Passata l&rsquo;Eicma, cosa resta? Sicuramente tante nuove moto belle; tante novit&agrave;, anche fra le case, con nuovi marchi emergenti. E diverse consapevolezze. La pi&ugrave; importante delle quali sembra essere che il baricentro del mondo si sta spostando sempre pi&ugrave; verso oriente.  Nel nostro piccolo lo vediamo dalle moto presentate, dalle case. I cinesi (e gli indiani) sono sempre pi&ugrave; presenti, con modelli che stanno uscendo dal purgatorio delle moto di bassa qualit&agrave; e stanno diventando sempre pi&ugrave; competitivi con gli occidentali e i giapponesi. Poi ci sono gli analisti di mercato, che fanno ricerche che forniscono dati oggettivi sui quali discutere.  Una di queste &egrave; stata presentata in Eicma. Il titolo era Global disruption and growing complexity are raising the bar for two-wheeler industry. Che potremmo tradurre come &quot;La&#39;disruption&#39; globale e la crescente complessit&agrave; stanno alzando l&rsquo;asticella dell&rsquo;industria delle due ruote&quot;. Dove per &quot;disruption&quot; si intende un fenomeno con cambiamenti repentini,&nbsp;di rottura. La ricerca, presentata da Gianluca Di Loreto, partner di Bain&amp;Company, era incentrata sul rapporto economico e produttivo fra l&rsquo;Europa, l&rsquo;Asia e gli altri continenti.    I numeri dell&rsquo;Asia che spaventano  Si comincia dalla demografia, con una crescita esponenziale dell&rsquo;Asia, che nel 1990 aveva quattro volte pi&ugrave; abitanti del nostro Continente. Nel 2020 ne aveva 6 volte di pi&ugrave;; e nel 2040 si prevede che ne avr&agrave; 7 volte di pi&ugrave;.  Poi c&rsquo;&egrave; il GDP, Gross Domestic Product, quello che noi chiamiamo PIL, e che vediamo l&rsquo;Asia in crescita e l&rsquo;Europa in calo. Nel 1990 l&rsquo;Asia produceva il 28% del GDP mondiale, l&rsquo;Europa il 34%. Nel 2022 l&rsquo;Asia &egrave; salita al 40%, mentre l&rsquo;Europa &egrave; scesa al 24%. Un andamento che sembra confermato anche per i prossimi anni.  Come si traduce tutto questo? Parliamo di brevetti. Nel settore del 5G il 68% dei brevetti &egrave; di aziende asiatiche, ma va anche peggio in quello delle batterie allo stato solido, con l&rsquo;Asia titolare dell&rsquo;82% dei brevetti e l&rsquo;Europa ferma a un misero 5%. Anche la produzione di metalli &egrave; in mano agli asiatici: l&rsquo;acciaio proviene per il 74% da Oriente, l&rsquo;Alluminio per il 66%, e la fibra di carbonio per il 43%. Tra l&rsquo;altro, parlando dei singoli stati, due sono i casi citati. Il primo &egrave; l&rsquo;Indonesia che sta investendo tantissimo sul Nickel, del quale ormai &egrave; larghissimamente leader mondiale nella produzione. Il nickel &egrave; un metallo necessario per la produzione dell&rsquo;acciaio, ma anche di prodotti come le batterie. Il secondo &egrave; il Vietnam, che sta avendo una crescita economica vorticosa e che sta aumentando tantissimo le esportazioni nel campo dell&rsquo;elettronica.  I paesi asiatici sembrano insomma avere sia le risorse economiche che il know-how, soprattutto se si parla di elettronica. In pi&ugrave; hanno un vantaggio competitivo non da poco: un costo del lavoro 4,5 volte pi&ugrave; basso di quello europeo.  Alcune schermate della ricerca presentata          Impossibile rompere i legami dell&rsquo;Europa con l&rsquo;Oriente  In questa situazione &egrave; chiaro che il reshoring &ndash; riportare le linee produttive in Europa &ndash;, annunciato da molte nostre aziende quando il Covid e la crisi dei container rendevano difficile la logistica delle merci, oggi sia praticamente impossibile da attuare. Lo stanno facendo in parte alcuni gruppi, come Pierer (KTM, Husqvarna e MV), Bosch, Xener, per rimanere nel nostro settore. Per altri per&ograve; &egrave; una strada non percorribile, perch&eacute; i costi di produzione salirebbero troppo e si perderebbe la competitivit&agrave; sui mercati globali. Meglio rischiare e continuare a produrre in Asia, tenendo questo filo (o cappio?) in tensione.  E gli asiatici che fanno? Altro che produzioni in economia: alcuni di loro stanno venendo a produrre in Europa, diventando vere multinazionali! Lo fanno ad esempio quelli della Byd, che ha messo una linea produttiva dei suoi autobus elettrici in Ungheria e ne sta aprendo una automobilistica in un altro paese UE. E lo ha fatto la Chery, azienda di stato cinese, che sta valutando di impiantare uno stabilimento auto in Turchia. Le stesse due aziende si sono organizzate anche per non correre pi&ugrave; il rischio di avere problemi con il trasporto delle materie prime e dei loro veicoli. La Byd ha comprato 8 navi mercantili, la Chery addirittura 2 cantieri navali, cos&igrave; si costruisce direttamente le navi da carico. In Asia al momento c&rsquo;&egrave; il 90% della produzione motociclistica mondiale, e in futuro? Si produrr&agrave; ancora in Europa? E chi produrr&agrave; nel nostro Continente?  Tutto quanto detto sin qui va in un&rsquo;unica direzione: i paesi asiatici hanno il controllo delle nuove tecnologie elettroniche e di quelle legate ai veicoli elettrici. E si stanno organizzando per avere un controllo sempre pi&ugrave; capillare del settore, a partire dalle materie prime. I numeri sembrerebbero dunque tratteggiare un&rsquo;ineluttabilit&agrave; del declino europeo.  La possibile risposta dell&rsquo;industria  Numerosi i rappresentanti dell&rsquo;industria moto presenti al convegno. Mariano Roman, della Fantic Motor, ha ribadito il problema dei dazi, con i nostri prodotti che spesso sono gravati da dazi importanti (anche il 60%) sui mercati asiatici, mentre, al contrario, alcuni paesi orientali offrono incentivi alle loro industrie per esportare in Europa. Uno squilibrio competitivo forte. La risposta migliore che abbiamo sentito per&ograve; &egrave; stata quella di Roberto Vavassori, della Brembo. Il dirigente ha aperto dicendo che la sua azienda fa solamente il 9,7% del suo fatturato in Europa. &ldquo;Dunque - ha detto Vavassori-, meno male che abbiamo guardato fuori, e anni fa siamo andati in India, stabilendo un rapporto con un&rsquo;azienda che oggi, a distanza di anni, &egrave; il nostro primo cliente&rdquo;. L&rsquo;Asia oggi &egrave; il primo mercato mondiale e noi dobbiamo andarci, non dobbiamo chiuderci. In fin dei conti l&rsquo;Italia rappresenta solo il 4% della popolazione mondiale. Bisogna avere il coraggio di andare a fare affari l&igrave;. Anche perch&eacute; l&rsquo;autarchia storicamente ha sempre portato al fallimento.  Ecco, forse questa &egrave; la conclusione migliore. Dobbiamo prendere atto che l&rsquo;Asia oggi &egrave; una potenza con la quale l&rsquo;industria della moto (e dell&rsquo;auto) deve fare i conti. Pensate al Gruppo Pierer, che fra India (Bajaj) e Cina (CFMoto) ha partner importanti, anche di capitale nel caso di Bajaj. Fosse quella la chiave per navigare nella disruption di questo XXI&deg; secolo? 

Una ricerca presentata a Milano tratteggia una crescita vorticosa dell&rsquo;Asia, e che sembra destinata a travolgere il Vecchio continente. Si parla ovviamente anche di industrie moto, ed &egrave; un punto di partenza per aprire una discussione su come affrontare le sfide cui stiamo andando incontro

EICMA 2023, l&#39;edizione della prima (vera) sfida Asia Vs Europa?

L&rsquo;ADAC, l&rsquo;Automobil Club tedesco, che conta 21 milioni di iscritti, ha stretto un accordo con la Yadea, per offrire i suoi scooter elettrici ai propri associati. La Yadea? Verrebbe da fare ironia su questa azienda cinese, ma basta metterne il nome su Google, per scoprire che nel 2020 ha venduto oltre 6 milioni di scooter elettrici, ed &egrave; presente in 88 paesi del mondo. Ed ha come testimonial l&#39;attore americano Vin Diesel, come vedete nella foto d&#39;apertura.  Milioni di pezzi venduti, 7 stabilimenti di produzione, due reparti R&amp;D che da soli occupano 340 persone, un totale di 3mila impiegati. La Yadea &egrave; la prima azienda ad adottare la tecnologia del grafene nelle batterie dei veicoli. E nel 2019 ha venduto oltre 173mila scooter sulle piattaforme di e-commerce.  La nuova Cina che investe in Occidente  Ecco la faccia della Cina a noi ancora poco nota. Quella di un paese che non solo &egrave; stato capace di generare una crescita del PIL pazzesca negli anni, ma anche di emancipare una buona parte della popolazione. E oggi, dopo gli anni dell&rsquo;inquinamento folle, sono molte le citt&agrave; cinesi dove ci sono forti limitazioni se non divieti alla circolazione dei mezzi con motori termici. Cos&igrave; la Cina &egrave; diventata anche il paese dove si &egrave; investito di pi&ugrave; sull&rsquo;elettrico.  Tutto questo sta continuando a cambiare il baricentro del mondo motociclistico. Che vede l&rsquo;Europa sempre pi&ugrave; in una posizione residuale. Perch&eacute; se da noi si fatica ad arrivare al milione di pezzi venduti nell&rsquo;anno, la Cina da sola ne fa 17-18; e altri 15 milioni di pezzi li fa l&rsquo;India. Mezzi economici, certo, ma i numeri in gioco si portano comunque dietro fatturati e ricavi da capogiro. Che si trasformano nella base necessaria per investire nelle aziende occidentali.  Dieci anni fa, quando parlavamo di globalizzazione ci riferivamo alle aziende occidentali che delocalizzavano la produzione in Oriente. Oggi invece ci troviamo di fronte ad aziende orientali che investono in Occidente.  Matteo Paggi: Oriente interessato alla nostra industria motociclistica    Matteo Paggi si occupa di acquisizioni crossboarder, transazioni internazionali fra aziende. Ha seguito lui, ad esempio, il passaggio della Moto Morini in mani cinesi. Una laurea alla Bocconi, motociclista praticante (ha una Moto Morini Milano), a lui chiediamo di darci una fotografia dello stato della globalizzazione nel settore motociclistico.  &ldquo;Il potere economico ormai &egrave; a Oriente, non c&rsquo;&egrave; dubbio, ma il fatto positivo &egrave; che c&rsquo;&egrave; un sempre maggior interesse nei confronti dell&rsquo;industria motociclistica occidentale&rdquo;.  Cosa interessa ai cinesi delle aziende europee?  &ldquo;La notoriet&agrave; di alcuni brand e il know-how tecnico. Pu&ograve; sembrare strano a noi europei, ma l&rsquo;attuale presidente della Moto Morini, Mr Chen, quando abbiamo trattato l&rsquo;acquisizione ha dimostrato di conoscere la storia e i trofei vinti della casa alla quale era interessato. Una cosa molto comune, i vecchi marchi hanno notoriet&agrave; in Cina. Quanto al know-how tecnico, ovviamente hanno l&rsquo;esigenza di colmare alcuni gap tecnologici e, avendo le risorse economiche necessarie, acquistano i marchi che hanno quel bagaglio di conoscenze. In questo modo tra l&rsquo;altro acquisiscono anche personale formato e stampi&rdquo;.  Il know-how a volte ce l&rsquo;hanno gi&agrave; per&ograve;. Ormai le aziende cinesi hanno acquisito marchi importanti.  &ldquo;Si, ma probabilmente restano deboli su alcuni fronti. Poi a volte fanno scelte azzeccate. Come il mix della Benelli, che progetta e disegna in Italia, ma produce in Cina&rdquo;.  Perch&eacute; la Cina ha ancora il vantaggio della manodopera a basso costo?  &ldquo;Non pi&ugrave; come prima per&ograve;, tanto che anche i cinesi stanno delocalizzando in Vietnam, e in tutto il Sud-Est asiatico. Ma non sono solo loro a produrre l&igrave;. Tutte le case stanno concentrando in quella zona gli stabilimenti per la produzione di veicoli a basso e a volte bassissimo contenuto tecnologico. Quei mezzi dal costo ridotto che per&ograve; fanno numeri di vendita pazzeschi in Oriente. E quindi grossi utili. Le case si tengono su quel tipo di veicoli&rdquo;.  Il fatto che il baricentro sia ormai spostato cos&igrave; nettamente a Oriente, dove si vendono mezzi a basso costo, non pu&ograve; preludere a un rallentamento della ricerca sui veicoli top di gamma?  &ldquo;Sicuramente s&igrave;. Anche guardando la recente vendita della Motori Minarelli alla Fantic Motor da parte della Yamaha, la sensazione &egrave; che l&rsquo;Europa sia sempre pi&ugrave; un satellite nel panorama dell&rsquo;industria e del mercato motociclistico mondiale. Le grandi case stanno spostando le produzioni fuori dall&rsquo;Europa, perch&eacute; &egrave; opportuno produrre dove si vende di pi&ugrave;&rdquo;.  Le aziende cinesi sono molto avanti con l&rsquo;elettrico.  &ldquo;L&rsquo;Europa &egrave; in grave ritardo, e l&rsquo;impatto sar&agrave; forte. Perch&eacute; l&rsquo;elettrico arriver&agrave;, e i cinesi sono leader soprattutto nella produzione di batterie&rdquo;.  Ci sono stati problemi con i dazi doganali negli ultimi anni, soprattutto per la politica dell&rsquo;ex presidente Trump. Cosa ne pensi?  &ldquo;Che le barriere al commercio sono sempre negative. Si studia su tutti i testi. E ormai siamo in un mondo sempre pi&ugrave; globalizzato, dove hanno ancora meno senso&rdquo;.  &nbsp;  La rete di collaborazione globale delle case    Cerimonia di inizio lavori di costruzione dello stabilimento in comune fra CFMoto e Pierer Industry AG (KTM)  Dunque il mondo ha un mercato che si divide grosso modo in due: da una parte gli occidentali, che producono e utilizzano moto molto raffinate. Dall&rsquo;altra ci sono gli orientali, che producono e utilizzano mezzi di cilindrata ridotta e a basso contenuto tecnologico.  Questi due mondi si incontrano sotto forma di accordi economici e di partnership. L&rsquo;indiana Bajaj, che oggi detiene il 48% di KTM, in passato ha avuto accordi commerciali con la Piaggio, per la quale produceva la Vespa in India, e con la Kawasaki. Oggi oltre alla casa austriaca, per la quale produce le moto dai 125 ai 390 cc, e della quale commercializza la gamma in diversi paesi asiatici, Bajaj ha un accordo commerciale con la Triumph, per produrre una nuova gamma fra i 400 e gli 800 cc.  La Honda ha avuto accordi commerciali che hanno contribuito a far crescere molte case. La prima &egrave; l&rsquo;indiana Hero, che oggi produce e commercializza moto per Harley-Davidson, ma anche Kymco e Sym. TVS, che oggi produce i motori BMW G310, in passato ha prodotto su licenza Suzuki, come la Hyosung. CF Moto invece, che in Cina &egrave; un marchio premium, ha una joint venture con Pierer Industry AG (la societ&agrave; che detiene il 51% di KTM) per uno stabilimento di produzione da 50mila pezzi l&rsquo;anno e per la distribuzione in Cina del marchio KTM.  Case e mercati: i valori in campo  Alcuni valori in campo fra le case. La Honda, che &egrave; una vera casa globale, in un anno vende 19milioni e 280mila mezzi a due ruote. In Cina ne vende 1milione, e 1milione 140mila sono quelli che piazza in Sudamerica. In Giappone vende 170mila moto, e 340mila ne vende nell&rsquo;America del Nord. 370mila le assorbiamo noi europei. Poi ci sono i paesi del Sud-Est asiatico e dell&rsquo;Oceania, che assorbono&hellip; 16milioni e 250mila pezzi!  Fra le altre case citiamo Hero (5,7 milioni di pezzi), Bajaj (3,05 milioni di pezzi), TVS (2,3 milioni), Italika (800mila), Niu (580mila), Kymco (422mila), Sym (400mila). Restano le case che producono moto di prestigio. Ne citiamo qualcuna: Harley-Davidson (180mila), BMW (168mila), Benelli (63mila), Triumph (56mila), Ducati (48mila).    E ora vediamo i mercati. Cina e India da sole fanno oltre 30 milioni di pezzi. Altri 10 milioni li assorbono i paesi del Sud-Est Asiatico. Poi ci sono una serie di paesi inaspettatamente forti nel settore motociclistico. Il Pakistan significa 1,5 milioni di mezzi, e Taiwan &egrave; poco sotto il milione. Al pari dell&rsquo;Europa e sopra gli Stati Uniti, che viaggiano a circa 800mila pezzi. E ci sono mercati che potrebbero esplodere a breve. Come l&rsquo;Iran o la Russia.  I mercato pi&ugrave; forti sono dunque quelli sui quali si vendono mezzi di ridotta cilindrata, a volte perch&eacute; ci sono divieti specifici per le alte cilindrate, a volte perch&eacute; il potere d&rsquo;acquisto delle famiglie &egrave; basso. C&rsquo;&egrave; spazio per le nostre aziende in questi paesi? Si, a patto di sapersi muovere.  E allora, a parte la Honda, che ha un piede dappertutto, con una linea di prodotti specifici per i differenti paesi, il caso da citare &egrave; ancora una volta quello della KTM, che con visione eccezionalmente strategica, grazie a Bajaj &egrave; entrata in paesi altrimenti irraggiungibili. Come lo Sri Lanka, che vale 300mila pezzi l&rsquo;anno e che vede la Bajaj presidiarlo con un incredibile 60% delle quote. Una parte di queste, visto il limite massimo della cilindrata commercializzabile a 250 cc, &egrave; fatto dalle KTM 125 prodotte e vendute da Bajaj.    La Honda Streetster 150 &egrave; il classico esempio di piccola naked prodotta appositamente per mercati dove le cilindrate sono limitate 

C&rsquo;erano una volta le aziende europee che delocalizzavano la produzione in Oriente. Oggi ci sono cinesi e orientali che investono e a volte acquisiscono aziende occidentali. E ci sono anche i nuovi mercati, che hanno potenzialit&agrave; spaventose

Le moto e la nuova Cina: una realt&agrave; che forse non conosciamo

Spesso mi vengono poste domande sulle caratteristiche delle moto di produzione, che in alcuni casi non sono considerate all&rsquo;altezza delle aspettative. Questo accade quando un utente che ricerca la sportivit&agrave; estrema o il massimo del comfort rimane deluso da un assetto di serie. Si pensa subito... &ldquo;Ma possibile che un colosso industriale di questo livello non si sia accorto del problema?&rdquo;.  MISSION IMPOSSIBLE - Questa frase nasconde due notizie, ovvero che i prodotti di serie non sono in grado di accontentare tutti ma anche che le Case riescono a costruire moto e scooter in grado di soddisfare una clientela pi&ugrave; vasta di quella che scontentano, totalmente o parzialmente. Provate per un attimo a mettervi nei panni degli ingegneri che devono progettare la vostra moto e i suoi componenti, che devono funzionare correttamente in pista, su strada, anche con bagagli e passeggero, e che, in alcuni casi, devono costare anche poco, perch&eacute; una moto &egrave; per tutti quando ha un prezzo popolare. Onestamente non vorrei mai essere nei panni di quegli ingegneri, la cui missione &egrave; quasi impossibile!  HONDA PER ESEMPIO&hellip; - Bisogna fare delle scelte che rappresentano la filosofia costruttiva delle varie Case. Mi spiego meglio. La Honda, per esempio, ha tutte le competenze per produrre una moto caratterizzata da una elevata maneggevolezza, come la KTM &egrave; in grado di industrializzare una moto eccezionalmente stabile. Ho scelto queste due Case perch&eacute;, secondo me, rappresentano due estremi. La Honda, nella maggior parte dei casi, deve ascoltare le esigenze di tantissimi mercati, pertanto i suoi prodotti sono caratterizzati da un ampio compromesso, che si pu&ograve; raggiungere solo attraverso quelli che i giapponesi chiamano i capitolati, ovvero il know how, quello che consente di evitare i problemi (anzich&eacute; risolverli), perch&eacute; affrontati da altri ingegneri, su modelli prodotti pochi o tanti anni fa.    INVECE KTM&hellip; - La Casa austriaca ha scelto una filosofia diversa, pi&ugrave; &ldquo;fun oriented&rdquo;, perch&eacute; deve andare incontro alle esigenze di una clientela (di nicchia) che cerca innanzitutto la sportivit&agrave;. Pertanto, ad esempio, per la Honda la stabilit&agrave; a pieno carico con passeggero e bagagli &egrave; un importante obiettivo di progetto, che deve essere raggiunto a costo di sacrificare l&rsquo;agilit&agrave;. Per la KTM, invece, la reattivit&agrave; &egrave; qualcosa di fondamentale, una caratteristica che i clienti della Casa di Mattighofen si aspettano.  MA I TEMPI CAMBIANO - Ultimamente questa realt&agrave; sta mutando per andare incontro alle esigenze dei mercati. La Honda, a Kumamoto, ha allestito un reparto&ldquo;fun bike&rdquo; (nel quale, ad esempio, sono passati anche l&rsquo;Africa Twin e l&rsquo;X-ADV), per soddisfare una clientela pi&ugrave; di nicchia e la KTM sta rendendo le sue moto un po&rsquo; pi&ugrave; versatili (per costruire qualcosa di realmente inedito ha anche acquistato il marchio Husqvarna), in quanto questa &egrave; l&rsquo;unica ricetta per incrementare i numeri di vendita, dopo avere costruito il brand e la rete commerciale.  QUALSIASI OBIETTIVO &Egrave; ALLA PORTATA - Servirebbe un libro per approfondire il discorso, per&ograve; il concetto &egrave; semplice: tutti i pi&ugrave; grandi Costruttori, in linea puramente teorica, possono raggiungere qualsiasi obiettivo tecnico, anche perch&eacute;, oggi pi&ugrave; che in passato, molti componenti e tecnologie delle sospensioni (vedi le semi attive) e dei freni (vedi l&rsquo;ABS con funzione cornering) sono fornite da terze parti, che le mettono a disposizioni di tutti. Se una Casa non &egrave; al livello di un&rsquo;altra in un certo ambito, &egrave; pi&ugrave; per scelta (filosofia costruttiva, costi, eccetera) che per incapacit&agrave; di raggiungere quell&rsquo;obiettivo. Ecco uno dei motivi per cui, per fortuna, le moto prodotte da un determinato Costruttore hanno caratteristiche diverse da quelle della concorrenza. 

La filosofia costruttiva delle Case &egrave; spesso il frutto di scelte imposte, che non possono accontentare tutti

3 risultati per 'Produzione moto'

EICMA 2023, l'edizione della prima (vera) sfida Asia Vs Europa?

Le moto e la nuova Cina: una realtà che forse non conosciamo

Non sempre i nuovi modelli rispondono alle nostre aspettative