<p>Poco diffusa in Italia, la Kawasaki 250 A1 Samurai fu presto oscurata dall&rsquo;arrivo delle esuberanti tricilindriche del marchio</p> 

Kawasaki Samurai A1 250 - LE FOTO

In Italia ne furono importate pochissime a partire dal 1971, ma la moto era stata progettata nel 1966 e proposta sul mercato americano l&rsquo;anno seguente. In Italia arriv&ograve; solo l&rsquo;ultima versione, quando il modello aveva ormai gi&agrave; esaurito la sua parabola.    LA MOTO mostrata in questo servizio &egrave; del 1967, appartiene alla prima serie, ed ha linee molto pi&ugrave; arrotondate rispetto ai modelli importati da noi cinque anni dopo, ma le prestazioni del motore erano sicuramente di prim&rsquo;ordine. Dotato di miscelatore automatico e di due carburatori Mikuni da 22 mm, il propulsore 2T era parco di consumi, arrivando a percorrere oltre 35 km con un litro alla velocit&agrave; di 70 km/h, per scendere fino a 16 km/l con un uso esasperato.  LA POTENZA MASSIMA di questo modello era di 31 CV a 8.000 giri, disponeva di una notevole accelerazione e raggiungeva i 159 km/h reali, una velocit&agrave; elevatissima per una 250 di quel periodo. Il propulsore bicilindrico era un vero gioiello: vantava un&rsquo;aspirazione a doppio disco rotante e aveva i due carburatori racchiusi nei due carter laterali, mentre dietro ai cilindri in alluminio trovava spazio il generatore, sul cui albero era calettato il ruttore dello spinterogeno.  IL CAMBIO, robusto e preciso, contava su cinque rapporti, e questo contribuiva a fare della Samurai una macchina di prestigio. Il serbatoio dalla forma tondeggiante montava delle ginocchiere in gomma e mostrava sui fianchi un bellissimo e datato logo Kawasaki in rilievo. L&rsquo;estetica era ulteriormente arricchita da una verniciatura a doppia tonalit&agrave;. Il manubrio decisamente alto era pensato per il mercato americano, e sul canotto dello sterzo trova posto il pomello di indurimento.  SUBITO SOPRA IL FARO svettava la plancia strumenti, con tachimetro, contagiri e una serie di spie di servizio racchiusi in un unico e voluminoso strumento ovoidale. Forcella e ammortizzatori erano teleidraulici, i parafanghi erano lunghi e le marmitte lunghissime, il tutto ricoperto da una massiccia dose di cromo. Le ruote da 18&rdquo; montavano cerchi in acciaio e freni a tamburo. Quello anteriore, giudicato ottimamente all&rsquo;epoca, disponeva di quattro ganasce.  Il peso dichiarato era di 145 kg a secco, e faceva della Samurai un mezzo maneggevole e snello. 

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Kawasaki Samurai A1 250, la sconosciuta