato a 18 mm, rendendo di fatto il carburatore un 18/18, ma un motore cos&igrave; curato reggeva tranquillamente un carburatore di 20 mm e con questa unica modifica gi&agrave; era tutt&rsquo;altra musica. A supportare il robusto telaio c&rsquo;era una valida forcella idraulica Ceriani, mentre al posteriore al forcellone di sezione ovale era ancorata una coppia di ammortizzatori idraulici regolabili della Sebac. Al pari dell&rsquo;anteriore anche il mozzo posteriore era in alluminio, e la corona era montata su parastrappi. Il diametro dei cerchi, entrambi in acciaio, era di 17&rdquo; al posteriore e di 19&rdquo; all&rsquo;anteriore, entrambi equipaggiati con pneumatici tassellati, rispettivamente di 3.00&rdquo; e di 2.50&rdquo;. Sella e serbatoio erano ben proporzionati ed eleganti e tutti gli altri dettagli, dal piccolo fanale tondo, ai parafanghi rialzati, all&rsquo;ampio manubrio nero con traversino, si inserivano bene nel contesto generale. Un mezzo bello e robusto quindi, in grado di esercitare fascino sui giovani e di raccogliere i favori dei genitori paganti grazie alla seriet&agrave; del marchio. Come controparte c&rsquo;era solo il fatto che la tanto decantata accensione elettronica dava qualche problema, specie se il motore era equipaggiato con un carburatore pi&ugrave; grosso o era &ldquo;ritoccato&rdquo; e raggiungeva un numero di giri pi&ugrave; elevato. Il modello rimase in produzione diversi anni, e seppure con una costante evoluzione rimase fedele a se stesso. 

20 cinquanta degli anni &rsquo;70 &ndash; Garelli KL 50 E 5V

Uno sportivo italiano motorizzato dapprima con il motore tedesco Victoria a tre marce con comando a pedale e, in seguito, con il P4 della Minarelli  &nbsp;  Rispetto ai marchi del settore che erano sinonimo stesso del segmento &ndash; Malanca, Italjet, Testi, ecc. &ndash; Vi-V&igrave; &egrave; per i pi&ugrave; un nome sconosciuto. Questo marchio appare per la prima volta nel 1956 su un ciclomotore utilitario e il nome &egrave; l&rsquo;insieme delle iniziali di Viberti, il cognome dei titolari dell&rsquo;azienda, e Victoria, la Casa tedesca che forniva i motori. Inizialmente nata a Torino, l&rsquo;azienda viene successivamente venduta alla Ceruti di Pontevico, in provincia di Brescia, ma il nome rimane immutato. Con la nuova gestione oltre che a produrre ciclomotori utilitari, la Vi-V&igrave; si dedica anche alla produzione di un modello sportivo denominato Sport Special (la fantasia dei nomi riguardo ai vari modelli sembra inversamente proporzionale rispetto alla fantasia e alla capacit&agrave; messe in campo per la realizzazione degli stessi...), che fa la sua prima apparizione al Salone di Milano del 1965. Il modello viene proposto con il motore tedesco Victoria a tre marce, dove il comando a pedale agisce sul selettore mediante dei leveraggi esterni ed &egrave; infulcrato sullo stesso asse della messa in moto. La linea &egrave; sobria, ma valida e curata. C&rsquo;&egrave; un bel serbatoio lungo di foggia classica, abbinato a una sella moderatamente lunga e dal profilo arcuato, ma &egrave; soprattutto il telaio a farsi notare, con la sua struttura a doppia culla chiusa e le linee curve dei tubi che dall&rsquo;asse del forcellone salgono verso il serbatoio. La dotazione di serie prevede i semimanubri, un tappo carburante ad apertura rapida e forcella ed ammortizzatori con le molle in vista. Mozzi e cerchi sono in lamiera, con il freno anteriore che mostra una finta presa d&rsquo;aria sul lato destro.  Passano due anni (1967) e alla consueta vetrina milanese viene presentata la seconda serie dello Sport Special, insieme a un modello fuoristrada con un telaio a doppia culla superiore di concezione alquanto originale, che sar&agrave; in seguito ripreso dalla Italjet per il modello Piranha. Il restyling ha il suo punto di forza nella sostituzione del motore tedesco a tre marce con un pi&ugrave; consono e sicuramente pi&ugrave; esuberante Minarelli P4 che, proposto con un carburatore Dell&rsquo;Orto di 19 mm &Oslash; con cornetto di aspirazione libero, consentiva punte velocistiche al di sopra degli 80 km/h e una potenza massima di oltre 4 CV. Oltre al motore &egrave; stata sostituita anche la sella. La precedente forma arcuata cede il passo ad una pi&ugrave; filante, con un rostro finale appena pronunciato e una ricercata colorazione grigia e nera intramezzata da un bordino rosso. Per il resto, componentistica e linea rimangono inalterati: &egrave; da segnalare l&rsquo;accurata ed elegante colorazione che si rif&agrave; ai modelli sportivi dell&rsquo;epoca di cilindrata superiore. Il telaio &egrave; verniciato in arancione/marrone metallizzato, e lo stesso colore &egrave; presente sul serbatoio e sui fianchetti, in coppia con ampie parti in argento, colore che &egrave; presente anche sui parafanghi e sul carter catena. Il tutto intramezzato da piacevoli filetti oro. Purtroppo saranno le ultime proposte del marchio, che da l&igrave; a poco cesser&agrave; la produzione.  

20 cinquanta degli anni '70 - Vi-Vi Sport Special 50

Negli anni &rsquo;60 la bolognese Italjet di Leopoldo Tartarini ebbe un incredibile successo. I maggiori consensi con il Mustang SS ed il Mustang Veloce  &nbsp;  &nbsp;  Nata come Italemmezeta nel 1959, gi&agrave; nel &rsquo;62 l&rsquo;azienda fondata da Leopoldo Tartarini aveva in catalogo un cinquanta sportivo denominato Italjet, nome che pi&ugrave; tardi diventer&agrave; ragione sociale del marchio, mentre il suddetto modello prender&agrave; il nome di De Luxe. Questo modello, proposto inizialmente a tre marce, contraddistinto da un telaio misto in tubi e lamiera stampata e da un avvenente serbatoio con protuberanze sulla parte inferiore, sub&igrave; una continua evoluzione, fino ad essere proposto in versione carenata e infine con quattro marce comandate a pedale. Parallelamente al De Luxe, nel &rsquo;65 verr&agrave; proposto un nuovo modello sportivo di forte impatto, che nel giro di breve tempo diverr&agrave; il modello di riferimento del segmento: il Mustang SS. Utilizza il nuovo telaio a doppia culla superiore, che diventer&agrave; una specie di marchio di fabbrica per la Italjet, ma il suo tratto pi&ugrave; identificativo &egrave; senza dubbio l&rsquo;imponente serbatoio, stretto e squadrato, con due tappi, uno per il rabbocco di carburante e uno con incastonato il tachimetro. In mezzo, sul dorso, un cinturone traforato lo lega al telaio, come sulle moto da corsa. Alcuni ritenevano sproporzionate le misure del serbatoio, ma i pi&ugrave; lo trovavano affascinante, inoltre era diverso da ogni serbatoio presente sul mercato e quindi unico e riconoscibile. Dotato di motore Minarelli P4, l&rsquo;SS veniva proposto con delle pedane montate sul forcellone, oltre a quelle standard, con il freno anteriore a 4 ganasce (con prese d&rsquo;aria finte) e con i cerchi in alluminio (ci sono state anche versioni che montavano perfino i parafanghi in alluminio). Nel &rsquo;66 arriva la prima versione del Mustang Veloce, stessa ciclistica ma estetica molto pi&ugrave; filante e dotato di un meraviglioso freno anteriore a 4 ganasce con prese d&rsquo;aria vere a periscopio.    Due anni dopo arriva la seconda serie del Veloce, che va a sostituire in listino sia la prima serie che l&rsquo;SS. L&rsquo;anno prima era stato tolto dal catalogo anche il De Luxe, che nella sua ultima versione condivideva il freno anteriore del Veloce. Il nuovo Mustang Veloce incarnava ed evolveva alla grande lo spirito dei suoi predecessori e fu un vero successo. Non aveva pi&ugrave; i cerchi in alluminio, ma disponeva di un nuovo telaio pi&ugrave; performante, sapientemente irrobustito nella zona dell&rsquo;attacco forcellone e montava il Minarelli P4 SS che, con il carburatore da 20 mm &Oslash; di serie, gli consentiva di superare i 90 km/h. La versione pi&ugrave; bella e diffusa prevedeva il telaio rosso vivo e parafanghi e serbatoio bianco, quest&rsquo;ultimo con ginocchiere e decalcomania a mezzaluna nere, ma &egrave; stato anche proposto con telaio nero e serbatoio e parafanghi color alluminio. Una delle modifiche pi&ugrave; frequenti su questo modello &ndash; oltre all&rsquo;immancabile marmitta a spillo &ndash; era l&rsquo;eliminazione dei soffietti e della schermatura sulla forcella e il montaggio della piccola sella del Mustang SS che ben si intonava con la linea tondeggiante del serbatoio. Doveroso menzionare che dal &rsquo;65 al &rsquo;68 l&rsquo;Italjet ha proposto anche un altro 50-60 cm3 sportivo denominato Vampire. Nato esclusivamente per le competizioni, dove ha avuto un buon successo, &egrave; stato alla fine pubblicizzato anche in versione stradale, con fanale, luce posteriore e portanumero, ma non sembra che sia stato realmente commercializzato (o lo &egrave; stato in maniera irrisoria). Del &rsquo;70 l&rsquo;ultima serie del Veloce, con forcella idraulica, parafanghi in inox e fanale tondo. Il gruppo sella-serbatoio non sar&agrave; per&ograve; accattivante come quello del suo predecessore, che rimarr&agrave; uno dei cinquantini pi&ugrave; belli e desiderati di quegli anni.

20 cinquanta degli anni &rsquo;70 &ndash; 6. Italjet De Luxe e Mustang

La saga dei cinquantini sportivi Malanca inizia con il Nicki, per poi passare allo Sprint e al Competizione, arrivando infine all&rsquo;ambito Testa Rossa, vera icona dell&rsquo;epoca  &nbsp;  Il Malanca Competizione arriva nel 1965 e fin dalla sua prima comparsa dispone di motore con cambio a 4 marce, sebbene con la tondeggiante termica di ridotte dimensioni. Su questo modello sar&agrave; allestita anche una versione con la testa dipinta di rosso, maggiormente curata nel dettaglio. Il Competizione &egrave; in linea con gli sportivi pi&ugrave; estremi dell&rsquo;epoca: lungo serbatoio con tappo sfalsato su un lato, corto sellino con l&rsquo;imbottitura che sale sul dorso del serbatoio, ruote di 18&rdquo;, sospensioni con molle in vista, mezzi manubri e una colorazione aggressiva. Inoltre, come pochi altri, dispone di comandi arretrati. Alla prima versione segue a breve una con la termica maggiorata, in grado di superare comodamente gli 80 km/h nella versione che allora si chiamava, per tutti quelli che volevano dichiarare le prestazioni, &ldquo;esportazione&rdquo;. La seconda serie del Competizione arriva nel &rsquo;69: motore e telaio sono praticamente inalterati, ma l&rsquo;estetica appare completamente rinnovata grazie a un nuovo e slanciato serbatoio dal disegno moderno, con il tappo carburante spostato verso il posteriore. Nuovo anche il sellino con rostro e il bauletto portaferri, mentre la forcella telescopica ha ora molle interne. A tutti gli effetti &egrave; un bel mezzo sportivo, ma ad affiancarlo in listino arriva un altro 50 ancora pi&ugrave; estremo, che manda in fibrillazione i teenager del periodo: il Testa Rossa. Un serbatoio tondeggiante e affusolato e un sellino piatto montati su un bellissimo telaio a doppia culla lo rendono affascinante e ne decretano l&rsquo;immediato successo. Dapprima presentato con una livrea arancio che viene subito sostituita da una bianca con tricolore sui lati del serbatoio (a celebrare i successi ottenuti nelle competizioni nel &rsquo;68 e &rsquo;69) il Testa Rossa monta lo stesso motore a 4 marce del Competizione, costruito in proprio da Malanca, ma con la testa dipinta di rosso e un carburatore di 20 mm anzich&eacute; 18 mm (che gli consente di superare i 90 km/h). L&rsquo;anno successivo (1970) viene presentata la versione a 5 marce. Pochi gli interventi estetici e ciclistici: un nuovo sellino con rostro finale e qualche modifica al telaio, principalmente alle bretelle anteriori per far spazio alla nuova termica. Il motore invece &egrave; una vera sorpresa. Non un&rsquo;evoluzione del precedente, ma un&rsquo;unit&agrave; completamente nuova, con carter &ldquo;a diamante&rdquo; generosamente alettati e una termica che comprende un cilindro in ghisa con alettatura squadrata di grandi dimensioni, e una vistosa testa &ldquo;a ventaglio&rdquo; non pi&ugrave; dipinta di rosso. Come il precedente anche il motore 5M viene costruito in proprio, ma non ha un solo pezzo compatibile con il 4M. Le prestazioni sono appena un po&rsquo; superiori, ma l&rsquo;impatto estetico del nuovo motore manterr&agrave; alto l&rsquo;interesse per il modello ancora per anni. Oltre alla versione tricolore, il 5M verr&agrave; proposto con telaio argento anche con livree arancio, blu o amaranto metallizzato.  

6 risultati per 'anni-70'

Ducati 860-E Concept by Italdesign

20 cinquanta degli anni ‘70 – Oscar F 84

20 cinquanta degli anni ’70 – Garelli KL 50 E 5V

20 cinquanta degli anni '70 - Vi-Vi Sport Special 50

20 cinquanta degli anni ’70 – 6. Italjet De Luxe e Mustang

20 cinquanta degli anni '70 - Malanca Competizione e Testa Rossa