        Se si sfogliano gli almanacchi a caccia di moto vincenti, si scopre che spesso c&rsquo;&egrave; il suo zampino. Olandese, classe 1947, Jan Witteveen &egrave; stato un pilota appassionato ma, soprattutto, un ingegnere e un progettista di successo, che ha vissuto una delle esperienze professionali tra le pi&ugrave; prolifiche ed entusiasmanti nel mondo delle due ruote. Jan, parliamo di motociclismo in senso ampio. In che stato lo trovi oggi? "Visto dal punto di vista racing, devo dire la verit&agrave;, non mi piace pi&ugrave; tantissimo, perch&eacute; lo sviluppo tecnico della moto non ha pi&ugrave; l&rsquo;importanza di una volta. I regolamenti, soprattutto in MotoGP,&nbsp; sono cos&igrave; restrittivi che tecnicamente non si pu&ograve; pi&ugrave; fare la differenza. Oggi si preferisce lasciare spazio alla comunicazione e al pilota, in nome dello spettacolo.&nbsp; Un vero peccato. Questo per quanto riguarda il racing, per la produzione, invece, in questo momento dobbiamo recuperare, dopo un periodo di relativa immobilit&agrave; delle case produttrici dovuto alla crisi economica, e purtroppo le restrizioni delle norme anti-inquinamento non aiutano". Vedi, quindi, una forte pressione sul problema ambientale? "S&igrave;, perch&eacute; oggi come oggi, ogni nuovo modello presentato deve soddisfare tante aspettative in fatto di performance, leggerezza, contenuti tecnici. Ma le regole sull'inquinamento e sul rumore sono sempre pi&ugrave; stringenti e questo determina un aumento dei costi. Quindi a lungo andare bisogner&agrave; trovare delle alternative, forse il motore endotermico avr&agrave; una fine non tanto lontana. Anche se non credo che possa capitare troppo presto, perch&eacute; secondo me il motore endotermico, sulle moto pi&ugrave; che sulle auto, ha ancora molto da dare e da dire in termini di sviluppo. Basti pensare alle fasature variabili e a tutti i sistemi che permettono di ridurre i consumi e ottimizzare resa, prestazioni ed emissioni". Sull&rsquo;elettrico che opinione hai? Lo intendi pi&ugrave; come un&rsquo;operazione di facciata, utile a dimostrare impegno verso tematiche ambientaliste, o pensi che sia effettivamente la tecnologia del futuro? "Io credo all'elettrico solo per uso urbano, per i pendolari che con una batteria piena fanno avanti e indietro in un range di 20/30 km. Va bene per la citt&agrave;, dove pu&ograve; essere una possibilit&agrave; per migliorare la qualit&agrave; dell'aria, che supera i livelli accettabili. Oltre non lo vedo. Penso che l'elettrico sia una soluzione forzata anche politicamente. Le emissioni a zero non ci sono, finch&eacute; non abbiamo l'energia prodotta veramente a emissioni zero, a impatto ambientale zero. Per non parlare dei problemi legati alle batterie, alla loro produzione, al loro riciclaggio. Poi c&rsquo;&egrave; il problema della rete di distribuzione elettrica, che non trovo sufficiente, soprattutto se in futuro dovessimo attaccare tutti la moto o l&rsquo;auto alla spina per ricaricare le batterie. Sarebbe un problema, ci vorrebbe un altro tipo di infrastruttura, con cavi decisamente pi&ugrave; grandi per trasportare molta pi&ugrave; energia. Per cambiare la rete occorrerebbero almeno 10/20 anni, ammesso che si partisse subito". Allora, forse, sarebbe meglio pensare ad altro? "Si, secondo me occorrono altre soluzioni. Attualmente ci sono progetti interessanti per accumulare, e sfruttare, l'energia solare. Un&rsquo;altra strada da tenere d&rsquo;occhio &egrave; quella di Honda con l&rsquo;idrogeno, non usato puro ma a &ldquo;combustione&rdquo;, perch&eacute; cos&igrave; &egrave; pi&ugrave; controllabile ed efficiente. L&rsquo;idrogeno, tra l&rsquo;altro, &egrave; gi&agrave; in uso in citt&agrave; come Bolzano, dove alimenta sia i pullman che il parco macchine del comune". Torniamo al presente. Tu hai seguito lo sviluppo di moto da gara eccezionali, veri gioielli della tecnica. Secondo te, in particolare nella produzione di serie, &egrave; pi&ugrave; difficile, oggi, progettare mezzi capaci di emozionare alla guida? "Oggi, purtroppo, &egrave; difficile creare una moto che un pilota sportivo possa davvero godersi tutti i giorni, con soddisfazione. Bisogna per forza andare in pista. In giro, il sabato o la domenica, si vedono ormai pochissime moto sportive. Troppo traffico, troppi pericoli, troppe multe per limiti di velocit&agrave;. Poi, come dicevamo, a causa delle normative sull&rsquo;inquinamento e sulle emissioni sonore, i motori vengono molto castrati. Per non parlare del fatto che, tecnicamente, l&rsquo;attenzione delle case si &egrave; molto spostata sulla sicurezza. Ci sono troppi incidenti". Operazioni di downsizing come quelle di Aprilia, col nuovo motore 660 a 2 cilindri che equipaggia una sportiva, potrebbero aiutare? "Forse potrebbero. Quasi tutte le marche hanno in listino una moto sportiva estrema. La Ducati, la BMW, L&rsquo;aprilia, le giapponesi. Kawasaki addirittura col turbo. Ogni Casa ha fatto una moto prestazionalmente elevatissima perch&eacute;, anche se non vende, rappresenta una bandiera per il marchio. Quella dei motori pi&ugrave; piccoli, magari anche sovralimentati con sistemi capaci di incrementare i bassi regimi, e con meno cilindri, &egrave; invece una strada che si pu&ograve; e si deve seguire. Inoltre hai meno perdite di attrito, meno pompaggio, il consumo scende e diminuisce l'impatto ambientale. Secondo me, diminuire l&rsquo;impatto ambientale &egrave; fondamentale, se vogliamo garantire la massima sopravvivenza al motore endotermico".       

Abbiamo fatto due chiacchiere con uno dei tecnici pi&ugrave; noti del mondo moto, a proposito di futuro, di elettrico, di propulsioni alternative e di tanto altro: 'Quella dei motori pi&ugrave; piccoli, magari anche sovralimentati con sistemi capaci di incrementare i bassi regimi, &egrave; invece una strada che si pu&ograve; e si deve seguire'

Il futuro delle moto secondo Jan Witteveen: l'intervista

        Torinese, 66 anni, una passione folle per le moto. Ma Luciano Banzato, il torinese che si &egrave; aggiudicato una Harley-Davidson Sportster Iron 1200 all&rsquo;ultima European Bike Week in Austria, sul Faak Am See, &egrave; anche uno dal cuore d&rsquo;oro: impegnato in missioni umanitarie, ha devoluto in beneficenza il ricavato della vendita della sua precedente motoBanzato si &egrave; aggiudicato la moto al termine di una speciale estrazione dove &egrave; stato eletto vincitore assoluto. Il modello &egrave; stato consegnato lo scorso venerd&igrave; 6 dicembre a Torino, presso la Concessionaria Ufficiale Harley-Davidson del capoluogo piemontese. Harley-Davidson Pan America e Bronx a EICMA 2019 &ldquo;Sono appassionato di moto da sempre -&nbsp; dichiara Luciano Banzato - ma non avevo ancora mai guidato una Harley. Non vedo l&rsquo;ora di provare l&rsquo;ebbrezza di salire in sella alla H-D Sportster Iron 1200, che per me &egrave; sempre stata una leggenda. Da ragazzo mi sono avvicinato alle moto con un Mosquito, per passare al Ciao con cui arrivai fino a Parigi. Ho partecipato all&rsquo;estrazione casualmente, spinto dagli amici che erano con me all&rsquo;European Bike Week in Austria. E devo dire che ho fatto benissimo&rdquo;. COME ACCENNATO, qualche giorno dopo la vincita, Luciano ha messo in vendita la sua Honda Transalp, facendo a sua volta un regalo e devolvendo tutto il ricavato in beneficenza all&rsquo;Associazione Nanyuki Furaha Foundation, di cui anche lui fa parte, nata nel 2013 in Kenya con l&rsquo;obiettivo di accogliere bambini di strada in difficolt&agrave;, orfani o abbandonati. &ldquo;Felicit&agrave; &egrave; la linea guida di The Nanyuki Furaha Foundation, ed &egrave; il significato della parola Furaha nella lingua Swahili. Lo scopo principale &egrave; il loro sostegno, la loro educazione e, ove possibile, il reinserimento nella famiglia di origine. Da anni conosco e seguo con entusiasmo le attivit&agrave; dell&rsquo;Associazione, e con loro ho partecipato a numerose missioni umanitarie. E&rsquo; una grande famiglia che ha bisogno di aiuto ogni giorno, e quindi spero che questo mio piccolo contributo servir&agrave; a garantire un futuro migliore a questi splendidi bambini&rdquo; - conclude Luciano Banzato. Asta moto da record con l'Harley Davidson del Papa 120.000 APPASSIONATI, 70.000 moto, e una selezione delle band e degli spettacoli d'intrattenimento pi&ugrave; elettrizzanti al mondo. L&rsquo;European Bike Week di quest&rsquo;anno, svoltasi lo scorso settembre, &egrave; stata un successo che fa salire alle stelle l&rsquo;attesa per i festeggiamenti in occasione del 22&deg; anniversario, dall&rsquo;8 al 13 settembre 2020.       

Il torinese Luciano Banzato ha ricevuto il premio vinto durante il famoso raduno austriaco sul Faak Am See. Impegnato in missioni umanitarie, ha devoluto in beneficenza il ricavato della vendita della sua precedente moto

Harley-Davidson, consegnata la Sportster Iron 1200 dell’European Bike Week

Ci sono dei motociclisti a Bruxelles che nei giorni scorsi hanno recapitato nelle cassette postali dei deputati europei un volantino. Si tratta di un invito da parte dell&rsquo;eurodeputato tedesco Bernd Lange, ad aderire al &ldquo;Gruppo Motocicletta del Parlamento Europeo&rdquo;.  I volantini recapitati sono stati 751, tanti quanti sono i deputati europei. Loro sono quelli della FEMA, la Federazione Europea delle Associazioni Motociclistiche. Lange invece &egrave; un politico di lungo corso, motociclista convinto, che collabora da sempre con la FEMA.  (prosegue QUI) 

Il deputato europeo Bernd Lange e la FEMA cercano adepti per il &ldquo;Gruppo Motocicletta del Parlamento Europeo&rdquo;

Parlamento Europeo: deputati amici della moto cercasi

Buche, rattoppi, gomme squarciate, limiti a 30 km/h per asfalti dissestati. E ancora, guard-rail pericolosi, ponti che crollano e ponti chiusi perch&eacute; pericolanti. Non facciamo pi&ugrave; caso alle notizie quotidiane sullo stato pietoso delle nostre strade. Mentalmente abbiamo archiviato che la scorsa estate 43 persone sono morte nel crollo (annunciato?) del viadotto Polcevera di Genova. E non ci scandalizziamo quando arterie di primaria importanza, come la E45, vengono interrotte per un viadotto pericolante. Intanto sempre pi&ugrave; spesso compriamo le endurone stradali, pi&ugrave; comode e veloci delle sportive sugli asfalti dissestati.  STRADE DA &ldquo;CODICE ROSSO&rdquo;: la cattiva qualit&agrave; delle nostre strade andrebbe invece messa in testa alla lista degli interventi prioritari. Non &egrave; solo un fatto di buche e cerchi danneggiati. I 43 morti di Genova forse non sono dovuti a una sfortunata casualit&agrave;. E negli ultimi 5 anni ben 8 ponti erano gi&agrave; venuti gi&ugrave; prima del Polcevera. Vi state chiedendo quale sia lo stato di salute delle nostre strade secondarie?  IMPOSSIBILE SAPERLO: si tratta di una valutazione che non esiste! Lo segnala la Fondazione Filippo Caracciolo, Centro Studi ACI in un suo recente studio (&ldquo;Il recupero dell&rsquo;arretrato manutentorio della rete viaria secondaria &ndash; una priorit&agrave; per il Paese&rdquo;). Riferendosi alla rete stradale, si legge che c&rsquo;&egrave; una: &ldquo;densit&agrave; molto elevata di ponticelli, tombini, piccoli e medi attraversamenti idraulici, sovrappassi e ponti. Ad oggi non esiste un censimento di tali opere e, raramente gli enti gestori, se si escludono quelli di livello nazionale (ANAS, Autostrade), sono a conoscenza di quante e quali opere d&rsquo;arte caratterizzino la rete di propria competenza&rdquo;.  SAPPIAMO INVECE CHE PER L&rsquo;OCSE, l&rsquo;Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, l&rsquo;Italia &egrave; uno dei Paesi che spendono di pi&ugrave; in manutenzione stradale. Ma allora, perch&eacute; nel 2017 le province hanno lanciato l&rsquo;allarme sull&rsquo;impossibilit&agrave; di curare le strade per carenza di fondi? Com&rsquo;&egrave; successo che la Provincia dell&rsquo;Aquila, lo scorso anno, ha dovuto chiudere provvisoriamente alle moto 25 strade a causa delle buche? Com&rsquo;&egrave; successo che due Moto Club FMI hanno dovuto annullare gare in salita per frane e smottamenti che avevano danneggiato il manto asfaltato? E come si &egrave; creata una situazione tale per cui &egrave; bastato lanciare l&rsquo;argomento sui social della nostra rivista per ricevere tante segnalazioni da motociclisti caduti per colpa di buche e rattoppi mal eseguiti?  APPASSIONATI COME NOI che hanno pagato sulla loro pelle e sull&rsquo;integrit&agrave; della loro moto (o scooter) lo stato pessimo delle strade, come documentato dalle foto ricevute da tutta Italia. A parte torneremo sull&rsquo;argomento richieste di risarcimento per danni da buca, qui vediamo di capire le ragioni di questo sfascio e come sarebbe possibile intervenire.  LE PROVINCIALI, TANTI CHILOMETRI, POCHI SOLDI: 155.247 km, a tanto ammonta la rete delle strade regionali e provinciali. Contro i 20.786 km delle statali ANAS, e i 6.943 delle autostrade. Spulciando i dati sugli investimenti in manutenzione, emerge che l&rsquo;ANAS ha a bilancio circa 10,5 miliardi nel quinquennio 2016-2020 per la cura delle sue strade; 100.000 euro a chilometro. Per le strade provinciali invece sono stati stanziati 1,6 miliardi per il periodo 2018-2023 (DM 49 del 18/2/2018), ossia 2.500 euro a chilometro. Vogliamo metterci la possibilit&agrave; per le amministrazioni provinciali di accedere ad altri fondi nazionali ed europei legati a progetti di sicurezza stradale? Si arriva a 3.500 euro a chilometro.  ECCO UN PRIMO NODO. L&rsquo;ANAS ha in carico il 12% della rete viaria italiana, ma gestisce il 79,6% dei finanziamenti disponibili per la manutenzione. Per le province, che amministrano l&rsquo;88% della rete extraurbana, i finanziamenti disponibili non sono che il 20,4% del totale. Questo forte sbilanciamento parte da lontano, e si &egrave; enormemente acuito negli ultimi 20 anni, quando &egrave; stata messa in atto una devoluzione alle province di molte strade statali. In pochi anni, oltre 20.000 chilometri sono stati declassati a regionali e provinciali; senza prevedere adeguati finanziamenti, e senza formare i nuovi amministratori alla gestione di un tale patrimonio.  NE &Egrave; NATO UNO SPEZZETTAMENTO FOLLE, con strade che in pochi chilometri cambiano pi&ugrave; volte l&rsquo;amministrazione competente. Ne sanno qualcosa i nostri amici lettori Franco e Cristina, finiti a terra su del brecciolino e trovatisi con un verbale che ha erroneamente attribuito alla Regione una strada Provinciale. Ballavano poche decine di metri fra una competenza e l&rsquo;altra, e la carena della loro Yamaha R6 hanno finito per ripagarsela da soli. Non &egrave; facile la vita neanche per le forze dell&rsquo;ordine chiamate a verbalizzare, perch&eacute; a volte su uno stesso tratto la competenza per la manutenzione ordinaria pu&ograve; essere di un determinato ente mentre quella per la manutenzione straordinaria di un altro!  UN GROVIGLIO INESTRICABILE e incomprensibile che ha portato a situazioni assurde, come quella denunciata dalla giornalista Milena Gabanelli sul &laquo;Corriere della Sera&raquo;: nel dicembre scorso l&rsquo;amministratore delegato dell&rsquo;ANAS ha scritto al Ministro dei Trasporti per denunciare che da un censimento avviato sulla loro rete, risultavano 1.425 ponti (oggi ridotti a 954) dei quali non si conosceva il proprietario e sui quali, probabilmente, nessuno faceva n&eacute; controlli n&eacute; manutenzione... A spingere l&rsquo;ANAS a questo censimento era stata la tragedia del 2016, quando il ponte di Annone, sulla Milano-Lecco, era venuto gi&ugrave; uccidendo una persona. &ldquo;Da anni nessuno ci metteva mano &ndash; scrive la Gabanelli &ndash; perch&eacute; l&rsquo;ANAS pensava fosse in carico alla Provincia e viceversa&rdquo;.  LA RETROMARCIA per questa serie di riforme sbagliate &egrave; partita nel 2017, con il piano nazionale di &ldquo;Rientro Strade&rdquo;, che prevede il ritorno all&rsquo;ANAS di 6.250 km di ex statali declassate. Fra le prime strade tornate nazionali, la SS 148 Pontina, la superstrada Roma-Latina, caratterizzata da lunghi tratti dove il limite di velocit&agrave; &egrave; fissato a 60 km/h per via dell&rsquo;asfalto letteralmente distrutto.  LA MANUTENZIONE IN EFFETTI SEMBRA PROPRIO ESSERE FATTA &ldquo;AL CONTRARIO&rdquo;. In questi due decenni, le province hanno improntato la manutenzione alla gestione delle emergenze. Hanno messo mano alle strade solo quando si sono evidenziati problemi. La manutenzione ordinaria per&ograve; andrebbe effettuata con finalit&agrave; preventive.  ESISTONO SISTEMI DI PROGRAMMAZIONE DEGLI INTERVENTI, che tengono in considerazione le curve di decadimento delle infrastrutture e, magari, i dati sull&rsquo;incidentalit&agrave;. Ma per fare questo bisogna avere un censimento delle opere e un quadro ben preciso del loro stato di conservazione. Solo cos&igrave; si pu&ograve; intervenire per proteggere i ferri delle armature, prima che questi vengano corrosi perch&eacute; esposti agli agenti atmosferici o al sale. Si rifanno gli asfalti quando iniziano a essere scivolosi, non quando ci sono le buche che danneggiano anche la massicciata sottostante. In caso contrario, se si aspetta troppo, dalla manutenzione ordinaria bisogna passare a quella straordinaria, che prevede la ricostruzione di strutture portanti. E a poco serve rifare un asfalto se la massicciata sottostante &egrave; danneggiata: in poco tempo le buche si riapriranno. &Egrave; un film gi&agrave; visto...  SERVONO 5,6 MILIARDI DI EURO (L&rsquo;ANNO). Il mancato investimento degli ultimi 10 anni sulle vie provinciali &egrave; pari a 42 miliardi di euro. Lo certifica ancora una volta la Fondazione Caracciolo, che stima pure gli investimenti necessari. Proiettando sull&rsquo;estensione della rete i costi medi a chilometro della manutenzione ordinaria (13.000 euro) e di quella straordinaria (33.000 euro), si pu&ograve; quantificare l&rsquo;investimento annuo necessario: 6,1 miliardi di euro. Al momento la cifra messa a disposizione &egrave; pari a 5 milioni di euro. Il che significa che dovremmo reperire altri 5,6 miliardi. Il problema &egrave; far capire a chi ci governa la convenienza di mettere questi soldi sulla manutenzione stradale.  I VANTAGGI DEGLI INVESTIMENTI SULLE STRADE, in effetti, sarebbero numerosi e concreti. Come abbiamo scritto, le condizioni della nostra rete viaria sono una palla al piede per il Paese. Da una parte c&rsquo;&egrave; un grosso costo spalmato su tutti noi per i danni ai veicoli. E c&rsquo;&egrave; un costo per le amministrazioni indotto dall&rsquo;aumento esponenziale dei contenziosi giudiziari, perch&eacute; chi viene danneggiato o si fa male, chiede il risarcimento.  A LIVELLO NAZIONALE c&rsquo;&egrave; un costo sociale degli incidenti, stimato in 2,9 miliardi di euro per la rete delle vie provinciali. Le deformazioni dell&rsquo;asfalto deviano i veicoli, soprattutto le moto. Quante volte vi &egrave; capitato di sentirvi tirare di lato? Poi ci sono gli incidenti causati dalla scarsa aderenza, e quelli dovuti alle condizioni di scarsa visibilit&agrave;, perch&eacute; le carreggiate non sono pi&ugrave; delimitate da segnaletica orizzontale o da catarifrangenti; ma anche perch&eacute; si risparmia sugli sfalci dell&rsquo;erba ai lati della strada, e ogni motociclista sa che in curva l&rsquo;erba alta toglie visibilit&agrave;. Facile parlare di incidenti dei motociclisti in queste condizioni. Probabilmente chi guida la moto in questa situazione &egrave; sin troppo bravo, rispetto ai pi&ugrave; fortunati colleghi di altri Paesi dalle strade migliori.  PIUTTOSTO, ogni investimento in manutenzione della rete viaria avrebbe dei ritorni positivi. La Fondazione Caracciolo ha quantificato che 1 miliardo di spesa genererebbe un ritorno fino a circa 2,9 miliardi, con oltre 21.000 posti di lavoro in pi&ugrave;. In proiezione, reperendo i 5,6 miliardi aggiuntivi che servirebbero per le nostre strade, si potrebbe alzare il PIL dell&rsquo;Italia di quasi 1 punto percentuale, dando lavoro a 120.000 persone e diminuendo la disoccupazione di 3-4 punti.  Tutto ci&ograve; basta per riportare il problema strade al primo posto della lista o dobbiamo rassegnarci a un futuro con moto da fuoristrada? 

Ovunque in Italia le strade sono percorsi di guerra, con costi sociali altissimi per gli incidenti causati dall&rsquo;incuria di chi dovrebbe fare manutenzione di asfalti, guard-rail e segnaletica. Come venire fuori da questa situazione?

Inchiesta: dove mettiamo le ruote?

Stop a tutti i motori a combustione interna a partire dal 2030. &Egrave; questa la nuova politica adottata dalla citt&agrave; di Amsterdam per combattere l&rsquo;inquinamento cittadino. La capitale olandese, da sempre nota come la citt&agrave; delle biciclette, &egrave; paradossalmente uno dei centri pi&ugrave; trafficati d&rsquo;Europa, cos&igrave; come Rotterdam, e l&rsquo;intenzione dell&rsquo;amministrazione &egrave; quella di riportare il livello degli inquinanti nell&rsquo;aria entro i limiti concessi dall&rsquo;Unione Europea, limiti che ad oggi vengono costantemente superati.  Si tratta di una linea politica &ldquo;green&rdquo; promossa dall&rsquo;assessore al traffico Sharon Dijksma, che ha pi&ugrave; volte ricordato come l&rsquo;inquinamento dell&rsquo;aria sia una delle principali cause di malattia e di morte per i cittadini olandesi. I motori a combustione interna contribuiscono a tenere le quantit&agrave; di NOx e particolato a livelli insostenibili per la popolazione, tanto che la linea che si seguir&agrave; &egrave; quella di eliminare moto e auto alimentate con combustibili fossili entro il prossimo decennio, sostituendole con veicoli a zero emissioni, elettrici o alimentati a idrogeno.  Amsterdam si allinea alle politiche gi&agrave; attuate da altre capitali europee e inizia con il divieto di circolazione delle auto diesel costruite prima del 2005, per proseguire nei prossimi anni con quelli pi&ugrave; recenti. Dal 2025, il divieto coinvolger&agrave; anche cicolomotori e motocicli a combustione. Ovviamente i motociclisti che cambieranno la propria vecchia moto con un modello a zero emissioni riceveranno incentivi per l&rsquo;acquisto del nuovo e agevolazioni, prima fra tutte la possibilit&agrave; dei parcheggi gratuiti in citt&agrave;.&nbsp; Dal 2030, lo stop coinvolger&agrave; tutte le auto alimentate a benzina o diesel. 

Per combattere l&#39;inquinamento e salvaguardare la salute pubblica la capitale olandese punta al divieto di circolazione dei veicoli a combustione a due e quattro ruote entro il 2030. Per motoclicli e ciclomotori, stop gi&agrave; dal 2025

Amsterdam, stop a motocicli e ciclomotori inquinanti dal 2025

Sul numero in edicola (aprile 2019) di InMoto abbiamo affrontato il tema dello stato pietoso delle nostre strade. Una situazione che negli anni ha visto un continuo deterioramento, con gravi rischi d&rsquo;incolumit&agrave; per chi viaggia; soprattutto per noi che ci muoviamo su due ruote. Senza contare i danni alla moto, che alla lunga si affacciano sempre, anche senza cadere. Del problema finalmente stanno prendendo atto anche le amministrazioni responsabili delle strade. Capita infatti che le compagnie assicuratrici non offrano pi&ugrave; polizze per coprire i danni dovuti al cattivo stato delle infrastrutture. Cos&igrave; gli enti che gestiscono le strade sono costretti a mettere a bilancio il capitale necessario per fare fronte ai possibili risarcimenti dovuti. E l&rsquo;aumento di rivendicazioni da parte di cittadini imbufaliti per i danni subiti e per le conseguenze degli incidenti, sta facendo suonare il campanello d&rsquo;allarme. Il consiglio dunque, se avete avuto un incidente o dei danni per colpa del cattivo stato della strada, &egrave; di chiedere sempre il risarcimento all&rsquo;amministrazione responsabile.  COME MUOVERSI SE SUBIAMO UN DANNO O UN INCIDENTE - Una buca vi ha squarciato una gomma? Piegato un cerchio? Magari addirittura fatto cadere? Chiamate subito le forze dell&#39;ordine e fotografate il luogo e la situazione dell&#39;incidente. Non mancate, eventualmente, di mettere dei riferimenti nella buca, come il classico pacchetto di sigarette, per far risaltare dalle foto l&#39;effettiva dimensione del danno stradale. E salvate le foto come file, con la data e l&#39;ora corretta.  Chiedete alle forze dell&#39;ordine di verbalizzare correttamente l&#39;incidente, rilevando anche le tracce della vostra velocit&agrave; conforme (si spera) a quanto prescritto dal Codice della Strada. Se possibile lasciate la moto a terra, nel punto dove si &egrave; fermata; per consentire agli agenti i rilevamenti necessari. Ma non bloccate il traffico. Soprattutto non bloccate dei mezzi pubblici, perch&eacute; questo configurerebbe l&#39;interruzione di pubblico servizio e passereste dei guai! Nel verbale delle forze dell&#39;ordine fate specificare anche l&#39;amministrazione responsabile della strada nel punto esatto dell&#39;incidente, perch&eacute; &egrave; a questa che dovrete chiedere il risarcimento del danno.  Per la richiesta, la trafila &egrave; sempre la stessa: iniziate magari mandando un&rsquo;email e prendendo contatto diretto. Se avete la PEC usatela. Altrimenti, in assenza di risposte, dovrete passare alla classica raccomandata con ricevuta di ritorno, che prelude al pi&ugrave; impegnativo affidamento della pratica a un avvocato o a un&rsquo;associazione di tutela dei consumatori.  SU COSA INCENTRARE LA RICHIESTA RISARCITORIA IN CASO DI DANNO DA BUCA - Due sono gli articoli del Codice Civile ai quali fare riferimento. Quello pi&ugrave; spesso chiamato in causa in passato era il 2043, che rimanda alla responsabilit&agrave; per colpa dell&#39;Amministrazione, tenuta a conservare il proprio patrimonio in maniera tale da non causare situazioni di pericolo per il cittadino. Il riferimento a questo articolo implica per&ograve; l&#39;onere per il danneggiato di dimostrare la colpa della Pubblica Amministrazione.  Pi&ugrave; facile allora fare riferimento all&#39;articolo 2051, relativo al compito di custodia del bene pubblico da parte dell&#39;Amministrazione responsabile. In questo caso la richiesta di risarcimento &egrave; possibile se l&#39;insidia stradale o trabocchetto &egrave; effettivamente poco visibile; e se nel caso dell&#39;incidente in oggetto si sia verificata una non prevedibilit&agrave; della presenza dell&#39;insidia. Attenzione solo al fatto che bisogner&agrave; provare che l&#39;Amministrazione sarebbe potuta intervenire sulla buca e non l&#39;ha fatto. Capita spesso, infatti, che le amministrazioni affermino che la buca si era appena creata (vale anche con gli ostacoli stradali), e che quindi non hanno avuto il tempo per rilevarla o per provvedere a segnalarla e/o ripararla. Occhio alle colpe del guidatore danneggiato. Se un&#39;insidia &egrave; prevedibile, il guidatore ha il dovere di evitarla. E non mancano casi di risarcimenti percentualmente diminuiti anche del 60%, per eccesso di velocit&agrave; del motociclista caduto.  E SE CADIAMO SU UN DOSSO? - I dossi rallentatori hanno invaso le nostre strade, rovinando ulteriormente il comfort di viaggio e costringendo a continue frenate e accelerazioni. Ci&ograve; che &egrave; peggio per&ograve; &egrave; che ognuno costruisce i dossi come vuole. Ci sono delle prescrizioni relative alle dimensioni e alla segnalazione dei rallentatori (Art. 179 del Regolamento di Attuazione del Codice della Strada), ma non ci sarebbero sanzioni per chi non rispetta tali norme costruttive. Ci&ograve; non toglie che in caso d&rsquo;incidente su un dosso non a norma, si possa chiedere un giusto risarcimento.  La pi&ugrave; frequente violazione della legge riguarda la tipologia di strade dove vengono installati questi dispositivi. Il Codice dice che &ldquo;I dossi artificiali possono essere posti in opera solo su strade residenziali, nei parchi pubblici e privati, nei residences&rdquo;. E continua: &ldquo;Ne &egrave; vietato l&#39;impiego sulle strade che costituiscono itinerari preferenziali dei veicoli normalmente impiegati per servizi di soccorso o di pronto intervento&rdquo;. Tutti quei dossi che troviamo sulle strade statali, all&#39;ingresso dei centri urbani, ma anche sulle strade urbane di scorrimento, sono dunque fuorilegge!  Tutti i tipi di rallentatori sono posti in opera previa ordinanza dell&#39;ente proprietario della strada, che ne determina il tipo e l&rsquo;ubicazione. Quello che fanno i comuni, &egrave; adottare la scappatoia del passaggio pedonale rialzato. In questo caso approfittano di un vuoto legislativo. Perch&eacute; il Regolamento non cita i passaggi pedonali rialzati, che secondo la nostra interpretazione vanno considerati a tutti gli effetti dei dossi. Quindi dovrebbero essere soggetti alle medesime norme di costruzione. Per&ograve;, &egrave; chiaro che in questo caso il percorso per ottenere il risarcimento &egrave; pi&ugrave; difficoltoso e richiede sicuramente l&rsquo;assistenza di un&rsquo;associazione di tutela dei consumatori, o di un legale. In coda abbiamo comunque inserito qualche indicazione utile anche per i passaggi pedonali rialzati.  Tornando ai dossi, il Regolamento ne prescrive forma e dimensioni. I dossi si dividono in 3 tipologie, in funzione del limite di velocit&agrave; della strada sulla quale sono installati.  Tipo a) per limiti di velocit&agrave; pari od inferiori a 50 km/h. Ha larghezza non inferiore a 60 cm e altezza non superiore a 3 cm;  Tipo b) per limiti di velocit&agrave; pari o inferiori a 40 km/h. Ha larghezza non inferiore a 90 cm e altezza non superiore a 5 cm;  Tipo c) per limiti di velocit&agrave; pari o inferiori a 30 km/h. Ha larghezza non inferiore a 120 cm e altezza non superiore a 7 cm.  Importante anche che &ldquo;I tipi a) e b) devono essere realizzati in elementi modulari in gomma o materiale plastico, il tipo c) pu&ograve; essere realizzato anche in conglomerato -leggi asfalto-&rdquo;.    Per quelli prefabbricati &egrave; fatto obbligo di utilizzare componenti approvati dal Ministero dei Lavori Pubblici - Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale. Per la forma, le rampe di salita e discesa dal dosso debbono essere lunghe quanto la superficie piana rialzata. Troppo spesso invece vediamo rampe troppo corte, con pendenze eccessive. Importante anche la segnalazione. La presenza dei dossi di rallentamento deve essere segnalata dallo specifico cartello, preferibilmente di formato ridotto, che deve essere posto almeno 20 metri prima. A questo deve essere abbinato anche il segnale con il limite di velocit&agrave;, a meno che sulla strada non sia gi&agrave; imposto un limite massimo di velocit&agrave; analogo. Quando poi i dossi sono pi&ugrave; di uno (distanza fra uno e l&#39;altro fra i 20 e i 100 metri), bisogna aggiungere al cartello con il dosso il pannello integrativo con la parola &quot;serie&quot; oppure &quot;n. ... rallentatori&quot;. Infine i colori. I dossi rallentatori vanno evidenziati mediante zebrature gialle e nere parallele alla direzione di marcia, di larghezza uguale sia per i segni che per gli intervalli visibili, sia di giorno che di notte.  POI CI SONO I PASSAGGI PEDONALI RIALZATI - Come scritto, gli amministratori giocano dicendo che non sono equiparabili ai dossi rallentatori. In questo modo ne installano su strade di tipologia superiore e bypassano anche l&#39;altezza massima prescritta per i rallentatori. Perch&eacute; si tende a mettere i passaggi pedonali a filo con il marciapiede, che di solito supera i 7 centimetri. In questo caso, l&#39;eventuale richiesta di risarcimento a seguito di incidente potrebbe essere pi&ugrave; complessa; ma va valutata caso per caso. Un appiglio pu&ograve; essere quello della colorazione. Molti comuni dipingono il fondo dei passaggi pedonali in maniera creativa, con tonalit&agrave; rosse, gialle, azzurre o verdi. Tutte queste colorazioni sono fuori norma, visto che per il Codice (commi 5 e 6 art 137 del Regolamento) gli unici colori utilizzabili (e secondo prescrizioni ben precise) sono il bianco, il giallo e l&#39;azzurro. Perch&eacute; sono quelli che garantiscono il migliore contrasto, e quindi la pi&ugrave; alta visibilit&agrave; in differenti condizioni di luce, magari con la pioggia; e anche considerando alcune patologie della vista. Tra l&#39;altro, considerando che le strade sono scure, il contrasto migliore lo si ottiene semplicemente dipingendo le strisce pedonali bianche. Al limite &egrave; prevista la possibilit&agrave; di una bordatura scura delle strisce in caso di asfalti particolarmente chiari. Per quanto riguarda le caratteristiche delle vernici, in attesa che il Ministero dei Trasporti emani il disciplinare previsto dal Regolamento d&#39;Attuazione del Codice della Strada, la norma di riferimento &egrave; la  UNI EN 1436:2004. QUALCHE SENTENZA PU&Ograve; TORNARE UTILE - Con la sentenza 38 del 14 marzo 2017, la sezione per il Veneto della Corte dei Conti ha condannato il responsabile dell&#39;area tecnica di un comune a rifondere il danno erariale causato all&#39;amministrazione dall&#39;aver autorizzato la colorazione verde del fondo per 55 passaggi pedonali. Il tecnico ha dovuto sborsare 1.155 euro. L&rsquo;amministrazione responsabile della strada non &egrave; responsabile del danno solo qualora si sia verificata un&rsquo;alterazione imprevedibile e non tempestivamente eliminabile dello stato della cosa custodita (Cass. 8157/2009; Cass. 24419/2009; Cass. 15389/2011; Cass. 21508/2011; Cass. 8935/2013).  La prova dell&rsquo;imprevedibilit&agrave; e dell&rsquo;inevitabilit&agrave; dell&rsquo;insidia grava sull&rsquo;amministrazione responsabile della strada, che deve provare di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire il danno (Cass. 11802/2016). L&rsquo;ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito deve provvedere alla manutenzione della stessa, prevenendo e segnalando qualsiasi situazione di pericolo o di insidia (Cass. 18325/2018). La responsabilit&agrave; del gestore &egrave; esclusa solo se l&rsquo;evento &egrave; causato da cause estemporanee create da terzi, non conoscibili n&eacute; eliminabili con immediatezza, neppure con la pi&ugrave; diligente attivit&agrave; di manutenzione (Cass. 6101/2013; Cass. 6703/2018).  Eventuali comportamenti di guida non leciti della vittima d&rsquo;incidente possono essere considerati causa d&rsquo;incidente solo se non rientrano fra i comportamenti prevedibili su quel determinato tratto di strada. Altrimenti rientrano nel meno grave caso del concorso di colpa (Cass. Ord. 2481/2018).  Leggete la nostra inchiesta sul numero di Aprile 2019 di InMoto  Ovunque in Italia le strade sono percorsi di guerra, con costi sociali altissimi per gli incidenti causati dall&rsquo;incuria di chi dovrebbe fare manutenzione di asfalti, guard rail e segnaletica. Come venire fuori da questa situazione? Quali gli investimenti necessari? E con quali ritorni? Di questo e altro abbiamo parlato sul numero di Aprile 2019 di InMoto, in edicola gi&agrave; dal 15 marzo. 

Siete caduti su una buca non segnalata? Avete riportato un danno della vostra moto? Siete incappati in un dosso troppo alto e mal segnalato? Si tratta di situazioni che spesso consentono di chiedere il risarcimento all&rsquo;amministrazione responsabile della strada, se non ha provveduto alla corretta manutenzione n&eacute; alla segnalazione del pericolo

Incidente su buca o dosso? Chiedete il risarcimento

 &Egrave; possibile guidare un veicolo a tre ruote da oltre 125 cc e fino a 500 cc possedendo solo la patente B? S&igrave;. Il Codice della Strada lo considera un triciclo, come l&rsquo;Ape, e per questo dispone del pedale del freno. Non tutti sono abituati ad usarlo, ma per chi &egrave; abituato a guidare l&rsquo;automobile pu&ograve; rivelarsi un bene prezioso.   Il Decreto Legislativo 285/1992 (successivamente integrato nel 2003) ha stabilito che i veicoli a tre ruote, come ad esenpio&nbsp;l&rsquo;MP3 350 o 500, ma anche i modelli Quadro Vehicles, rientrano nella categoria L5e se rispettano i seguenti limiti di dimensione: lunghezza di 4 metri, larghezza di 2, altezza di 2,5. Il massimo di peso consentito &egrave; di 1.000 kg.&nbsp;    Il motivo per cui questi veicoli possono essere guidati dai possessori di patente B, &egrave; la distanza tra le due ruote anteriori: rientrano nella categoria L5e quelli che hanno una carreggiata superiore ai 46,5 centimetri. Un esempio di mezzo a tre ruote che non pu&ograve; essere guidato &egrave; la Yamaha&nbsp;Niken, che necessita di patente A, dato che la distanza tra le due ruote appaiate &egrave; di 41 centimetri.  

Il Codice della Strada lo considera un triciclo e, avendo il pedale del freno, pu&ograve; essere condotto anche da coloro che non possiedono una patente specifica

Veicolo a tre ruote: quali si possono guidare con la patente B?

La pratica dell&rsquo;enduro e la volont&agrave; degli appassionati di due ruote si sono dimostrate ancora di grande utilit&agrave; per la societ&agrave;. I volontari motociclisti del Sahara Project, infatti, hanno ritrovato con le loro ricerche Enrico Natali, un pensionato 66enne di Pescara di cui da tre giorni si erano perse le tracce.  &ldquo;A individuarlo sono stati i volontari del Sahara Project &ndash; Enduro Motorally Team, impegnati nelle ricerche assieme alla Protezione Civile, ai Vigili del Fuoco, alla Polizia locale e ai Carabinieri&rdquo;.  Con questo post sulla propria pagina Facebook il Comune di San Giovanni Teatino ha comunicato il ritrovamento dell&rsquo;uomo scomparso.  LO SPIEGAMENTO DI FORZE - Per le ricerche le forze dell&rsquo;ordine avevano messo mobilitato elicotteri e droni provenienti da Roma, Brindisi e Lecce, oltre all&rsquo;ausilio di cani e, conoscendo la presenza sul territorio di un moto club enduro, hanno chiesto l&rsquo;intervento del Moto Club Sahara Project i cui componenti si sono subito organizzati per le operazioni di soccorso. Capitanati dal presidente del Moto Club, Pierluigi Scatozza, proprio loro nel pomeriggio del 23 dicembre sono riusciti ad individuare, tra la boscaglia, il disperso prestando i primi soccorsi.&nbsp;L&rsquo;intervento di enduristi, abili piloti e conoscitori del territorio, ha permesso che la vicenda si concludesse con un lieto fine.  &nbsp;&ldquo;Un grazie speciale ai ragazzi tutti&nbsp;dell&rsquo;associazione Sahara Project di Pescara coordinata dal suo presidente Pierluigi Scatozza alla protezione civile di San Giovanni Teatino e delle altre sedi, all&rsquo;arma dei Carabinieri, ai Vigili del fuoco, alla nostra Polizia Locale e a tutti coloro che hanno contribuito alle operazioni&rdquo;, ha dichiarato il Vice Sindaco di San Giovanni Teatino, Giorgio Di Clemente. 

Ritrovato a San Giovanni Teatino un uomo di 66 anni scomparso da tre giorni. Ad individuarlo sono stati i volontari dell&#39;Enduro Motorally Team

Volontari motociclisti in azione

Non c&rsquo;&egrave; dubbio, le notizie di certe &ldquo;operazioni&rdquo;, di primo acchito, lasciano sempre un retrogusto amarognolo. Scrollatasi di dosso la componente pi&ugrave; emotiva, per&ograve; - uno storico marchio italiano che se ne va all&rsquo;estero - ecco che&nbsp;dietro manovre di questo genere si riescono a scorgere anche possibili opportunit&agrave;. Nel caso specifico, ad esempio, si potrebbe finalmente assistere a quel rilancio di Moto Morini&nbsp;promesso da anni, ma che negli anni non &egrave; mai avvenuto. Un colpo in canna, in effetti, mai sparato, che il nuovo afflusso di capitali stranieri - il gruppo cinese Zhongneng Vehicle &egrave; un vero e proprio colosso nella produzione di scooter - potrebbe finalmente portare a bersaglio. Nelle intenzioni del dottor Chen, Presidente di Zhongneng Vehicle Group, ci sono grandi progetti per incrementare l&rsquo;attivit&agrave; dell&rsquo;azienda&nbsp;che rimarr&agrave; sul territorio italiano; progetti&nbsp;volti a sviluppare gli attuali modelli e a immetterne di nuovi sul mercato, diversificando le cilindrate per un&rsquo;offerta pi&ugrave; completa.  DIFFICILE DIRE ADESSO SE LE INTENZIONI VERRANNO RISPETTATE (e come) ma sarebbe un errore farsi accecare dai preconcetti e non considerare l&#39;opportunit&agrave;. Come sottolinea anche Ruggeromassimo Jannuzzelli, rappresentante dell&rsquo;azionista e Presidente uscente di Moto Morini: &ldquo;Dopo che nel 2015 la mia famiglia, tramite Autjann, &egrave; diventata proprietaria del 100% del capitale della societ&agrave;&nbsp;in concomitanza con il debutto logistico dell&rsquo;azienda Moto Morini nella provincia di Pavia alle porte di Milano, &egrave; iniziato dapprima un percorso di sviluppo delle moto per l&rsquo;adeguamento alla normativa Euro4, subito dopo quello della creazione di modelli nuovi adeguati all&rsquo;attuale mercato; da cui sono nate la Corsaro ZZ, la Corsaro ZT, la Milano e la nuova Scrambler. Oltre a questa attivit&agrave;, per tre anni abbiamo lavorato alla creazione di valore del brand e dei prodotti per portarli nella fascia alta di mercato per qualit&agrave;, modalit&agrave; di costruzione e prestigio. Ora raccogliamo i frutti di questo lavoro lasciando il testimone ad un gruppo industriale privato cinese che &egrave; gi&agrave;&nbsp;presente con i suoi prodotti in Europa e nel mondo. Il dottor Chen, Presidente di Zhongneng Vehicle Group, ha grandi progetti per incrementare l&rsquo;attivit&agrave;&nbsp;dell&rsquo;azienda che rimarr&agrave; sul territorio italiano. Progetti che riguardano sia gli attuali prodotti che nuovi modelli anche di cilindrate differenti. Siamo certi di affidare Moto Morini, i suoi dipendenti, i suoi fornitori ed i suoi affezionati clienti ad una realta? industriale importante che far&agrave;&nbsp;crescere bene l&rsquo;azienda&rdquo;. 

Il 100% del capitale dello storico marchio motocicistico &egrave; stato ceduto per 10 milioni di euro. La produzione rimarr&agrave; in Italia

Moto Morini venduta ai cinesi di Zhongneng Vehicle Group

A scoperchiare il vaso erano stati i recenti casi Nissan e Subaru, con le due Case giapponesi costrette ad ammettere falsificazioni nei rilievi di consumi di carburante e gas di scarico in merito a diversi modelli venduti nel Paese. Era solo la punta dell&rsquo;iceberg. Adesso, alla luce di una serie di indagini e azioni intraprese dal Ministero dei Trasporti nipponico, arrivano nuove ammissioni, stavolta da parte di Suzuki, Yamaha Motor e Mazda, che hanno confermato l&rsquo;uso di metodi di misurazione irregolari.  IN PARTICOLARE, la situazione pi&ugrave; delicata sembrerebbe quella che riguarda Suzuki, cui si imputano irregolarit&agrave; per molti dei campioni di veicoli testati dal 2012 ad oggi. Meno grave, al momento, la posizione di Yamaha e Mazda, con una casistica che riguarda, rispettivamente, il 2,1% e il 3,8% dei veicoli oggetto di misurazioni.  TUTTI I COSTRUTTORI si sono affrettati a formalizzare le proprie scuse per l&rsquo;accaduto rendendole pubbliche ma, a quanto pare, il gesto non &egrave; stato sufficiente ad arginare l&rsquo;inevitabile, immediato, contraccolpo sul mercato finanziario, con perdite di rilievo alla Borsa Di Tokyo. La pi&ugrave; penalizzata &egrave; stata Suzuki, con un meno 6,04%, seguita da Yamaha, che ha perso il 4,63% e da Mazda, meno 1,67%. 

Le tre Case hanno ammesso le proprie responsabilit&agrave;, ma la Borsa di Tokyo non perdona

Scandalo emissioni in Giappone: test irregolari per Yamaha, Suzuki e Mazda

Non &egrave; difficile immaginare la faccia del povero venditore nel momento in cui il ladro si &egrave; dato alla fuga in sella al Monster giallo che gli stava mostrando. Stando a quanto riportato dalla Gazzetta di Modena, tutto sarebbe nato attorno ad una banalissima richiesta, piuttosto normale da parte di un appassionato di moto interessato all&rsquo;acquisto di un mezzo: &ldquo;il rombo, solo quello. Mi faccia sentire il rombo, il ruggito del motore&hellip;&rdquo;. Purtroppo, per&ograve;, averla assecondata si &egrave; rivelato un errore fatale. Con la scusa di dare gas per ascoltare il sound, il finto cliente, un italiano sui trent&#39;anni, &egrave; saltato in sella, ha infilato la prima, e si &egrave; dato alla fuga.  UN PIANO DIABOLICO e scaltro messo in atto ieri in viale Montecuccoli a Modena, ai danni di una ditta specializzata in riparazioni di parabrezza e sostituzioni di lunotti e vetri laterali, con al suo interno un piccolo spazio con diverse moto in contovendita. L&rsquo;uomo, fuggito senza casco (secondo quanto riferito dai testimoni),&nbsp;potrebbe essere stato immortalato da alcune videocamere di sorveglianza della zona.  CI&Ograve; CHE COLPISCE DI PI&Ugrave; di questa storia, ad ogni modo, rimane la modalit&agrave; del furto e il pensiero corre subito (in particolar modo)&nbsp;alle compravendite tra privati. Siate cauti.&nbsp;Per un lupo &egrave; sempre facile travestirsi d&rsquo;agnello, e quando di mezzo c&rsquo;&egrave; una passione forte, come quella per la moto, il rischio di abbassare le difese &egrave; sin troppo concreto. Insomma, vale sempre il vecchio adagio: fidarsi &egrave; bene ma non fidarsi &egrave; meglio! 

Succede a Modena, mossa scaltra e venditore beffato

Rubato un Ducati Monster con la scusa del rombo

Alla vigilia della giornate da &ldquo;bollino nero&rdquo; dell&rsquo;esodo estivo arriva il rapporto ACI-ISTAT con i dati sull&rsquo;incidentalit&agrave;, accompagnato da un invito ad assicurare maggiori livelli di sicurezza stradale e una maggiore sensibilizzazione verso la guida responsabile.  Quella che vediamo nella foto in apertura &egrave; l&rsquo;immagine di un crash test e in sella c&rsquo;&egrave; un manichino. Purtroppo, invece, sulle strade ci siamo tutti noi.  Le statistiche - I dati parlano chiaro: in Italia nel 2017 sono aumentati&nbsp;i morti per incidenti stradali (3.378 contro i 3.283 del 2016: +2,9%) a fronte di una diminuzione degli incidenti (174.933 rispetto ai 175.791 dello scorso anno: - 0,5%). In leggero calo anche i feriti&nbsp;(246.750 erano 249.175 nel 2016: -1%), ma stabile il numero di feriti gravi, che sono oltre 17.000, ovvero 5 ogni vittima, per il 68% uomini, per il 32% donne). Scende da 5,3 a 5,1 il&nbsp;rapporto feriti gravi/decessi, mentre i costi sociali sono stimati in 19,3&nbsp;miliardi di euro (1,1% del PIL nazionale).  STRADE OBSOLETE - &ldquo;Rispetto allo scorso anno registriamo, purtroppo, un aumento delle vittime sulle nostre strade dopo la flessione del 2016, forse complice anche il positivo contesto economico associato alla crescita delle prime iscrizioni e delle percorrenze&rdquo;, ha dichiarato Angelo Sticchi Damiani, presidente dell&rsquo;Automobile Club d&rsquo;Italia. &ldquo;La rete viaria nazionale &egrave; davvero vasta, in molti casi obsoleta, non aggiornata nei sistemi di sicurezza passiva quali guard-rail, asfalto e aree di sosta. Mi auguro che a breve venga avviato un piano strategico di riordino dell&rsquo;intero sistema infrastrutturale, nelle citt&agrave; cos&igrave; come per le grandi arterie. Un contributo fondamentale per la sicurezza - conclude Sticchi - potrebbe essere fornito dagli ADAS (sistemi di assistenza avanzata alla guida, ndr), tanto che l&rsquo;ACI auspica da tempo la loro obbligatoriet&agrave; su tutti i nuovi modelli&rdquo;.  &ldquo;In un quadro di generale miglioramento della sicurezza stradale a livello europeo, registriamo in Italia&nbsp;un aumento delle vittime sulle strade, un numero di feriti gravi ancora troppo alto e l&rsquo;obiettivo vision zero per i bambini a tutt&rsquo;oggi lontano&rdquo;, afferma il Presidente dell&rsquo;Istat, Giorgio Alleva. &nbsp;  MOTO A RISCHIO - Aumentano gli incidenti fra pedoni e motociclisti; diminuiscono ciclomotoristi e ciclisti.  L&rsquo;aumento della mortalit&agrave; ha riguardato in modo particolare i pedoni (600; +5,3%) e i motociclisti (735; +11,9%), che si confermano tra&nbsp; le categorie pi&ugrave; a rischio. Gli utenti vulnerabili nel complesso rappresentano circa il 50% dei decessi (1.681 su 3.378).  Nel 2017 si sono registrate 1.464 vittime tra conducenti e passeggeri di autovetture (-0,4%), 254 tra i ciclisti (-7,6%), 92 tra i ciclomotori (-20,7%).  Le fasce di et&agrave; - La fascia d&rsquo;et&agrave; pi&ugrave; a rischio risulta essere quella degli anziani tra 75 e 79 anni (263 morti: 7,8 % del totale); per gli uomini si rilevano picchi per le et&agrave; 50-54 e 45-49 (217 e 211) e 80-84 per le donne (56).  Tra tutti i conducenti coinvolti in incidenti, &egrave; particolarmente alto il numero di giovani tra 20 e 29 anni (19,3%) ma si registrano proporzioni elevate anche tra i pi&ugrave; anziani. Tra questi ultimi, peraltro, &egrave; notevole la quota di quanti perdono la vita nell&rsquo;incidente. Il rischio di rimanere coinvolti in un incidente risulta pi&ugrave; elevato tra giovani e giovanissimi e inizia a decrescere solo dopo i 25 anni di et&agrave;, per poi tendere ad aumentare nuovamente dopo i 70 anni.  Dove? - Aumentano i morti su autostrade ed extraurbane, diminuiscono nei grandi Comuni. Nel 2017 &egrave; diminuito il numero di incidenti su alcune arterie (130.461; -0,5% su strade urbane; 35.077, -0,7% su quelle extraurbane), mentre &egrave; aumentato in autostrada, (9.395; +0,4%), analogamente sono diminuiti anche i feriti in citt&agrave; e sulle strade extraurbane (174.612 e 56.294 rispetto a 176.423 e 56.962 del 2016, pari a -1%, e -1,2%). Crescono, invece, (+8,0%) i morti su autostrade (incluse tangenziali e raccordi) e strade extraurbane (+4,5%), mentre diminuiscono (-5,8%) quelli all&rsquo;interno dei centri abitati dei grandi Comuni.  Perch&eacute;? - Distrazione, mancato rispetto della precedenza o del semaforo, velocit&agrave; troppo elevata si confermano le prime tre cause di incidente (complessivamente il 40,8% delle circostanze). Tra le altre cause pi&ugrave; rilevanti: distanza di sicurezza (21.463), manovra irregolare (15.932), comportamento scorretto del pedone (7.204): rispettivamente il 9,6%, il 7,1% e il 3,2% del totale.  Sulle strade urbane la prima causa &egrave; il mancato rispetto di precedenza o semafori (17,1%), seguito dalla guida distratta (14,6%); su quelle extraurbane la guida distratta o andamento indeciso (20,1%), velocit&agrave; troppo elevata e mancata distanza di sicurezza (14,6% per entrambi).  Violazioni principali - Sostanzialmente invariate anche nel 2017 le principali violazioni al Codice della Strada sanzionate dalle Forze dell&rsquo;Ordine: al primo posto il superamento dei limiti di velocit&agrave; (2.843.552, +6,9%), seguita dall&rsquo;inosservanza del rispetto della segnaletica (391.369, +7,8%), dal mancato uso delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta dei bambini (202.993, +3,4%) e ai ciclisti per comportamenti errati (+3,8%). Segno meno per le sanzioni relative al mancato uso di lenti o l&rsquo;uso improprio di telefoni cellulari o cuffie (145.815, -8,0%) e quelle elevate ai pedoni (3.191, -12,1%).  Quando? &nbsp;- I mesi estivi si confermano il periodo con il maggior numero di incidenti e vittime. Agosto &egrave; il mese pi&ugrave; pericoloso per il numero di incidenti gravi in tutti gli ambiti stradali (2,3 morti ogni 100 incidenti), maggio, giugno e luglio quelli con pi&ugrave; incidenti nel complesso, sulle strade urbane maggio e giugno (12.359 e 12.505), 4.383 e 4.633 incidenti a giugno e luglio su quelle extraurbane. Febbraio &egrave; il mese con il minor numero di incidenti (11.493) e morti (199). Di notte (tra le 22 e le 6 del mattino) si registrano il 10,5% degli incidenti e il 20,2% dei morti. Nel complesso delle ore di buio (comprese tra tramonto e alba), invece, accadono circa il 27% degli incidenti.  Aumenta la mobilit&agrave; - In ripresa la mobilit&agrave;: lo scorso anno le prime iscrizioni di veicoli sono aumentate del 7% rispetto al 2016, mentre il parco veicolare dell&rsquo;1,7%. Cresciute anche le percorrenze autostradali: +2,2%, con oltre 84 miliardi di km percorsi. 

Il rapporto ACI-ISTAT parla di un pi&ugrave; 11,9% di incidenti per le moto, mentre tra i ciclomotori si registra un -20,7%. Sale il tasso di mortalit&agrave;: + 2,9%

Aumentano gli incidenti in moto

Pensate, a brevissimo una sportiva giapponese, secondo le prime previsioni, potrebbe costarvi circa 1.000 euro in meno. Ed &egrave; solo l&rsquo;inizio, perch&eacute; il nuovo accordo commerciale tra UE e Giappone apre la strada ad una serie di reazioni a catena di cui potranno beneficiare tanto i produttori, quanto gli appassionati. Capiamo esattamente di cosa si tratta.  IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA JUNCKER ha firmato ieri a Tokyo un accordo commerciale con il Giappone, il JEFTA, che abbatte i vincoli di mercato abolendo oltre il 90% dei dazi tra i due partner commerciali. Un&rsquo;operazione bilaterale definita la pi&ugrave; grande di sempre, che apre scenari davvero interessanti in diversi settori merceologici, in particolare in quello motoristico e motociclistico nello specifico.  TANTO I CONSUMATORI GIAPPONESI, quanto quelli dei paesi dell&rsquo;area UE, godranno infatti di prezzi pi&ugrave; bassi sui prodotti importati, con riduzioni medie dal 10 al 15%. Riduzioni, che da noi saranno quindi visibili anche sui listini di moto e scooter provenienti dal sol levante, dunque Honda, kawasaki, Suzuki e Yamaha.  GRAZIE AL JEFTA, inoltre, si potr&agrave; perseguire l&rsquo;ulteriore &quot;storico&quot; risultato di unificare la regolamentazione in materia di emissioni dannose tra UE e Giappone, con un risvolto importantissimo&nbsp;per i produttori, i quali cos&igrave; potrebbero abbattere in maniera sensibile&nbsp;i costi di progettazione e omologazione dei mezzi, ancora una volta a vantaggio del consumatore, che potrebbe poi&nbsp;beneficiare di ulteriori cali dei prezzi d&rsquo;acquisto.  TUTTO QUESTO si verifica in un momento in cui, sull&#39;altra sponda, si inasprisce la situazione tra USA e Unione Europea, a causa delle politiche protezioniste portate avanti dall&#39;amministrazione Trump e delle relative contromisure dal Vecchio Continente. Situazione che ha gi&agrave; portato, ad esempio, Harley-Davidson e Indian Motorcycle alla decisione di delocalizzare la produzione &ldquo;andando via&rdquo; dal Paese, pur di non vedere soffocate le proprie ambizioni commerciali al di l&agrave; dell&rsquo;Atlantico. Altro fronte delicato, quello Brexit: la Gran Bretagna potr&agrave; godere dell&rsquo;accordo tra UE e Giappone fintantoch&eacute; il divorzio non sar&agrave; definitivo a tutti gli effetti. Si sa, le separazioni lasciano sempre il segno, quanto profondo poi lo stabilisce il tempo. 

Il JEFTA &egrave; diventato realt&agrave;: storico accordo commerciale tra Unione Europea e Giappone per abolire il 90% dei dazi e aprire i rispettivi mercati. Una grande opportunit&agrave; per l&rsquo;industria motociclistica (USA a parte) e per il motociclismo in genere

Le moto giapponesi costeranno meno, ecco perch&eacute;

Le grandi manifestazioni sportive servono alla promozione, lo sanno anche i sassi, come confermano gli investimenti fatti da Nazioni che prima venivano vissute come angoli sperduti o totalmente sconosciuti del Mondo. Sospesi tra esotismo e assoluta trasparenza. Un esempio su tutti &egrave; il Qatar che con la MotoGP, il tennis e il calcio &egrave; meta di turismo e viaggi molto pi&ugrave; conosciuta rispetto a due lustri fa. Non so se Roma abbia bisogno di promozione: &egrave; la citt&agrave; per antonomasia da un paio di millenni, ha una concentrazione di arte, cultura e storia che da sola potrebbe riempire libri, siti e documentari da qui all&rsquo;eternit&agrave;. Eppure anche Roma ha bisogno di promozione e lo fa attraverso il calcio, la Formula E e il Giro d&rsquo;Italia di ciclismo.  LO SANNO TUTTI COSA &Egrave; SUCCESSO: la tappa del Giro che doveva attraversare la citt&agrave;, offrendo scorci esaltanti ai telespettatori di tutto il Mondo, si &egrave; trasformata in una penosa processione con i ciclisti che procedevano a bassa velocit&agrave; tra rattoppi improbabili dell&rsquo;ultimo minuto, patetiche pezze calde in un manto stradale che nemmeno ai tempi della calata dei Lanzichenecchi era cos&igrave; malmesso. Non si tratta di politica n&eacute; di tifo politico (specialit&agrave; molto praticata negli ultimi tempi), ma di una considerazione: i migliori ciclisti del Mondo, abituati alle stradacce di pav&eacute; del Nord Europa, al Gavia e al Mortirolo e ai passi pi&ugrave; duri delle Alpi, hanno detto &ldquo;no grazie&rdquo; alle strade dell&rsquo;Urbe.  FIGURACCIA TERRIFICANTE, senza mezzi termini, che ripropone un allarme reale: le strade italiane fanno schifo e sono pericolose. In Abruzzo le hanno chiuse alle moto perch&eacute; fonte di rischi e non &egrave; un caso che piloti della MotoGP affermino che &egrave; pi&ugrave; pericoloso girare in strada con un motorino che in pista a 300 orari. Perch&eacute; in pista ci vai con una moto che &egrave; in forma e non con uno scooter che viene, forse, &ldquo;tagliandato&rdquo; ogni due anni e con gomme che sembrano slick ma che in realt&agrave; sono soltanto &ldquo;marce&rdquo;. In pista ci vai con la tuta e l&rsquo;airbag, in ufficio ci vai in giacca e cravatta.  POI CI SONO QUELLI CHE &ldquo;DANNO LA PAGA A TUTTI&rdquo;, ovvero utenti di maxi scooter sportivi con scarico racing: caschi a scodella, infradito, maglietta a mezza schiena e come protezione suprema tatuaggi etnico-tribali. Contenti loro&hellip; Ma gli altri, quelli con la testa sulle spalle, no. Non meritano strade in cui rimbalzi tra buche, rischi tra giunzioni longitudinali (pericolose come poche cose al Mondo) e un traffico in cui, con leggiadria tutta nostrana, ognuno guida facendo gli affari propri come se al Mondo non ci fosse nessuno. Perch&eacute; le figuracce e gli incidenti si evitano usando la testa, l&rsquo;educazione e la responsabilit&agrave;. Tre cose non molto di moda oggi. 

Le condizioni delle strade italiane impongono testa, educazione, responsabilit&agrave;&hellip; ma anche tanta pazienza

Strade: una situazione al collasso

C&rsquo;era da aspettarselo! La reazione dell&rsquo;Unione Europea ai dazi voluti dall&rsquo;attuale governo americano non ha tardato ad arrivare, cos&igrave;, a finire vittima della pericolosa escalation, frutto del braccio di ferro tra il presidente Trump e i Paesi UE, sono stavolta i blue jeans e le motociclette. Non prodotti qualunque, quindi, ma veri e propri simboli planetari dell&rsquo;universo a Stelle e Strisce, per un contrattacco dal forte valore simbolico, dopo la mossa dell&rsquo;amministrazione USA di imporre dazi su acciaio, alluminio e prodotti vari importati dall&rsquo;Unione.  QUINDI &Egrave; UFFICIALE, acquistare una Harley o un paio di jeans del proprio marchio americano preferito, a breve (si parla dei primi di luglio), coster&agrave; di pi&ugrave;. Una guerra commerciale che rischia di innescare una serie di reazioni a catena, di tipo protezionistico, che nel medio/lungo periodo potrebbero avere effetti non esattamente trascurabili sul piano economico: basti pensare che il made in Italy esportato negli USA (dati 2017) vale oltre 40 miliardi di euro. L&rsquo;inasprimento delle barriere commerciali, fa sapere l&rsquo;ISTAT, potrebbe costare al nostro paese addirittura fino a un punto di Pil. 

Bruxelles risponde cos&igrave; agli aggravi tariffari voluti dall&rsquo;amministrazione Trump che ha imposto dazi su acciaio, alluminio e prodotti vari di provenienza UE

Guerra dei dazi: colpiti blue jeans e Harley-Davidson

Ovviamente si tratta di una provocazione. Ma neanche tanto. La situazione strade nella Capitale si fa sempre pi&ugrave; critica, con voragini che spuntano di giorno in giorno un po&rsquo; ovunque. Vere e proprie trappole pronte a mietere vittime soprattutto tra coloro che si spostano in moto e in scooter lungo le strade malconce tra i Sette Colli. Un &ldquo;popolo&rdquo; di dueruotisti, quello romano, che - lo ricordiamo - conta una popolazione di oltre 500.000 unit&agrave;. E se la situazione attuale &egrave; sicuramente frutto di anni e anni di scelte non sempre azzeccate, &egrave; giocoforza sull&rsquo;ultima amministrazione Raggi che si riversano appelli e proteste, mentre in citt&agrave; si moltiplicano manifestazioni e campagne di sensibilizzazione. Persino in TV non mancano interventi accorati, che chiamano direttamente in causa la Sindaca.  L&#39;avvocato Rodolfo Romeo, presidente del MotoClub Roma, nel corso della trasmissione &quot;Buongiorno Regione&quot; in onda su Rai 3 Lazio, ha lanciato (in realt&agrave;, rilanciato) la proposta rivolta alla Raggi, di toccare con mano il problema delle buche in citt&agrave;: &ldquo;Il MotoClub Roma si offre di accompagnare la Sindaca Raggi dalla sua abitazione al Campidoglio in moto, per 10 giorni,&rdquo; ha detto l&rsquo;Avvocato, &ldquo;in modo che si renda conto della situazione. E poi le paghiamo volentieri anche le cure dell&#39;osteopata, necessarie dopo aver preso le troppe buche&quot;.  &quot;Il Moto Club Roma ha sempre collaborato con l&#39;amministrazione Capitolina per evidenziare i disagi e i pericoli nella circolazione dei motoveicoli in citt&agrave;,&rdquo;&nbsp; ha poi aggiunto.&nbsp;&ldquo; Abbiamo la sensazione che la grave situazione in cui versano le strade di Roma non sia percepita nella sua effettiva gravit&agrave;&quot;.  Ad oggi la Sindaca non ha fatto sapere se accetter&agrave; la proposta. 

&nbsp;E nel caso, si offrono anche di pagarle le cure dell&#39;osteopata, necessarie dopo averne prese troppe

I motociclisti invitano la Raggi &lsquo;ad assaggiare&rsquo; le buche di Roma

Prima di affrontare la questione moto, partiamo da una recentissimo fatto di cronaca. Dagli Stati Uniti rimbalza la news di un&rsquo;auto di Uber che ha investito e ucciso una donna mentre attraversava la strada. La macchina procedeva in modalit&agrave; di guida automatica con il conducente d&rsquo;emergenza a bordo che non era ai comandi. Un fatto grave che avr&agrave; inevitabili conseguenze sul fronte della sperimentazione. Dai primi rilievi sembra che la donna abbia attraversato la strada lontano dalle strisce pedonali, portando a mano la sua bicicletta.  L&rsquo;AUTO, CHE VIAGGIAVA A 40 MIGLIA ORARIE (64 km/h) l&rsquo;avrebbe investita senza vederla. Si tratta del primo incidente di questo tipo, anche se la lista delle mancate collisioni a opera dei tantissimi veicoli a guida automatica in circolazione negli Stati Uniti &egrave; lunghissima. Uber ha per ora sospeso ogni test in tutte le citt&agrave; statunitensi. Da notare che il Congresso americano stava discutendo una nuova legge per consentire alle case automobilistiche di testare i loro veicoli automatizzati anche senza il conducente d&rsquo;emergenza. Per ora la legge era stata bloccata da 5 senatori democratici, ma di certo la sperimentazione dei veicoli senza conducente ora verr&agrave; regolata da regole pi&ugrave; severe.  NEL FRATTEMPO, TORNANDO AL TITOLO D&rsquo;APERTURA, quella che vi si legge &egrave; una dichiarazione estrapolata dal rapporto finale dei test condotti dall&rsquo;RDW, l&rsquo;ente olandese noto tra l&rsquo;altro per aver omologato in Europa la Tesla.  PI&Ugrave; CHE LE AUTO A GUIDA COMPLETAMENTE AUTOMATICA, ancora lontane da venire, a preoccupare noi motociclisti sono quelle semi-automatiche, il cosiddetto livello 2 di automazione, gi&agrave; presente su tutte le auto di alta gamma; con il 3 che ormai sembra vicino a essere implementato da diversi costruttori.  ERA IL 2016, quando quelli della FEMA (Federazione Europea delle Associazione Motociclistiche), citando l&rsquo;incidente di una motociclista investita in autostrada da un&rsquo;auto che viaggiava con i sistemi di assistenza alla guida inseriti, lanciarono l&rsquo;allarme sicurezza. Sicuri che le auto a guida automatica riconoscano sempre i motociclisti, in tutte le situazioni, e reagiscano sempre nella maniera ottimale?  (CONTINUA QUI) 

Sistemi di guida automatici e semi-automatici. Quali i pericoli per le due ruote?

Il Cruise Control adattativo non sempre vede i motociclisti

Gli automobilisti non vedono i motociclisti. Tutti noi che andiamo regolarmente in moto lo sappiamo bene, e ogni volta che stiamo per incrociare un&rsquo;auto abbiamo imparato a dare per scontato che questa non ci abbia visto.  IL PROBLEMA &Egrave; NOTO A CHIUNQUE si occupi di sicurezza stradale. Non a caso, le aziende motociclistiche investono in studi sulla visibilit&agrave; dei mezzi a due ruote. E noi motociclisti abbiamo imparato a usare abbigliamento con fasce rifrangenti. A dare una motivazione e un contorno diverso al problema, potrebbe contribuire ora uno studio condotto da tre ricercatrici australiane, nell&rsquo;ambito dell&rsquo;organizzazione Human Factors and Ergonomics Society. Loro sono Kristen Pammer, Stephanie Sabadas e Stephanie Lentern, e hanno indagato sul come e il perch&eacute; gli automobilisti non vedano le moto.  SI CHIAMA &ldquo;CECIT&Agrave; DA DISATTENZIONE&rdquo; - Per il loro studio le tre ricercatrici hanno preso un campione di 56 volontari, ai quali hanno fatto visionare alcune immagini di traffico stradale, prese dalla prospettiva del guidatore di un&rsquo;auto. Hanno chiesto al panel di volontari di indicare le foto nelle quali erano evidenti situazioni di pericolo.  &nbsp;  L&rsquo;ULTIMA IMMAGINE DELLA SERIE ERA MANIPOLATA, con l&rsquo;inserimento di un veicolo inaspettato nel contesto della foto; poteva essere un taxi o una moto. Il 48% dei partecipanti non si &egrave; accorto dell&rsquo;inserimento di un veicolo. Fra quelli che hanno colto la presenza di un mezzo estraneo, il taxi non &egrave; stato notato nel 31% dei casi, la moto nel 65%. Abbiamo pi&ugrave; del doppio delle possibilit&agrave; di non essere visti! Sempre considerando che quasi la met&agrave; del campione della ricerca non si &egrave; accorta neanche ci fosse un pericolo.  (CONTINUA QUI) 

Una ricerca australiana ha indagato su un fenomeno chiamato &ldquo;cecit&agrave; da disattenzione&rdquo;. Guardare e non vedere: sembra succeda spesso ai guidatori di auto nei confronti dei motociclisti

Incidenti in moto: quando l&rsquo;automobilista non ti vede

Starete strabuzzando gli occhi, ma non &egrave; la prima sentenza di questo tipo. Questa volta &egrave; toccato alla Cassazione stabilire che, nel caso di un incidente avvenuto durante delle prove libere classificate come &ldquo;circolazione turistica&rdquo; al Mugello, si applica il Codice della Strada, per quanto attiene la distanza di sicurezza e la responsabilit&agrave; negli incidenti.  QUANDO SI GUIDA IN AUTODROMO in condizioni di &ldquo;circolazione turistica&rdquo;, la dizione normalmente usata per indicare le prove libere aperte a persone prive della licenza di pilota e con veicoli non necessariamente da competizione, valgono le norme del Codice della Strada. Perlomeno su alcune piste, che riportano tale indicazione nel loro regolamento. &Egrave; sulla base di questo assunto che la Corte di Cassazione (Sentenza 27991 del 13 gennaio 2017 &ndash; 4&ordf; Sezione Penale) ha confermato la colpevolezza di un motociclista che ne aveva tamponato un altro sul rettilineo del Mugello.  I FATTI RISALGONO AL 2007, quando &egrave; avvenuto un incidente fra due appassionati impegnati in un turno di prove libere. Il primo viaggiava a 102 km/h, mantenendosi sulla destra del rettilineo. Il secondo sopraggiungeva a 196 km/h. Dall&rsquo;incidente, che ha procurato al motociclista tamponato lesioni personali guarite in 150 giorni, ne &egrave; nato un contenzioso, sul quale il primo a esprimersi &egrave; stato il Giudice di Pace di Borgo San Lorenzo. Che ha condannato l&rsquo;investitore a risarcire la controparte con un importo pari a 1000 euro.  SUL RICORSO PROPOSTO DAL CONDANNATO si &egrave; pronunciato, rigettandolo, il Tribunale di Firenze. Nelle motivazioni della sentenza si legge che: &ldquo;nessun addebito di colpa poteva essere formulato a carico del &hellip; (motociclista tamponato, ndr), al quale, non essendo in corso una gara, non era imposta alcuna velocit&agrave; minima da rispettare; viceversa rinveniva profili di colpa generica e specifica nella condotta dello &hellip; (del tamponatore, ndr), il quale non aveva rispettato la distanza di sicurezza e non aveva tenuto una condotta di guida idonea ad evitare il tamponamento&rdquo;.  E COS&Igrave; SIAMO AL RICORSO IN CASSAZIONE, nel quale, l&rsquo;avvocato dell&rsquo;investitore cita che, secondo quanto dichiarato dai due direttori di gara, &ldquo;l&rsquo;unico responsabile dell&rsquo;incidente doveva ritenersi il &hellip; (tamponato, ndr) che aveva rallentato in modo eccessivamente repentino, senza rientrare ai box, ma rimanendo in pista. Quanto allo &hellip; (investitore, ndr), una volta ritenuto dal giudice di merito che gli avvertimenti di un incidente in corso non era stati dati ai motociclisti o comunque che costoro non li avevano percepiti, nessun obbligo per lo &hellip; (ancora l&rsquo;investitore, ndr) vi era di rallentare, soprattutto tenendo conto che egli usciva da una curva in fase di accelerazione. Pertanto non sussisteva la condotta che gli era stata addebitata nel capo di imputazione e cio&egrave; di avere disatteso le segnalazioni di pericolo ed anzi l&rsquo;imputato si era trovato di fronte ad un ingombro della pista del tutto imprevedibile. L&rsquo;imputato aveva tenuto una condotta di guida conforme a quella degli altri colleghi che stavano circolando ad un velocit&agrave; di circa 170\190 km/h&rdquo;.  &nbsp;  IN ALTRA PARTE DEL RICORSO si specificava anche che l&rsquo;investito &ldquo;non aveva posto in essere alcuna condotta per segnalare la sua anomala velocit&agrave;, ad esempio con un gesto del braccio, n&eacute; era entrato ai box pur avendo la possibilit&agrave; di farlo, rimanendo invece pericolosamente in pista&rdquo;.  LA CORTE DI CASSAZIONE HA DECRETATO CHE: &ldquo;il ricorso &egrave; infondato ma la sentenza deve essere annullata senza rinvio, limitatamente agli effetti penali, per intervenuta prescrizione&rdquo;. E sulla parte relativa alla correttezza o meno dell&rsquo;applicazione del Codice della Strada alla circolazione in pista, la Cassazione scrive che lo stesso Regolamento del Mugello, all&rsquo;art. 5, nel disciplinare l&rsquo;uso della pista senza esclusiva, esplicitamente prevede che &ldquo;sulla pista valgono tutte le norme del Codice della Strada, salvo le ulteriori prescrizione del presente regolamento&rdquo;.  ED ECCO LA PARTE FORSE PI&Ugrave; INTERESSANTE: &ldquo;Invero il Tribunale ha evidenziato come dalla perizia svolta e di filmati presenti in atti fosse evidente come lo &hellip; (investitore, ndr) avesse tamponato la moto del &hellip;, bench&eacute; questi circolasse con largo anticipo su un rettilineo, a visuale libera, mantenendo la destra ed attribuendo la causa dell&rsquo;incidente alla elevata velocit&agrave; della moto dello &hellip; (circa 190 k\h) rispetto a quella pi&ugrave; moderata, ma non lenta, del &hellip; (circa 100 k\h) ed al mancato rispetto della distanza di sicurezza. L&rsquo;ampiezza della pista, la piena visibilit&agrave;, avrebbero dovuto indurre l&rsquo;imputato a mantenere una velocit&agrave; idonea ad evitare l&rsquo;impatto o, quantomeno, a cambiare la traiettoria del mezzo condotto&rdquo;.  (CONTINUA QUI) 

Lo stabilisce una sentenza della Corte di Cassazione

Il Codice della Strada? (A volte) vale anche in pista

&ldquo;Se decidono di rubarti la moto ci riusciranno, e tu non puoi fare nulla&rdquo;. Quante volte abbiamo sentito questa frase fatalista, che ci spinge a non prendere tante precauzioni per difendere il nostro veicolo e a limitarci a sperare che non succeda? Errore! Che i ladri sappiano fare bene il loro sporco lavoro &egrave; sicuramente vero, ma noi abbiamo molte leve per cercare di non essere derubati.  DIMMI CHE MOTO (O SCOOTER) HAI E TI DIR&Ograve; CHI E COME LA RUBA - Ci sono ladri diversi per veicoli diversi. Il ladruncolo ruba mezzi da poco, facili da prelevare, anche perch&eacute; sprovvisti di dotazioni elettroniche di base, come l&rsquo;Immobilizer, e spesso poco protetti pure dai loro proprietari. Poi ci sono i ladri che rubano su commissione. Sono quelli ai quali qualcuno &ldquo;ordina&rdquo; una determinata moto. Infine ci sono i ladri itineranti, che vanno in giro in caccia di buone occasioni. Questi ultimi si muovono in squadra, utilizzando furgoni.  ALLA PRIMA TIPOLOGIA, quella dei &ldquo;rubagalline&rdquo;, appartengono quelli che ci rubano il vecchio scooter, che mai avremmo pensato che potesse essere appetibile. A volte lo usano per i ricambi, altre volte lo impiegano per atti di microcriminalit&agrave;, prima di abbandonarlo. Quelli della seconda tipologia, i ladri su commissione, sono quelli pi&ugrave; preparati e pericolosi. Cercano il modello di moto di cui hanno bisogno.  DI SOLITO UN MEZZO PRESTIGIOSO, che vale una buona cifra, anche sul mercato dei veicoli riciclati. Sono quei malviventi che, magari, si ha la sfortuna di incontrare in strada. Perch&eacute; ti prendono la targa, fanno la visura al PRA, e poi si vengono a prendere la moto nel tuo garage. Sono i peggiori, perch&eacute; sono bravi, ben attrezzati, e preparano con calma la loro azione criminale. Ma sono sempre meno.  &nbsp;  LA TIPOLOGIA DI LADRI PI&Ugrave; DIFFUSA oggi sembra essere quella dei ladri itineranti, vere e proprie bande che girano in furgone e che rubano ci&ograve; che trovano in strada. Spesso gruppi di stranieri, che riciclano all&rsquo;estero i veicoli rubati.  RENDIAMOGLI LA VITA DIFFICILE - Eravamo partiti da una frase fatta: &ldquo;se decidono di rubarti la moto ci riusciranno, e tu non puoi fare nulla&rdquo;. Un errore, perch&eacute; il criminale sceglie ci&ograve; che &egrave; pi&ugrave; facile rubare. Ragionate come se foste voi il ladro: davanti a un parcheggio pieno di mezzi, non scegliereste la moto meno protetta e pi&ugrave; facile da portare via? Perch&eacute; se pu&ograve; scegliere, qualunque ladro opter&agrave; per la soluzione pi&ugrave; facile e rapida, anche per ridurre il rischio di essere preso.  (PROSEGUE QUI) 

Per i possessori di 2 ruote &egrave; una delle preoccupazioni maggiori: ecco come rendergli la vita difficile

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